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Ai Confini Tra Sardegna e Jazz - XXIII Edizione

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Sant'Anna Arresi - 26.08-06.09.2008

Non capita tutti i giorni di stare in terrazza a leggere l'e-mail scambiando due chiacchiere con Butch Morris, di andare in spiaggia con Ernest Dawkins, di sedere al bar a bere una birra a fianco della famiglia Cherry. Il festival di Sant'Anna Arresi è fatto anche di questo. Piccoli dettagli, ciliegine jazzofile su una torta fatta di un programma musicale visionario e coerente, con pochi eguali in Europa. Ma procediamo con ordine.

Don Cherry

Il festival era dedicato a lui. Nessun anniversario particolare da celebrare, solo un atto d'amore per un grande musicista che nel 1985 ha dato il via alla grande avventura del

festival salendo sul palco per il primo concerto di questa ormai ultra-ventennale manifestazione. Con una geniale intuizione il direttore artistico Basilio Sulis ha chiamato a raccolta musicisti che hanno collaborato con il grande trombettista (da Carlos Ward e Mark Helias, presenti qui a Sant'Anna Arresi in quel lontano 1985, a Ingrid Sertso e Karl Berger, protagonisti con Cherry di un'intensa stagione), altri che di Cherry sono diretti discendenti (Corey Wilkes, il nostro Tiziano Tononi), e soprattutto radunando quelle persone che con Cherry hanno condiviso la vita: i suoi familiari.

La Famiglia Cherry

La moglie Moki, i figli Neneh, Eagle Eye, David Ornette e Christian, sono stati protagonisti di alcuni dei momenti più belli, quanto meno dal punto di vista emozionale, del festival. Fuori dal palco, nel corso di un incontro condotto da Pino Saulo che è andato ben al di là delle intenzioni e si è trasformato in una riunione familiare commovente e di rara intensità. Sul palco, partecipando a diversi concerti, suonando e cantando alcuni brani del padre, e trasformando ogni nota in una festa. I più talentuosi, ovviamente, sono Neneh e Eagle Eye, di mestiere pop-star, ma tutta la famiglia ha mostrato di avere buona consuetudine con la musica.

Fabric of Memory

Copertine di vecchi LP, fotografie celebri, opere di Moki, scene di vita familiare, un video in cui il trombettista combatte con i gargoyles della cattedrale di Notre Dame. L'universo Don Cherry, raccontato per frammenti e suggestioni, in mostra accanto alla sede dei concerti. Emozionante.

Hamid Drake

L'eroe della prima parte del festival. Presente in buona parte dei concerti, quasi una sorta di house drummer, beniamino del pubblico, ha mostrato grande duttilità adattandosi ai contesti più disparati. Contrappuntando Andrew Cyrille nella Symphony for Improvisers, mostrando chiare doti di leader in Remember Ed, a proprio agio sia in un contesto storicizzato (In the Spirit of Don Cherry), sia confrontandosi con la contemporaneità (nel DKV Trio).

Art Ensemble of Chicago

Insieme allo spirito di Don Cherry, anche quello degli AEoC ha aleggiato su tutto il festival. In particolare, sul concerto dell'Ethnic Heritage Ensemble, dove accanto al sax di Ernest Dawkins ed alle percussioni di Kahil El Zabar, abbiamo trovato la tromba di Corey Wilkes, che dopo la scomparsa di Lester Bowie è entrato a far parte dell'AEoC. Un concerto delizioso, ovattato e guascone (in questo Kahil El Zabar è maestro), concluso da un inattesa quanto affascinante All Blues.

I Tributi

Non c'era solo Don Cherry. C'era Albert Ayler, omaggiato da Joe McPhee, Roy Campbell, Warren Smith e William Parker in uno splendido concerto nel quale la poetica del sassofonista di Cleveland è stata affrontata con un approccio estremamente delicato, quasi in filigrana. C'era Ed Blackwell, ricordato da un quintetto di percussioni (Drake, Tononi, Gurtu, Smith, Taylor) affiancato dalle trombe di Haynes e Campbell, forse un po' leggere per reggere la massa sonora generata dai tamburi. E c'era, infine, Antonio Gramsci, i cui testi, montati da Giorgio Baratta, sono stati letti dallo stesso Baratta e da Clara Murtas, accompagnati da Adriano Orrù e Giancarlo Schiaffini, mentre sullo schermo scorrevano alcune immagini di Tina Modotti. Evocativo, ma anche troppo intellettualizzante per riuscire a coinvolgere.

Basilio nel nuraghe

Nonostante un programma di altissimo livello ed una storia ormai ultra-ventennale, la stampa locale si è mostrata distratta, per non dire fredda o pregiudizialmente ostile, nei confronti del festival. E allora Basilio Sulis, direttore artistico della manifestazione, cosa fa? Da personaggio vulcanico qual è, proclama uno sciopero della fame e si auto-imprigiona nel nuraghe che sovrasta l'area dei concerti, ottenendo un immediato riscontro dalla stampa che, sia pure per ragioni extra-musicali, si vede costretta a raccontare del festival. Obiettivo raggiunto. Ma certo sarebbe più bello (oltre che più ragionevole e sensato) se iniziative culturali del livello di questo festival potessero contare sull'appoggio di tutta la comunità e degli organi di informazione.

Jayadeva

Al secolo, Giampiero Pramaggiore. Ha pescato il suo jolly negli anni '70, quando ha suonato per un certo periodo con Don Cherry. Da allora non si hanno di lui notizie rilevanti nel mondo del jazz. Qui a Sant'Anna Arresi si è distinto soprattutto in negativo. Al termine di un modestissimo concerto si dimentica di presentare Jean-Jacques Avenel (che lascia il palco piuttosto seccato), nel corso di un altro concerto tratta in modo sgarbato un paio di studenti dei seminari. Pur essendo italianissimo, si rivolge al pubblico in inglese. Chiude in bellezza rubando la scena alla famiglia Cherry in Desireless... Meglio riporlo dove stava: nel dimenticatoio.

To Free or Not to Free

Premesso che non amo le sterili classificazioni e che tutto il jazz (tutta la musica!) è libero per definizione, da questo festval mi è sembrato emergere chiaramente che il free di impostazione più tradizionale, per intenderci quello proposto da Bindu (Drake, Dawkins, Ward, Carter, Mateen) o dalla Symphony for Improvisers di Dave Douglas (Drake, Greene, Campbell, Grimes, Cyrille, Allen, Mixashawn) ha ormai perso molta della sua carica dirompente e si riduce spesso ad una sequenza di semplici motivi tematici collegati da torride (e talvolta decontestualizzate) improvvisazioni collettive. Più interessante ed attuale la direzione intrapresa da alcuni organici come l'Ethnic Heritage Ensemble, il Chicago Undergroud (qui in veste di Duo), o il DKV Trio, che pur approcciando la musica in modo estremamente libero, accolgono di buon grado la sfida con la melodia.

Gli Italiani

Ottimo il progetto Awake Nu di Tiziano Tononi & The Society of Freely Syncopated Organic Pulses (D. Cavallanti, L. Calabrese, S. Bolognesi, A. Succi, R. Cecchetto), forse il più genuinamente cherriano tra tutti i concerti del festival, che ha dimostrato come anche un gruppo italiano possa fare una musica che, secondo certi dogmatismi, può provenire solo da ben determinate aree geografiche/culturali/razziali. Molto legato agli anni '70 ed ai Blue Notes, e dunque divertente anche se assai poco innovativo, il progetto Viva La Black della Minafric Orchestra, affiancata per l'occasione da Keith Tippett, Julie Tippett e Louis Moholo.

Molto validi i Guitto Gargle (P. Bittolo Bon, S. Sfameli, S. Schirru, A. Fiori, S. Bolognesi), vincitori dei seminari Marcello Melis 2006, che hanno presentato una musica caratterizzata da felici intuizioni melodiche e sempre ritmicamente movimentata. Meno interessanti i Mediterre, vincitori dell'edizione 2007 dei seminari, i cui brani, spesso ben scritti, si sviluppano poi in modo alquanto prevedibile. Fusion soft, con qualche eco etnico, per il progetto Ar Jazz di Alberto Balia (A. Tuveri, F. Bellia, M. Scano), gradevole ma di poco spessore. Fusion hard, con molta elettricità ed ampie dosi di anni '80, per The Bookmakers di Antonello Salis (S. Satta, A. Jasevoli, A. Lo Giudice, J.B. Arnold). Un tipico esempio di musica più divertente da suonare che da ascoltare. Il dopo-festival è stato invece animato, a sere alterne, dagli studenti dei workshop e dal quartetto Tri-Braco, divertente gruppo di Roma che alterna jazz e progressive, tra Frank Zappa e Marc Ribot.

Gli Altri

C'erano, naturalmente, anche progetti svincolati dalla musica di Don Cherry. Interessante come sempre Butch Morris, che ha portato sul palco un nucleo di musicisti selezionati dai workshop, ed ha proposto una conduction fatta per forza di cose di cellule piuttosto semplici ma non per questo meno avvincente. Per certi versi, al contrario, la musica di Morris sembra avere maggior efficacia quando l'orchestra è priva di forti personalità e riesce quindi ad affidarsi completamente al direttore. Deludente il Nana Vasconcelos & Friends, che nonostante un organico di prim'ordine (Salis, Gurtu, Wards, Apfelbaum) non ha saputo andare al di là di una fusion di bassa lega, interessante solo quando ha saputo rievocare i Weather Report.

Gli incontri

Pino Saulo e Antonia Tessitore, voci del jazz su Radio 3 Rai, hanno moderato una serie di incontri che hanno visto protagonisti la famiglia Cherry (di cui abbiamo già riferito), Keith Tippett, che ha raccontato alcuni gustosi aneddoti sull'ambiente che si respirava nella Londra degli anni '70, Joe McPhee che ha invece ripercorso la sua lunga carriera. Il nostro Enrico Bettinello ha invece condotto la presentazione del libro di Mario Gamba “Gli Ultraterrestri”, cui hanno partecipato anche Franco Fayenz e Giancaro Schiaffini. Discussioni tutte molto interessanti, purtroppo seguite solo da un ristretto nucleo di addetti ai lavori. Piccolo suggerimento all'organizzazione: dare maggiore visibilità a questi incontri.

I workshop di fotografia e musica

Come è ormai consuetudine, anche a Sant'Anna Arresi il programma prettamente concertistico è affiancato da una serie di attività extra. I workshop di musica, curati da F. Puglisi, R. Cecchetto, A. Succi, D. Torto, P. Dalla Porta, R. Dani, G. Schiaffini. Le master Class, con G. Fewell, D. Douglas, K. Vandermark, i progetti speciali, con Nana Vasconcelos, Jayadeva e Butch Morris. I workshop di fotografia, curati dalla Phocus Agency.

Arrivederci al 2009

Messa in archivio l'edizione 2008, l'Associazione Culturale Punta Giara ha già praticamente completato il programma per il prossimo anno. In mancanza di comunicati ufficiali, non anticipiamo nulla. Possiamo comunque affermare con certezza che il programma sarà, come di consueto, molto intrigante.

Foto di Luciano Rossetti (Neneh and Eagle Eye Cherry, Berger, McPhee, Sulis e copertina di quotidiano, Bindu, Morris), e Luca d'Agostino (Ethnic Heritage Ensemble, Jayadeva, Tononi, Guitto Gargle). Ulteriori immagini di questo festival sono disponibili nella galleria dedicata ai concerti del DKV Trio e del Ethnic Heritage Ensemble.


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