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Concerti di Karen Lane e Cinzia Spata al Blue Brass-Palermo
ByE a differenza dell’artista inglese, c’è in lei il pathos interpretativo e quell’innata capacità di tradurre le note in emozioni. Due set altamente istruttivi per comprendere le antinomiche direttive del vocalismo jazz contemporaneo: moda e forma da una parte; cuore e sostanza dall’altra.
Impalpabile; inconsistente; anonima. Si potrebbe definire così la sconcertante prova (13 aprile) della vocalist Karen Lane, d’origini australiane ma inglese d’adozione. Una scelta inspiegabile da parte della direzione artistica del Brass Group, che ha privilegiato inutilmente l’esterofilia ed il viso acqua e sapone della Lane, a discapito della sostanza musicale.
Se si esclude qualche assolo di Vito Giordano al flicorno, è stata per i presenti una serata sonnacchiosa alla camomilla, in cui non si è registrato nulla di interessante da tenere a mente. Alla base della proposta un easy listening jazzato, che si muove languidamente tra atmosfere pop ed arrangiamenti delicati. Ridotte quasi a zero l’estensione vocale e l’espressività di un’artista molto fortunata, che ha inspiegabilmente all’attivo diversi quanto acclamati CD.
Un approccio vocale oggi molto in voga presso le cantanti nord-europeee, che piace molto a certa fascia di pubblico poco avvezzo alle più pregnanti vicende jazzistiche. Tempi medi e melodie delicatamente interpretate con sobrietà e disinvoltura. Ma il vero jazz vocale è un’altra cosa, con ben più pregnanti doti canore e carica di jazz-feeling.
Rimane nella memoria dell’ascoltatore una serata piacevole trascorsa con gli amici, sorseggiando drinks in un luogo accogliente quale è il jazz club del Brass Group. Con la musica come mero contorno; ed una voce che non presuppone scavo interiore e riappropriazione degli standard, riletti in tono minore ed impersonale. Una prova quindi senza infamia e senza lode, da terzo canto dell’inferno dantesco (gli ignavi).
Impietoso per la Lane il confronto con Cinzia Spata, bravissima vocalist palermitana, ormai romana d’adozione. Una prova da manuale la sua, dall’alto di una voce vibrante, che spazia con estrema facilità dal registro grave a quello sovracuto. Ma oltre alla tecnica c’è anche il cuore e la creatività, per lasciare un marchio indelebile agli standard interpretati.
Un concerto (20 aprile), quindi, all’insegna del rischio e della disposizione a superare il deja vù, per via di sfumature inattese impresse agli standard interpretati. Ed in più una condotta armonica molto libera, al servizio di una vibrante espressività.
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