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Da Amy Winehouse a Sharon Jones: soul revival o nuovo rinascimento?

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Quanto c'è di autentico e artisticamente rilevante nell'attuale revival della soul music? Il clamore suscitato dalla pubblicazione di Back to Black di Ami Winehouse ed il successo del british soul (Joss Stone, Estelle, Adele Adkins, Duffy, Laura Izibor, Seal eccetera) ci offre l'opportunità di parlare del nuovo soul afroamericano, che vive nell'underground rivitalizzando la tradizione dei sixties: quella di James Brown, Aretha Franklin, Otis Redding, Curtis Mayfield, Sam & Dave e decine di straordinari interpreti. Alcuni degli storici protagonisti, come Solomon Burke, sono già tornati sulla scena con pregevoli lavori. Un ritorno entusiamante di suoni ancora attuali, che merita un'indagine e qualche riflessione critica.

Va premesso che il termine autenticità artistica assume un significato ovviamente diverso rispetto al jazz per il massiccio impatto commerciale della black popular music e il parallelo esaurirsi del retroterra popolare che ne animava i contenuti negli anni sessanta. Non per questo i prodotti popolari sono necessariamente reificati: come sosteneva anche Richard Middleton ("Studying Popular Music") riprendendo l'ottica di Gramsci, la struttura del campo musicale è in rapporto con le strutture del potere ma non è automaticamente determinata da esse.

In poche parole, anche se le logiche dell'industria culturale sono ben più invasive che nel jazz, nel soul contemporaneo è possibile trovare prodotti significativi.

Come prima cosa va ricordato che negli Stati Uniti la soul music non è stata cancellata dall'imporsi della disco music e della cultura hip hop degli anni settanta e ottanta. Vecchi e nuovi soul singers hanno continuato a operare in ambito locale fino all'emergere del neo-soul, nella metà degli anni novanta. Un fenomeno, quest'ultimo, dai connotati squisitamente commerciali cavalcato da Kedar Massenburg, produttore e presidente della Motown Records fino al 2004. Principale merito di Massenburg è l'aver prodotto nel 1995 i primi lavori di Erikah Badu portandola al clamoroso debutto di Baduizm del 1997.

Negli anni seguenti certe atmosfere del r&b e del soul anni sessanta sono tornate sotto i riflettori in una sintesi - spesso patinata e accattivante - con gli sviluppi successivi della black popular music: Lauryn Hill (con The Miseducation of Lauryn Hill del 1998), Macy Gray (con On How Life Is del 1999) e Alicia Keys (nel 2001 con Songs in a Minor e nel 2005 con The Diary of A.K.) hanno focalizzato l'attenzione internazionale, vendendo milioni di dischi.

Nella scena britannica il r&b ha sempre avuto piena cittadinanza, svolgendo un significativo impatto sui musicisti del Regno Unito, che hanno sviluppato interpretazioni e stili personali: da Dusty Springfield a Steve Winwood fino a Simply Red, Style Council, Sade, Lisa Stansfield e molti altri. Accanto agli esponenti del soul bianco operano oggi notevoli soul singers nere come Beverley Knight, Mica Paris, Nicole Willis, Caron Wheeler e Heather Small.

Dal passato decennio, in un panorama asfittico di novità e dominato dalla crisi del disco, i produttori discografici - spesso i veri protagonisti del mercato - tentano disperatamente il successo rilanciando i suoni del passato in tutte le possibili combinazioni: il sound dei Beatles rivive negli Oasis, quello dei Pink Floyd nei Porcupine Tree, Frank Sinatra in Michel Boublé, la soul music in decine di interpreti. Ma non tutto è scontato ed asfittiche proposte di mercato coesistono con interpretazioni originali, dove è possibile trovare aspetti interessanti e coinvolgenti.

Amy Winehouse: Back to Black

Back to Black di Amy Winehouse è stato pubblicato dalla Island Records nell'ottobre 2006 ed ha incontrato un immediato e clamoroso successo, arrivando a vendere 11 milioni di copie.

Il naturale talento della cantante londinese s'era evidenziato nel debutto discografico del 2003 intitolato Frank. Sia l'album che i concerti di quegli anni mostrano le forti influenze del jazz nel suo canto: una voce profonda e capacità interpretative davvero interessanti per una ragazza musicalmente autodidatta e dal percorso educativo sconnesso. Tolte le due cover ("Moody's Mood for Love" e "There Is No Greater Love") Amy è autrice o coautrice di tutti brani, con testi che esprimono lucide riflessioni sulla vita ed esperienze personali. Alcuni filmati di quegli anni disponibili su You Tube ("Tenderly," "'Round Midnight," "There Is No Greater Love," "October Song," "Teach Me Tonight") la vedono buona interprete jazz con molte influenze (nel timbro e nello stile) dalle grandi cantanti nere, in particolare Sarah Vaughan.

Qualche anno dopo, la Winehouse riappare con tutti i tratti del personaggio che conosciamo: il fisico molto dimagrito, l'acconciatura cotonata ad "alveare," i tatuaggi, le dipendenze da droghe e alcool, gli eccessi di ogni tipo che riempono le pagine dei tabloid scandalistici. Del periodo di passaggio tra il primo e il secondo disco lei stessa non ha speso molte parole: "Ho cominciato a bere e mi sono innamorata".

Una mutazione dovuta più a problemi personali (che l'avvicinano ai protagonisti tragici del rock e del jazz) che a esigenze d'immagine.

"Ero stanca di alzarmi, bere, ubriacarmi - ha detto - sentire le Shangri-Las tutto il giorno e poi andare a dormire. E di nuovo alzarmi il giorno dopo e ricominciare a bere, ubriacarmi, sentire le Shangri-Las e così via... Quindi sono tornata a scrivere musica, la mia musica, e sono riuscita a superare quel momento. Le cose che ascoltavo, tipo il doo-wop, il soul degli anni Sessanta, i dischi della Motown Records, i gruppi femminili, mi hanno influenzato molto".(1)

Nella stesura di quel disco, uno dei migliori prodotti nella storia del soul britannico (una ventata d'aria fresca: paragonabile a Café Bleu degli Style Council) vanno considerati in primo luogo i produttori: a Salaam Remi che aveva curato Frank s'aggiunge Mark Ronson con un contributo decisivo.

Trentacinque anni, afroamericano trasferitosi a Miami da New York dopo l'11 settembre, Remi è cresciuto all'interno della cultura hip-hop (collaborazioni con Kurtis Blow) ma conosce a fondo tutta la musica afro-americana ed ha studiato con Jim Gaines, il sond engineer della Stax Records. Tra gli artisti che ha prodotto ricordiamo i Fugees, Lauryn Hill, Tony Braxton, Sting. Ha prodotto e registrato nella sua casa di Miami cinque brani del disco ("Me And Mr Jones," "Just Friends," "Tears Dry on Their Own," "Some Unholy War" e "Addicted") servendosi di molta tecnologia e di pochi musicisti (tra cui il trombettista Bruce Purce, già con la Brass Fantasy di Lester Bowie).

Il giovane Dj Mark Ronson ha dato il contributo più significativo, scritturando in quattro brani alcuni componenti dei Dap-Kings, una band che ricrea lo splendido sound dei gruppi associati ai marchi "Stax Records" e "Muscle Shoals" ed accompagna dal 2001 Sharon Jones.

Britannico residente a New York, Ronson cercava di ricreare al computer il sound dei vecchi gruppi soul per il disco di Amy quando ascoltò per caso un'oscura band di Brooklyn restandone folgorato. Erano proprio i Dap-Kings. Si precipitò negli studi della Daptone Records mentre stavano incidendo con la Jones i brani di Naturally. "Ci sono letteralmente saltati addosso - ha detto poi la cantante - Voglio il vostro suono per il disco di Amy e voglio che l'accompagnate nel tour". In Back to Black il contributo più marcato dei Dap-Kings è stato in "Rehab" un tema elettrizzante, che sembra uscito dal repertorio di Martha Reeves e le Vandellas ed ancora in "You Know I'm No Good" e in "He Can Only Hold Her". Altri musicisti di rilievo presenti nel disco sono jazzmen inglesi di lunga esperienza, come il sassofonista Jamie Talbot e il percussionista Frank Ricotti.

In questi anni le vicende di cronaca della Winehouse hanno preso il sopravvanto sul giudizio artistico: in realtà Amy scrive intriganti melodie su testi desolanti e drammatici, che trasudano angoscia. La sua spiccata personalità le impedisce operazioni di revival e, pur ispirandosi ai gruppi soul femminili, piega quella tradizione alle sue esigenze esprimendo sentimenti e vissuti personali, trasforma i classici stilemi del soul in qualcosa di nuovo. Dotata di un timbro spesso, un po' nasale e miagolante, e di eloquente immaginazione, Amy è capace (quand'è sobria) d'intense interpretazioni, che aggiungono nuovo feeling alle versioni incise dei brani. Gioca con la voce introducendo inflessioni gutturali e alterando le melodie con l'abilità di una grande vocalist.

Basta ascoltare il video del concerto allo Sheperd's Bush Empire di Londra: già il primo brano (una contorta versione di "Addicted" molto diversa da quella spensierata del disco) dà la misura delle doti espressive.

La sua non è solo un'operazione di nostalgia e gli elementi della tradizione che appaiono (una certa grazia adolescenziale, soluzioni musicali leggere) sono bruscamente contraddetti anche a livello d'immagine (il trucco e la capigliatura ricordano i sixties ma sono caricaturati, i tatuaggi esagerati, il linguaggio "disinvolto," il bere ostentato anche sul palco).

Sharon Jones and the Dap-Kings

La partecipazione dei Dap-Kings in Back to Black ci dà l'occasione di esplorare il soul afro-americano di questi anni, semisconosciuto ma vitale nel sottobosco di piccole etichette indipendenti.

Partiamo dai nomi più noti: Sharon Jones e i Dap-Kings.

Evoluzione di un gruppo (i Soul Providers) formato nella metà degli anni novanta da Philip Lehman e Gabriel Roth, i Dap-Kings sono gli alfieri di una rinascita della soul music anni sessanta. Mentre stavano registrando un album con Lee Fields, i due leader furono colpiti dalla voce di Sharon Jones, una corista che partecipava alla session.

Nata ad Augusta in Georgia nel 1956, Sharon era troppo giovane per partecipare alla storica stagione del soul e dopo il consueto training nei cori delle chiese e qualche esibizione locale nei primi anni settanta, non è riuscita ad emergere, a dispetto delle splendide doti vocali: i nuovi generi della black popular music non le erano congeniali, anche per un fisico che non corrispondeva ai canoni estetici dei discografici.

"Penso agli anni ottanta - ha dichiarato di recente - quando mi veniva detto che non avevo il look ed ero troppo grassa. Mi suggerivano pure di sbiancarmi la pelle. Ma ho sempre sentito che Dio mi aveva fatto un regalo e che un giorno la gente mi avrebbe accettato per quella che sono". Trasferitasi a New York fu costretta a trovarsi un lavoro come guardia carceraria nella prigione di Rikers Island pur continuando a cantare occasionalmente come corista e nelle feste di matrimonio.

Dopo l'incisione di due tracce con Sharon, una delle quali inclusa nel debutto dei Soul Providers Soul Tequila (Pure Records, 1996), Lehman e Roth fondarono a Brooklyn la Desco Records incrementando la loro passione per il soul d'annata e dando spazio a gruppi e artisti come Lee Fields, Naomi Davis, Joseph Henry, The Daktaris, Sugarman 3.

Nel 2000 le strade dei due musicisti/produttori si divisero: ognuno creò una propria etichetta ma se quella di Lehman (la Soul Fire Records) morì presto, la Daptone di Gabriel Roth prosperò, supportata in studio dalla nuova band dei Dap-Kings: accanto ai sassofonisti Leon Michels e Neal Sugarman, al bassista Bosco Mann (pseudonimo dello stesso Roth), al batterista Homer Steinwess confluirono ex Soul Providers come il chitarrista Binky Griptite, l'organista Earl Maxton, il trombettista Anda Szilagyi e il percussionista Fernando Velez.

Il primo disco fu pubblicato come Lp nel 2001 col titolo Dap Dippin' with Sharon Jones and the Dap-Kings stimolando la curiosità degli addetti ai lavori e ottenendo alti riconoscimenti. A quel disco sono seguiti Naturally nel 2005 e 100 Days, 100 Nights nel 2007.

Da poche settimane è uscito il nuovo album I Learned the Hard Way. Sharon Jones e i Dap-Kings sono sempre impeccabili ma la fresca energia degli altri dischi lascia il posto a brani melodicamente più curati (ma anche più scontati), sul modello Motown. Solo un paio di essi sono memorabili: il flessuoso e un po' scombinato "Better Things to Do" e il frenetico "She Ain't a Child No More".

Ascoltando questi lavori è come entrare in una macchina del tempo che ci proietta indietro alla metà degli anni sessanta: le voci, gli arrangiamenti e soprattutto il sound sono gli stessi del rhythm & blues dell'epoca. Il coinvolgimento è alto e l'atmosfera torrida: non solo per il talento dei protagonisti ma anche per l'uso degli strumenti dell'epoca e delle tecniche di registrazione analogica.

In questi anni il successo di Sharon Jones e della band s'è consolidato. Hanno partecipato a molti festival di primo piano e ricevendo numerose offerte di collaborazione (tra cui Lou Reed, Al Green, Michael Bublé). Mentre Sharon ha avuto un ruolo nel film di Denzel Washington The Great Debaters, alcuni membri dei Dap-Kings arricchiscono il secondo disco di Mark Ronson, Version. La visibilità internazionale di Sharon e della band sarebbe molto minore senza il produttore inglese ed il coinvolgimento in Back to Black "Se non fosse stato per Amy - ha dichiarato la Jones - nessuno mi avrebbe notato".

Le aspettative per I Learned the Hard Way erano troppo alte e forse per questo il disco ha registrato accoglienza freddine. Qualche critico s'è stancato di uno stile troppo appiattito sui modelli storici.

La Daptone Records

Dell'etichetta di Gabriel Roth abbiamo già parlato in relazione ai Dap-Kings.

Il suo motto è Keep putting soul up e nel catalogo raccoglie molti cantanti e gruppi di alto interesse. Accanto al nome di Sharon Jones spicca innanzitutto quello di Naomi Shelton, artefice con le Gospel Queens dell'album What Have You Done, My Brother?

Siamo sul terreno del soul profondamente influenzato dal gospel al punto che è difficile individuarne i confini. In età avanzata Naomi pubblica il suo primo lavoro esteso da quando, tre decenni fa, ha lasciato le chiese dell'Alabama e s'è trasferita a Brooklyn per cantare nei circuiti del soul e r&b.

Prodotto da Gabriel Roth e diretto da Cliff Driver, il suo è un album vibrante, che celebra gli aspetti più autentici di una tradizione non ancora esaurita e in grado di accendere grosse emozioni. Il percorso musicale è fatto di cover reintrerpretate con fantasia ("Change Is Gonna Come" di Sam Cooke), temi tradizionali ("Jordan River") e originals di vario genere, dall'incalzante "Am I Asking Too Much" al lento e sofferto "What Is This".

Altro nome in vista del catalogo è il cantante Charles Bradley la cui identificazione con James Brown è talmente forte ("The mentor of all my dreams", dice) da farlo diventare una copia quasi perfetta (nel fisico, nella gestualità, nell'abbigliamento).

Tra i gruppi ricordiamo The Budos Band, The Mighty Imperials, Binky Griptite and the Mellomatics.

La Truth and Soul Records

L'etichetta Truth and Soul di Jeff Silverman e Leon Michels è un altro importante centro di rivalutazione dei classici stilemi soul. Operante a Williamsburg (Brooklyn, NY) dal 2004 ha promosso un nucleo di "vecchi" e nuovi artisti e trovato momenti di collaborazione con le soul singers inglesi: ha prodotto un remix di "Love Is a Losing Game" di Amy Winehouse e collaborato alla fattura dell'album 19 di Adele.

Uno dei punti di riferimento per Silverman e Michels è il funky-soul di Philadelphia degli anni settanta, espresso da formazioni come i Delfonics e gli Stylistics ma nel loro gruppo di punta, Lee Fields and The Expressions, quell'estetica rivive in profonda simbiosi coi modelli precedenti: soprattutto James Brown ma anche Otis Redding e Curtis Mayfield.

Lee Fields è un artista d'età matura, nato a Wilson (North Carolina) e formatosi sui dischi di James Brown e del Memphis Sound. Dai primi anni settanta s'è esibito in vari contesti raggiungendo anche una discreta notorietà con gruppi come Kool and the Gang e Sammy Gordon and the Hip-Huggers. Il suo ritorno sulle scene è propiziato anche da un'ottima incisione del 2006 con la Daptone Records (Stand Up) ma è con la Truth and Soul che ha inciso maggiormente: ha iniziato nel 2004 con il singolo Do You Love Me e trovato il successo internazionale nel 2009 col CD My World, che l'ha consacrato tra i grandi esponenti del soul contemporaneo. Dotato di voce stentorea e di una carica espressiva che ricorda James Brown, Fields è un artista sincero che ha trovato un buon equilibrio tra passato e presente, ed è ingiusto includerlo nella categoria "retro soul".

Altri suoi dischi significativi sono Let's Get a Groove On del 1999 e Problems del 2002.

Altri artisti e gruppi che fanno capo all'etichetta si chiamano Bronx River Parkway (bella sintesi tra suggestioni soul e ritmi latini), Michael Leonhart & The Avramina 7 (un ex Steely Dan con un gruppo ricco di groove), Quincy Bright (abile assemblatore di prodotti in studio incline all'hip hop), El Michels Affair.

Davvero splendida è la pubblicazione di alcune matrici inedite di fine anni sessanta (Let Me Be Your Man) di Tyrone Ashley pseudonimo di Sammy Campbell, dimenticato cantante di Plainfield (New Jersey) che all'epoca rivaleggiava con George Clinton.

Una formazione che ben rappresenta la sintesi tra le diverse componenti che oggi operano nel nuovo soul è The Menahan Street Band. Un supergruppo che abitualmente accompagna Charles Bradley ed ha inciso per la Dunham Records un disco unicamente strumentale (per la verità un po' piatto): Make the Road by Walking.

Il suo leader è il chitarrista e produttore Thomas Brenneck (già nei Dap-Kings e nella Budos Band) che ha voluto con sé il sassofonista Leon Michels come arrangiatore e strumentisti da vari gruppi di punta: Dave Guy, Homer Steinweiss, Fernando Velez e Bosco Mann dai Dap-Kings; Nick Movshon e Aaron Johnson dagli Antibalas; Mike Deller e Dan Fodder dalla Budos Band; Toby Pazner ed appunto Leon Michels dall'El Michels Affair.

Nella nicchia di Andy Kaulkin: Solomon Burke, Bettye LaVette e Mavis Staples

Andy Kaulkin è il fondatore e presidente dell'Anti Records, un'etichetta indipendente che spazia liberamente tra i generi, guardando solo alla qualità. In poco più di dieci anni (nel 1999 debuttò pubblicando Mule Variations di Tom Waits) ha acquisito prestigio ed è stata definita la più avventurosa indie d'America.

Nel 2001 ha riportato al successo di critica e di vendite l'allora cinquantanovenne Solomon Burke con il disco Don't Give Up on Me prodotto da Joe Henry e poco dopo altri protagonisti del soul storico: Bettye LaVette (I'Ve Got My Own Hell to Raise, The Scene of the Crime), Mavis Staples (We'll Never Turn Back) e Booker T Jones (Potato Hole).

Ognuno di questi lavori presenta la realtà odierna dei tre artisti, evitando di cadere nella nostalgia.

Solomon Burke interpreta in modo caldo e appassionante brani scritti per lui da Bob Dylan, Van Morrison, Elvis Costello, Tom Waits, Nick Lowe e altri.

Con questo disco ha vinto il premio grammy del 2003 come miglior album contemporaneo di blues.

"Non avrei mai creduto di avere un altro inizio" ha detto la sessantenne Bettye LaVette. La sua voce è ancor più vibrante che in passato e regala momenti esaltanti.

Prodotto da Ry Cooder, anche il disco di Mavis Staples è un lavoro superlativo, fortemente legato alle radici del blues e del gospel.

Tra il 2005 ed il 2006 altri storici nomi del soul sono tornati alla piena visibilità. Joe Henry ha prodotto un disco (Meeting on Mission Street) con Allen Toussaint, Mavis Staples, Ann Peebles, Irma Thomas e Billy Preston. Ad After the Rain di Irma Thomas è stato attribuito il grammy come miglior disco blues del 2006.

Altri artisti emergenti

La vitalità del soul afro-americano non è confinata all'interno di queste etichette ed ampliando l'orizzonte troviamo nuovi cantanti e gruppi significativi.

Se nel mondo leggero e patinato del neo-soul prosperano Mary Blidge, Ledisi, Georgia Anne Muldrow (qualche somiglianza con Lauryn Hill), India Arie, Amel Larrieux, Angie Stone, Beyonce e molte altre, ben diversa è la musica di Linda Hornbuckle, Ruthie Foster, Black Joe Lewis, Melinda Doolittle.

Linda Hornbuckle è una voce contralto solida e ruggente che ha iniziato a esibirsi a sei anni nella chiesa del padre, la Grace and Truth Pentecostal Church di Portland (Oregon). Da allora ha sempre cantato anche in ambito profano ma è giunta alla notorietà nazionale solo nei primi anni novanta. Nel suo stile è molto forte l'enfasi del gospel che assume di volta in volta colorazioni verso il blues, il soul o il funk.

Ha inciso due dischi: nel 2001 Clearly dov'è accompagnata dalla sua band e il recente Sista prodotto dalla PsycheDelta Records che la vede in duo con la pianista Janice Scroggings.

Nonostante la giovane età Ruthie Foster ha pienamente assimilato le caratteristiche più vemeenti del soul storico, nel solco di Aretha Franklin a cui assomiglia per la voce tonante e la grazia melodica. Nasce a Gause (Texas) in una famiglia di cantanti gospel ed ha debuttato professionalmente nel 1997 con l'album Full Circle. Il disco The Truth According to Ruthie Foster (Blue Corn Music) risente di influenze rock e country e (forse per questo) è stato nominato per il Grammy del 2009 nella categoria Blues. Più legati al mondo afro-americano sono lo splendido The Phenomenal Ruthie Foster (2007), Stages (2004) e Runaway Soul (2002), tutti pubblicati dalla Blue Corn Music.

Anche Black Joe Lewis viene dal Texas ed ha esordito nel 2007 facendosi apprezzare per lo stile fortemente radicato nei modelli della Stax Records. Lo accompagna una band di musicisti bianchi, The Honeybears, fondata dal chitarrista Zach Ernst ed ha ottenuto successo col serrato e coinvolgente "Sugarfoot" tratto dall'ottimo album Tell 'Em What Your Name Is! inciso per la Lost Highway Records. In Joe Lewis rivive l'enfasi di Wilson Pickett e nella band la carica funk di Sly and Family Stone: possiedono tutti i numeri per ottenere un ampio successo.

Nata nel 1977 a St.Louis (Missouri), Melinda Doolittle è una giovane e possente soul singer dalle vibranti doti espressive, che è stata corista di Aaron Neville e Vanessa Bell Armstrong. Ha inciso a suo nome un paio di dischi da ricordare: Melinda Doolittle (2007) e Coming Back to You (2009).

Il British Soul

Concludiamo la nostra indagine sulle forme del soul contemporaneo tornando al Regno Unito.

Oltre ad Amy Winehouse, la scena attuale del British Soul è davvero affollata e quanto mai diversificata, sia sul fronte dei protagonisti che degli stili. Le forme sia vocali che strumentali del soul anni sessanta si combinano in una miscellanea di gradazioni che va dall'adesione fedele ai modelli storici (Beverley Knigth, Nicole Willis) a proposte di musica leggera appena venata di colorature soul. Anche la provenienza geografica o culturale degli artisti è variegata: afro-americani emigrati in Gran Bretagna, africani che guardano al soul statunitese, artisti autoctoni.

Tra i nomi più in vista sul mercato discografico troviamo la giovane gallese Duffy e la londinese Adele. La prima è balzata al successo nel 2008 con le atmosfere Motown del singolo "Mercy" (dall'album Rockferry) con cui ha vinto un Grammy Award.

Più dotata di mezzi espressivi è Adele Adkins, proveniente dalla Brit School di Croydon frequentata dalla Winehouse a cui è stata impropriamente paragonata. Con quest'ultima condivide anche il produttore, Mark Ronson, che ha lavorato al suo debutto discografico 19: un concentrato di romantiche canzoni pop soul legate a problematiche adolescenziali.

Restando sul versante del pop soul ricordiamo ancora Laura Izibor (madre irlandese e padre nigeriano che ha debuttato nel 2009 con Let the Truth Be Told), Estelle (madre senegalese, padre di Grenada), Seal (di origine nigeriana, che riecheggia Sam Cooke e altri storici protagonisti del soul, come già in passato fece Terence Trent D'Arby), Heather Small, Joss Stone, la brava cantautrice Corinne Bailey Rae, Lisa Stansfield ed altre.

Le artiste più aderenti ai classici modelli del soul sono però Beverley Knight e Nicole Willis.

Nata nel 1973 in Inghilterra nella contea delle West Midlands da genitori giamaicani, Beverley ha fortemente subito nell'infanzia l'influenza della chiesa pentecostale, dove ha iniziato a cantare gospel. Musicalmente parlando, la sua formazione non è stata troppo diversa da quella di coetanee cresciute in Alabama o in Mississippi. I dischi che ascoltava in casa erano quelli di Sam Cooke e Aretha Franklin e questa formazione s'è rivelata centrale nella sua carriera artistica, iniziata a 19 anni nei locali della zona.

"Mia madre suonava Sam Cooke e la sua voce è stata la prima che ho ascoltato su disco. La prima voce che ha avuto un forte impatto su di me, dal punto di vista vocale. (...) Aretha mi ha insegnato il modo di fraseggiare e di esprimere le emozioni. Lei mi fa piangere e mi conduce negli spasimi dell'estasi musicale! I Never Loved a Man ferisce ed Amazing Grace - che è stato il sommario della mia infanzia - starà con me per sempre".

Beverley canta professionalmente dal 1994 ed ha inciso già sei dischi in studio, ottenenendo buona visibilità e prestigio nel Regno Unito. All'interno di una produzione diversificata, che non sempre le rende giustizia, il suo album più significativo resta Music City Soul, registrato a Nashville nel 2007: già dal primo brano "Every Time You See Smile" l'ascoltatore è avvolto da una vibrante tensione bluesy associata agli ingredienti più autentici del soul di Memphis mentre la voce s'esprime con forte passionalità. Nel resto del disco la cantante sviluppa una matura sintesi con il funk e il rock, confermando una vocalità coinvolgente, improntata ad una forte carica emotiva (si ascoltino "Black Butta," "Time Is On My Side" oppure "Rock Steady, già vecchio hit di Aretha).

Afro-americana nata a Brooklyn nel dicembre 1963, Nicole Willis vive in Gran Bretagna dalla fine degli anni Novanta e nel 2005 ha raggiunto il successo con Keep Reachin Up, accompagnata dall'ottimo gruppo strumentale finlandese The Soul Investigators. Un album eccitante pubblicato dall'etichetta finlandese Timmion Records che evidenzia in pieno la dimensione ormai globalizzata del soul.

Nicole non è un'occasionale soul singer. Già dalla metà degli anni ottanta ha lavorato con varie band statunitensi e collaborato come corista con Curtis Mayfield. Il suo primo album come solista (Soul Makeover) l'ha inciso nel 2000 con l'etichetta finlandese Sahko/Puu, prodotto dal marito Jimi Tenor: un disco ancora indeciso tra funk, pop ed elettronica ma capace di evidenziare le alte doti vocali della Willis. A questo è seguito nel 2004 Be It .

Keep Reachin Up è il terzo album sia per la Willis che per i Soul Investigators, un gruppo che ricorda i Dap-Kings e nasce nel 1998 dalla comune passione dei suoi membri per la musica di James Brown, dei Meters e di Booker T & The MG's. Il cuore della formazione è dato dal chitarrista Pete Toikkanen, dall'organista Antti Maattanen, dal bassista Sami Kantelinen e dal batterista Jukka Sarapaa a cui s'è aggiunge una sezione fiati più o meno nutrita. Il feeling, l'intensità e la passione che traboccano dall'album ne fanno uno dei migliori esempi del soul attuale, capace di rispettare i valori della tradizione senza diventarne schiavo.

Concludendo quest'indagine sulle direttrici dell'attuale soul music non è possibile dare una risposta definitiva alla domanda posta nel titolo. In primo luogo la qualità musicale selezionata per il mercato di massa è oggi infinitamente più scadente: non dimentichiamo che James Brown, Otis Redding o Aretha Franklin erano artisti che vendevano milioni di dischi, non certo di nicchia. La differenza fondamentale con quanto accadeva negli anni sessanta è poi legata al mutato contesto sociale: l'attuale black popular music non è più voce dei movimenti collettivi di rinnovamento (scomparsi dalla scena pubblica) ed i suoi caratteri sono quelli di un revival, che trova i suoi modelli nel passato. Ma la storia ha dimostrato che i rapporti tra struttura socio-economica e sovrastruttura culturale non sono mai troppo rigidi e determinati. Quando in una società gli orizzonti si fanno angusti anche la forza della memoria può contribuire ad un nuovo rinascimento.

Note

1) Chas Newkey-Burden, Amy Winehouse, Fanucci Editore 2009

Foto di Matt Rogers (Shelton)

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