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DADA-I-DA Orchestra
ByGrande serata di musica, spettacolo, ironia surreale ed amicizia, quella che ha visto di scena al Pinocchio la DADA-I-DA Orchestra, creatura di Renato Cordovani che vede la partecipazione di ben ventinove musicisti e la essenziale presenza di Massimo Santini con il suo "baule di fogli scritti a mano".
L'orchestra nasce dieci anni fa, si riunisce quando può - ma, viste le dimensioni, succede di rado... - e vede di scena musicisti che nel tempo cambiano e, quindi, appartengono a generazioni diverse. Cinque sassofoni, due clarinetti, tre trombe, due tromboni, due tube, tre chitarre, tre violini, un violoncello, quattro contrabbassi, un flauto, una voce femminile, due batterie...
Solo farli star tutti dentro il Pinocchio era impresa titanica; farli suonare, poi, è apparso compito eroico; farli salire sul palco suonando, provenienti da ciascuno da luoghi diversi, poteva riuscire solo a Cordovani.
Musicisti che arrivano anche da esperienze musicali ben diverse e tra i quali troviamo personalità ben affermate come Emanuele Parrini, Filippo Pedol, Ruben Chaviano, Stefano Bartolini, Nicola Vernuccio, Stefano Rapicavoli. Ma nella DADA-I-DA non contano tanto le individualità - che pure si fanno sentire spesso e volentieri negli assolo o nelle improvvisazioni di stampo free condotte a piccoli gruppi - quanto la coralità: quando i trenta elementi suonano assieme, sia unisono o magma liberamente ribollente, la musica prende una deriva inarrestabile, ancor più se - come spesso accaduto nel concerto del Pinocchio - nel bel mezzo dell'ensemble qualcuno si mette a urlare in un megafono, o ad imprecare in calabrese, o a fingere una rissa...
Già, perché il tratto caratteristico della DADA-I-DA Orchestra è la micidiale fusione di musica e ironia, innescata e sostenuta dai testi surreali, poetici, sarcastici, umoristici di Massimo Santini, che ne costituiscono il sine qua non. Proprio Santini, da solo o duettando con lo stesso Cordovani - che suona, dirige, recita e improvvisa siparietti - intercala la musica con le sue liriche (?) spesso vernacolari, sempre oniriche, talvolta esilaranti, talaltra commoventi. E conferisce alla musica, mercé il ludico legame che unisce i musicisti, la tensione gioiosamente intensa che la contraddistingue.
Uno spettacolo, quello della DADA-I-DA, che può far storcere la bocca a molti di coloro che pensano ormai al jazz come a una musica di mero ascolto, a una musica classica d'avanguardia, e che arretreranno di fronte alla sua commistione con l'happening cabarettistico; ma c'è del genio in questa sregolatezza, un genio che rimanda da un lato a Spyke Jones, dall'altro all'Art Ensemble (del quale Cordovani s'è cibato a lungo), da un altro ancora a una concezione dissacrante dello spettacolo che ha in Toscana, terra di gran parte dei musicisti, una tradizione secolare. E, se il jazz ha da esser sempre radicato nella tradizione popolare, cosa di meglio si può chiedere ad un concerto a Firenze? Una cosa sola: che il prossimo non sia tra dieci anni...
Foto di Neri Pollastri.