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Locomotive Jazz Festival

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Sogliano Cavour - 02-05.08.2011

Jazz Circus è il tema della sesta edizione del Locomotive Jazz Festival. Jazz e circo, un binomio che condivide parecchie cose, che esalta lo spirito popolare delle due arti, dove emozioni e sentimenti, sorrisi e lacrime si manifestano senza falsi pudori, con molta naturalezza, perché sono il sale della vita. La fatica, il lavoro dell'artista colto nella sua quotidianità, la disciplina e l'applicazione che portano all'eccezionalità dell'evento unico e irripetibile, alla magia dei gesti, dei suoni e dei colori, con il pubblico che non è solo semplice spettatore ma diventa protagonista, talvolta fisicamente attivo, della performance. Come avviene nel prologo, un viaggio in treno nel Salento, dove la musica recupera la funzione itinerante delle storiche marchin' band, dove la stazione ridiventa, anche solo per un momento, luogo d'incontro nel quale si scambiano esperienze, si raccontano storie, si stringono amicizie. E come hanno verificato Paolo Fresu e gli amici musicisti che lo hanno accompagnato un questo viaggio su rotaie, immersi in un bagno di folla che ha fatto ritardare treno e inizio del festival...

Raffaele Casarano, direttore artistico del Locomotive, ha le idee chiare e sa che per sopravvivere alle bizze di amministratori e sponsor ballerini, il festival deve aver un forte radicamento nel territorio. E allora non stupisce affatto vedere come la famiglia Casarano (padre, madre, sorella, cugini) si allarghi fino a diventare il vero motore dell'evento, come tutto il paese sia coinvolto, ciascuno per il proprio ruolo e per le proprie competenze e contribuisca alla preparazione/realizzazione della rassegna. Chi scrive ha potuto seguire solo le prime due giornate ma sono state sufficienti per essere coinvolto appieno nell'atmosfera di festa, di euforia di grande partecipazione popolare e di ottima musica.

Dopo l'esibizione degli allievi della scuola di danza "Arti Degas" supportati dal gruppo fusion Free Steps Group, prende il via la lunga maratona Tuk Music e My Favorite Records nella quale le etichette di Paolo Fresu e Patrizio Romano presentano alcuni dei musicisti più interessanti della nuova e nuovissima generazione. Marco Bardoscia propone alcuni brani dal suo recente e fortunato The Dreamer, opera seconda del contrabbassista di Copertino, per l'occasione accompagnato da William Greco al pianoforte, Fabio Accardi alla batteria e Raffaele Casarano al soprano. La musica e dolce, avvolgente, gioiosa, ricca di umori, comunicativa, rock e jazz immersi in un unico flusso che culla l'ascoltatore e lo accompagna in un viaggio dove sogno e realtà giocano a nascondino e dove le emozioni la fanno da padrone. L'apertura con "Stella by Starlight," piccolo capolavoro di fantasia, inventiva e buon gusto, ci fa capire la caratura del musicista salentino e del suo pensiero musicale fervido ed in continua evoluzione.

Con il secondo set si cambia atmosfera. Sul palco ancora William Greco, giovane pianista raffinato, armonicamente ricco, dal tocco elegante e Simona Severini, cantante solo venticinquenne ma già con esperienze importanti alle spalle (Gaslini su tutte). Il suo progetto incentrato sulla musica di Gabriel Faurè è ammaliante e insolito, la voce difficile da dimenticare perché è leggera e soave come il canto di un usignolo ma una magma incandescente ribolle sotto la superficie pronto ad esplodere quando meno te lo aspetti. Un po' Edith Piaf ed un po' Cathy Berberian ma, soprattutto, un talento da seguire attentamente.

Non più da scoprire ma musicista pienamente affermato è il chitarrista Bebo Ferra qui alle prese con il suo Circle Trio ossia Max Furian alla batteria e Gianluca Di Ienno all'organo hammond. Musica ad alto tasso di adrenalina e di energia con la chitarra del leader impegnata in cavalcate dai sapori hard rock ingentiliti da una sensibilità jazzistica. Il rischio di una deriva effettistica è scongiurato dalla capacità di Ferra di organizzare il materiale sonoro e tenere sotto ferreo controllo l'esuberanza solistica.

La maratona Italian Jazz Young Day prosegue con Dino Rubino al pianoforte, accompagnato da due maestri come Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. Musica delicata, soffusa, allusiva giocata su sottili equilibri e armonizzazioni ma capace di regalare una trascinante, coinvolgente versione di "Pata Pata". E' quasi notte fonda, ma il pubblico non molla di un centimetro la presa, pronto per l'esibizione del Devil Quartet. Dalla Porta e Bagnoli rimangono sul palco, si ripresenta Bebo Ferra vi sale per la prima volta Paolo Fresu. E mostra il lato sulfureo, quasi acido della sua multiforme personalità. La tromba. perlopiù distorta, lancia traccianti nel nero della notte salentina, i ritmi e le pulsazioni funky creano una sorta di delirio sonoro che l'artista visivo Orodè Deoro fissa con gesti liberatori su di una grande tela posizionata accanto ai musicisti. E poi.. e poi è festa grande, Fresu richiama tutti sul palco per un jam infuocata con Dino Rubino nelle vesti di trombettista ispirato e Simona Severini che contribuisce con vocalizzi selvaggi ad una versione orgiastica di "Summertime".

Nella serata successiva irrompe sulla scena la madre Africa. Dudu Manhenga è una splendida cantante dello Zimbabwe, paese dove è una vera e propria star, assai impegnata sul fronte dei diritti umani, in particolar modo delle donne. Con i Color Blu, la band fondata insieme al marito batterista Blessing Muparutsa, l'apporto di Alessandro Monteduro alle percussioni e di Raffaele Casarano a sax soprano e contralto, ha offerto un significativo saggio della sua arte e della sua musica. Che è una coinvolgente miscela di ritmi africani, di groove funky, di melodie pop, di jazz fresco e moderno, e di tradizione del paese natio. Notevoli alcuni duetti tra il sax di Casarano e la voce di Dudu, calda, volitiva, sensuale, esuberante, perfettamente intonata, ricca di screziature e di comunicativa, ma è tutto il gruppo che gira a mille e coinvolge il pubblico entusiasta, tra un trampoliere che effettua passi di danza impossibili e un mangiafuoco che riscalda un'atmosfera già bollente.

Chiusura della serata con uno degli eventi più attesi di questa sesta edizione del Locomotive Jazz Festival ossia Love & Revolution di Nicola Conte disco uscito a maggio per la storica etichetta Impulse! Non che il concerto abbia deluso le attese perché Conte è un maestro nell'arte dell'arrangiamento, nel miscelare sonorità e ritmi, nel creare i giusti grooves e, in questo progetto specifico, nel recuperare le atmosfere di certo soul jazz, ma con una front line come quella formata da Gaetano Partipilo al sax alto e Flavio Boltro alla tromba ci saremmo aspettati qualche accelerazione e qualche graffio in più. Suggestive le evoluzioni di Valentina Franchino impegnata alla danza aerea ai tessuti. I suoi movimenti sinuosi e armoniosi sono sembrati particolarmente in sintonia con la "leggerezza" e l'eleganza della musica proposta.

Foto di Riccardo Crimi (Casarano), Max De Giorgi (Severini), Doc Studio (Rubino) e Roberto Cifarelli (Manhenga).


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