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Daniel Carter - William Parker - Federico Ughi

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Area Sismica - Forlì - 19.12.2010

Parlare di Daniel Carter e William Parker è un po' come riferirsi a quel jazz saldamente radicato nel solco della tradizione afro-americana e profondamente imbevuta della visione musicale e della spiritualità che hanno avuto nel free la loro espressione più alta.

Ecco allora che trovarsi di fronte a un trio formato da Carter (sax e piano), Parker (contrabbasso e flauto) e Federico Ughi (batteria) è un po' come trovarsi di fronte allo spirito del jazz.

Il concerto non ha deluso le attese e ha visto svettare l'ormai risaputa urgenza espressiva, energia bruciante e ispirazione che caratterizza questi musicisti.

Si è partiti subito a pieno regime: Carter intenso al sax; Ughi con un drumming torrenziale e fitto, quasi come una grandinata di colpi, allo stesso tempo potenti e aggraziati; Parker con un fraseggio serrato che alternava riff soulful e in stile black music (una passione evidente in altri suoi progetti) alle frasi più libere.

Ughi condivide perfettamente il vocabolario e il linguaggio musicale parlato dai due americani. La comunicazione è empatica e spontanea e l'integrazione nel suono d'insieme è del tutto naturale e compiuta. Non stupisce quindi che Carter abbia voluto registrare questo progetto in un CD, The Dream, di recente pubblicazione.

La musica si è dipanata come un flusso continuo, in cui l'ispirazione e l'intensità sono sempre rimaste ad alti livelli e quasi senza momenti di calo. Forse un po' inaspettatamente, alcuni dei picchi più brucianti di tensione e vigore espressivo sono stati toccati quando Carter è passato al piano, forse anche perché il pesante raffreddore che lo affliggeva gli aveva tolto un po' di potenza di fiato.

Il concerto non si è mosso soltanto sul registro incandescente e concitato. Nel flusso dell'improvvisazione si è aperto un episodio altrettanto ispirato e intenso, ma con uno spirito raccolto e meditativo, guidato in particolare da Parker al flauto, che suonava melodie reminiscenti della musica dei nativi americani, assecondato da Ughi il cui tocco sulle pelli si era fatto morbido e misurato.

Per il finale i toni si sono fatti di nuovo torridi e impetuosi. Decisamente, un concerto che ha regalato momenti di alta ispirazione e una fotografia di quanto di meglio il jazz attuale ha da offrire.

Foto di Claudio Casanova.

Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini


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