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Skirl: la nuova etichetta di Chris Speed

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Che molti musicisti si vogliano riappropriare dei mezzi di produzione discografica, autoproducendosi e dando vita a etichette indipendenti, è una tendenza che dall'esperienza della storica Debut ha accompagnato - con maggiore o minore intensità - lo sviluppo del jazz contemporaneo.

Questa esigenza diviene, come è chiaro, più pressante nei momenti di maggiore crisi identitaria del mercato, come accadde negli anni Settanta quando l'attenzione delle grosse etichette si era distolta dal jazz e dalla musica improvvisata, come accade oggi in presenza di uno scenario sempre più frammentato e smaterializzato, in cui i costi di produzione si sono notevolmente ridotti e poco cambia in termini di vendite se il disco te lo fai da te o lo pubblica la piccola etichetta specializzata.

Tra le tante esperienze di etichette gestite direttamente dai musicisti, la differenza la fa poi la qualità delle incisioni e "l'idea di fondo" della etichetta, quella capacità di staccarsi dal semplice "il disco è mio e me lo gestisco io!" per dare forza a idee condivise e terreni di esplorazione.

Il sassofonista Chris Speed - figura tra le più attive e interessanti della scena downtown - ha deciso di "mettersi in proprio" con l'etichetta Skirl, un progetto che, a quanto si può intuire dalle prime uscite, sembra possedere un respiro ben più ampio della mera testimonianza dei progetti di Speed.

Il design del packaging, che si colloca in una via di mezzo tra la custodia cartonata da cd e quella da dvd [di cui ha le dimensioni], è particolare, anche se non particolarmente "appetitoso" e potenzialmente un po' scomodo per gli appassionati più meticolosi nell'archiviazione, ma è anche certamente un elemento di distinzione dalla incontrollabile masse di CD che vengono prodotti ogni giorno.

Vediamo più da vicino le prime quattro uscite:

Chris Speed, Oscar Noriega, Anthony Burr

The Clarinets

(2006)

Skirl

Valutazione: 3 stelle

The Clarinets, come il nome chiarisce immediatamente, è un disco interamente incentrato sulle sonorità dei clarinetti: troviamo qui impegnato un trio con Anthony Burr al clarinetto basso, lo stesso Speed al clarinetto e Oscar Noriega ad entrambi, per una musica improvvisata/composta collettivamente al NACL Theater di Highland Lake, New York

La musica del trio è evocativa e incentrata sul fattore timbrico, con gli strumenti che si inseguono e sovrappongono in atmosfere ombrose in cui la "legnosità" degli strumenti viene fatta risaltare in tutte le sue possibili sfaccettature, irrequiete nell'iniziale "Constellating" e delicatissime nel caso di "Languor", assai più vicina ad alcune pagine di Morton Feldman che non alle dinamiche dell'improvvisazione jazz.

Le qualità borborigmiche del clarone emergono in episodi come "Accord", ma anche qui il canto soprastante è dilatato e onirico, caratteristica che ricorre lungo tutto il disco, accentuando forse una certa uniformità espressiva, una scelta estetica che può risultare estremamente affascinante se si entra in sintonia, ma un po' tediosa nel suo complesso.

Gli episodi migliori rimangono quindi quelli più febbrili, come "Scrawl", che pur mantenendo un impianto cameristico, lascia guizzare nell'ombra coloratissimi lembi di suono. Astratto e atmosferico.

Ted Reichman

My Ears Are Bent

(2006)

Skirl

Valutazione: 2,5 stelle

Nel secondo volume troviamo il compositore e fisarmonicista Ted Reichman nella veste principale di pianista, alla guida di un trio completato dalla chitarra di Mary Halvorson e dalla batteria di John Hollenbeck [del cui Claudia Quintet è componente].

My Ears Are Bent è un disco curioso, difficile da etichettare, caratterizzato da una matrice ritmica rock su cui si innestano ipnotici giri armonici: già l'apertura di "Every Man to His Own Taste", in cui spicca l'ottima prova della Halvorson, è indicativa in questo senso e potrebbe essere anche uno strumentale di qualche band indie-rock dal gusto evoluto.

C'è un senso di sottile inquietudine che attraversa le sette composizioni del disco, una circolarità claustrofobica e attentamente cercata che mette un certo disagio nell'ascoltatore, ma che lo attira con una vorticosa cinematicità: si ascolti ad esempio "I Know Nothing About It", costruita su un senso di perenne attesa su cui gli spasmi lontani della chitarra o gli accordi scuri del piano crescono come l'acqua dentro una stanza chiusa.

Non manca in Reichman una sottile ironia, disposta qui in modo imprevedibile, tesa a sviare improvvisamente lo sguardo sonoro dalla linea di tensione creata collettivamente, ma l'esito complessivo del disco rimane eccessivamente trattenuto da questo mood allucinatorio e alla fine ne può risentire, specie alle orecchie degli ascoltatori meno smaliziati.

Curtis Hasselbring

The New Mellow Edwards

(2006)

Skirl

Valutazione: 3,5

La terza uscita è il disco del quartetto di Curtis Hasselbring, The New Mellow Edwards, un lavoro ricco di spezie sonore, dall'incedere ritmico discolo e irriverente, ben assecondato da ogni componente.

Con Hasselbring, che al consueto trombone affianca diversi aggeggi elettronici più o meno evoluti, troviamo Speed al clarinetto e al sax tenore, il solido basso di Trevor Dunn e ancora la batteria di Hollenbeck e i quattro riescono a sintetizzare tantissime forme musicali dentro la musica del disco.

Il passo sornione di "White Sauce Hot Sauce Boss?", quello malandrino di "The Infinite Infiniteness of Infinity", ma anche la focosa "Plubis Epilogue" si snodano secondo un linguaggio complesso, senza perdere in efficacia comunicativa, risultando spesso accattivanti e spiazzanti, come per il surf-noir di "Double Negative"

Ottime, come anticipavamo, le prove degli strumentisti: Hasselbring ha un suono pieno e versatile che sin sposa ottimamente sia con il clarinetto screziato che con il tenore di Speed e la coppia ritmica ha il passo giusto per lavorare sui groove senza meccanicità. Inafferrabile forse, ma molto interessante.

Tyft

Meg nem Sa

2006

Skirl

Valutazione: 3,5

La produzione più recente è Meg Nem Sa del trio Tyft, guidato dal chitarrista Hilmar Jensson, già colonna del quartetto di Jim Black, che qui completa il gruppo insieme al sassofonista Andrew D'Angelo.

La musica del disco ha un impianto fortemente rock, teso e nevrotico, su cui sia la chitarra che il sassofono lacerano linee scintillanti. Rispetto alla musica degli AlasNoAxis di Black, qui la materia ha la tendenza a raggiungere con più fretta un punto di ebollizione, a volte rimanendo cullata da molecole digitali, ma sempre pronta a scattare nuovamente in avanti con temi angolosi.

La grande energia e una prova notevole dei tre musicisti fanno di questo disco un lavoro pienamente in linea con la visione post-urbana di una scena le cui influenze rock, punk e elettroniche sono pienamente state metabolizzate nel linguaggio jazzistico.

Elenco dei brani:

The Clarinets

01. Constellating; 02. Languor; 03. Accord; 04. Televiewers; 05. Scrawl; 06. Mockingbird; 07. Negatives; 08. Lovescar.

My Ears Are Bent

01. Every Man to His Own Taste; 02. Peace Father; 03. I Know Nothing About It; 04. Nun; 05. It Is Almost Sacred; 06. Come to Jesus; 07. My Ears are Bent.

The New Mellow Edwards

01. White Sauce Hot Sauce Boss?; 02. The Infinite Infiniteness of Infinity; 03. ABCs of the Future; 04. Plubis Epilogue; 05. Double Negative; 06. (I'm the Annoying Guy Who Always Yells) Freebird; 07. Insaniterrier (The Radio Dog); 08. Scatology; 09. Ana; 10. Far-Away Planet; 11. Mamacita.

Meg nem Sa

01. Led Tyftelin; 02. Shooshabuster; 03. International Four; 04. Ain't No Waltz; 05. Tumble Bugs; 06. Meg Nem Sa; 07. Okkar; 08. Ouch; 09. Flutter; 10. Hilsner; 11. Bloq; 12. Setz Nidur; 13. Amena.

Musicisti

The Clarinets

Oscar Noriega, Anthony Burr, Chris Speed (clarinetti)

My Ears Are Bent

Ted Reichman (pianoforte, chitarra, elettronica, organo, percussioni); Mary Halvorson (chitarra); John Hollenbeck (batteria).

The New Mellow Edwards

Curtis Hasselbring (trombone, cracklebox, megamouth, casio); Chris Speed (sax tenore, clarinetto, casio); Trevor Dunn (basso). John Hollenbeck (batteria, melodica).

Meg nem Sa

Hilmar Jensson (chitarre); Andrew D'Angelo (sax alto, clarinetto, basso, elettronica); Jim Black (batteria, elettronica).


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