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Intervista all'Ars Ludi Ensemble. Conversazione con Rodolfo Rossi.

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Elemento centrale del lavoro musicale di Ars Ludi è la realizzazione, anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie, di materiali sonori concreti e di eventi scenico-teatrali, di progetti musicali atti a superare la dimensione del concerto tradizionale. In questo contesto hanno preso l'avvio strette collaborazioni con autori quali Giorgio Battistelli, William Duckworth, Volker Heyn, Luigi Ceccarelli, Louis Andriessen e Alvin Curran.

Come gruppo di concertisti, Ars Ludi si è esibito in USA, Canada, Spagna, Germania, Messico, Cina, Svezia, Gran Bretagna, Francia, Turchia, Svizzera e in alcune di queste occasioni ha registrato per le emittenti radio-televisive nazionali. Nella formazione per grande ensemble, ha preso parte a progetti musicali di vasto respiro e di notevole complessità: Drumming di Steve Reich, Gewael di Michele dall'Ongaro, Land im Klang di Alvin Curran, Primi Piani di Luigi Cinque, Varesiana su musiche di Edgar Varese, Inanna's descent di Louis Andriessen.

All About Jazz: Iniziamo dalla domanda meno banale. Che cosa è un ensemble?

Ars Ludi: Come ogni tipo di relazione fra persone è un insieme di elementi in equilibrio che ha spesso del miracoloso: affinità professionali, identità di obiettivi, amicizie personali. Il tutto raccolto in un progetto artistico che si traduce, in parte, in un progetto di vita.

AAJ: Avete voglia di raccontare come, quando e dove si è formato il vostro Ensemble?

A.L.: Ars Ludi nasce nel 1985 come un duo di percussionisti creato da Antonio Caggiano e Gianluca Ruggeri, ai quali si sono aggiunti Rodolfo Rossi e Alessandro Tomassetti che ha fatto parte dell'ensemble per circa 10 anni. Il Conservatorio di musica "A. Casella" di L'Aquila, dove abbiamo compiuto gli studi è stato il centro di gestazione del progetto. L'ensemble è un trio che, in funzione del progetto su cui lavora, si estende (qualche volta si contrae) con la collaborazione di altri musicisti (non solo percussionisti): ad esempio nel 2010 abbiamo realizzato un allestimento delle Nozze di Stravinsky per il Malta Ars Festival con un organico di 30 elementi.

AAJ: Come e perché del nome che avete scelto?

A.L.: Il nome nasce dalla creatività di Gianluca e riassume la comune voglia di sperimentare, esprimere e divertirsi con il linguaggio artistico: come nel gioco appunto.

AAJ: I presupposti che vi hanno portato a unirvi sono gli stessi sui quali ancora oggi basate il vostro legame?

A.L.: L'età (non solo quella artistica, anche quella anagrafica) ha portato qualche cambiamento: gli interessi artistici, pur rimanendo compatibili, si sono definiti più specificamente in ognuno di noi. Per molti anni abbiamo condiviso quasi completamente ogni pulsione artistica, progettando e realizzando insieme il percorso professionale. Più recentemente Ars Ludi si ritrova in occasione di progetti specifici ai quali lavoriamo comunque insieme con lo stesso entusiasmo di sempre: un esempio è la realizzazione dell'opera N.N. di Francesco Filidei, eseguita nel 2011 per il Teatro Verdi di Pisa in collaborazione con i Neue Vocalsolisten di Stoccarda.

AAJ: Per quanto riguarda il repertorio, come lo scegliete e come lavorate per l'esecuzione... magari potete raccontarlo a partire da un progetto che avete realizzato che vi sta particolarmente a cuore.

A.L.: Le nostre scelte generano da occasioni diverse: l'interesse specifico di uno di noi, la proposta di un compositore, di un direttore artistico o di altri musicisti. L'importante è che il progetto ci convinca dal punto di vista del valore artistico e che sia compatibile con le nostre qualità come con i nostri limiti. Non siamo molto abili nelle strategie di mercato o nelle opportunità diplomatiche. Il progetto comincia sempre con un confronto tra i nostri diversi modi di sentire: il lavoro d'ensemble segue sempre una fase di approccio individuale alla partitura.

AAJ: Che cosa vi interessa maggiormente mettere in luce della musica del Novecento? Quali sono gli aspetti sui quali voi come Ensemble ritenete di dover maggiormente lavorare?

A.L.: Come ensemble di strumentisti abbiamo affrontato inizialmente il repertorio dove le percussioni hanno un ruolo solistico, come in autori 'classici' quali Bartok, Stravinsky e Varese e in compositori d'avanguardia come Cage, Reich e Xenakis. Attraverso l'analisi e la pratica di queste composizioni ci interessa lavorare su due diversi aspetti: le radici culturali da cui origina una partitura e le direzioni in cui si può evolvere il linguaggio musicale. Ad esempio in un'esperienza che abbiamo realizzato con i conservatori di musica in cui insegniamo e che abbiamo chiamato Il suono della diversità, in collaborazione con gli Istituti di Cultura italiani all'estero abbiamo effettuato dei viaggi di studio con i nostri studenti andando a scambiare le nostre esperienze di musicisti occidentali con artisti di altre realtà musicali. Nel periodo in cui abbiamo affrontato il repertorio minimalista, suonando opere di Steve Reich quali Drumming o Sextett, ci siamo recati in Africa, in Kenia, per sperimentare le atmosfere e le procedure che Reich ha mutuato dalla cultura africana.

AAJ: Centrale per la vostra ricerca è "la realizzazione, anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie, di materiali sonori concreti e di eventi scenico-teatrali, di progetti musicali atti a superare la dimensione del concerto tradizionale". Se non interpreto male l'idea è quella di lavorare sempre più sulla forma di teatro-musicale...

A.L.: Il teatro musicale e, più in generale, l'aspetto drammaturgico di ogni esecuzione ci ha sempre appassionato, concretizzandosi molto spesso nelle collaborazioni con Giorgio Battistelli di cui abbiamo eseguito moltissimi lavori quali Aphrodite e Orazi e Curiazi, opere nelle quali è forte il legame con la letteratura e l'azione teatrale. Abbiamo sempre cercato di seguire l'evoluzione del linguaggio artistico, che sempre più spesso coniuga tecnologie e media diversi.

AAJ: Cosa significa per voi improvvisare? L'improvvisazione è una pratica del vostro fare musica insieme? Nel caso, come avviene e quanto peso ha nel vostro lavoro?

A.L.: Il concetto di improvvisazione è insito in gran parte del repertorio contemporaneo non solo nelle libertà (e nelle responsabilità) attribuite all'interprete da una partitura che ancora non gode di una prassi esecutiva tradizionale. In molta musica che ci capita di suonare, sia per via di una scrittura volutamente aleatoria o indicativa che per una precisa scelta del compositore, l'esecuzione finale è il frutto di una sinergia spesso estemporanea. In questi casi una seduta di prove si trasforma in un laboratorio di improvvisazione nel quale sperimentiamo tecniche e linguaggi per arricchire la nostra capacità di espressione.

AAJ: ... e per quanto riguarda l'elettronica?

A.L.: L'aver affrontato il repertorio di autori come Stockhausen o Truax e la collaborazione con compositori come Luigi Ceccarelli e Michelangelo Lupone ci ha spesso messi a confronto con la tecnologia e con il linguaggio informatico. L'importante è sempre il risultato artistico che si persegue affinché il mezzo espressivo, qualunque esso sia, non diventi autoreferenziale.

AAJ: Essendo All About Jazz una rivista dedicata al jazz, quanto pensate il vostro lavoro abbia a che fare con questo genere? Che cosa vi interessa in particolare del jazz?

A.L.: I musicisti della nostra generazione si sono formati in un clima di grande fermento culturale. Quando ci siamo avvicinati alla musica, negli anni '70, c'erano grandi novità in ogni ambito: i Beatles, il rock sinfonico, Genesis, EL&P, King Crimson, il jazz rock di Miles Davis, i Weather Report. Anche grazie allo strumento (la maggior parte dei percussionisti proviene ancora oggi dalla batteria) la scoperta e la pratica del jazz ha segnato i nostri esordi da musicisti, quando ancora avevano un senso stretto definizioni quali batterista jazz o tastierista rock. La contaminazione dei linguaggi ha reso oggi meno definiti gli ambiti musicali: la stessa definizione di musica colta contemporanea ha perso la caratteristica (e il limite) di essere dedicata ad una ristretta cerchia di esperti estimatori e si è aperta alle più diverse influenze. Il jazz, essendo un linguaggio colto e al tempo stesso con un vasto retroterra di cultura popolare, ha una grande influenza su tutta la produzione contemporanea (ma già dai tempi di Stravinsky e Shostakovic). Abbiamo collaborato spesso con artisti di estrazione jazz, sia strumentisti come Ascolese, Gatto, Pietropaoli, Friedman che compositori come Gavin Bryars o Paolo Fresu.

AAJ: Portate avanti un lavoro teorico (letture, discussioni sulla metodologia, studi o ricerche, seminari) a livello di Ensemble oppure la formazione e la ricerca sono un percorso individuale da condividere solo in un secondo momento insieme?

A.L.: C'è molta permeabilità tra la formazione personale e quella del gruppo. Nei primi anni di attività abbiamo condiviso quasi completamente i percorsi di studio e di approfondimento: Gianluca, che per primo ha abbandonato la carriera di batterista per dedicarsi alla percussione, è stato all'inizio il promotore principale dei percorsi artistici dell'ensemble. Successivamente, e ancor più negli ultimi anni, ciascuno di noi influenza, con la propria attività di ricerca e di sperimentazione, gli orientamenti di Ars Ludi.

AAJ: Qual è il campo di ricerca musicale imprescindibile per un ensemble che si occupa di musica contemporanea?

A.L.: L'evoluzione del linguaggio musicale in relazione alla continua contaminazione fra generi diversi merita sicuramente una particolare attenzione. Inoltre, considerando che gli strumenti a percussione costituiscono una famiglia relativamente giovane, è importante rimanere aggiornati anche dal punto di vista tecnico esecutivo. Penso ad esempio all'evoluzione della tecnica esecutiva di strumenti come la marimba che, soprattutto nel nord Europa, ha avuto un notevole progresso negli ultimi anni.

AAJ: Lavorate anche per fare formazione ai giovani? È importante e in quale misura il coinvolgimento delle istituzioni (conservatori, scuole musicali etc.)?

A.L.: Io sono titolare della cattedra di Strumenti a percussione del Conservatorio di Musica di Latina, Antonio di quella del Conservatorio di Frosinone e Gianluca di quella di Santa Cecilia a Roma. Abbiamo spesso collaborato tra noi, con gli Istituti di Cultura italiani, e con istituti all'estero tramite i progetti Erasmus. Abbiamo creato un vivaio di giovani ma già preparati percussionisti, progetto che abbiamo chiamato Ars Ludi Laboratorio, che si esibiscono con noi o autonomamente. Oltre al già citato progetto Il suono della diversità, stiamo realizzando, in collaborazione con l'Istituzione Universitaria dei Concerti, un ciclo di lezioni—concerto intitolato Itinerari di Geografia Sonora, dedicato alle culture musicali dei diversi continenti, realizzate per gli studenti delle scuole medie e dei licei, con gli studenti del conservatorio. Trasmettere le proprie esperienze ai giovani, oltre che una doverosa missione per chi è un docente oltre che un professionista, è anche uno stimolo al confronto e all'aggiornamento.

AAJ: Nei vostri concerti eseguite autori contemporanei, ma anche pezzi vostri. Come costruite un concerto e attorno a quali aspetti puntate maggiormente?

A.L.: Consideriamo il concerto un momento di incontro fondamentale tra artista e pubblico, dove la comunicazione dell'idea artistica è importante quanto l'idea stessa. Un programma musicale corrisponde a un progetto col quale si trasmettono concetti, visioni, emozioni: più che un catalogo di belle musiche cerchiamo di proporre idee attraverso la buona musica.

AAJ: Il pubblico è importante? E in che forma, dimensione, misura...?

A.L.: Abbiamo realizzato progetti, come Tehillim di Steve Reich presso l'Auditorium di Roma, rivolti ad un pubblico di grandi dimensioni, eventi nell'ambito della Notte Bianca in collaborazione con Radio Rai con un'affluenza di spettatori continua e variegata. Abbiamo distribuito dieci marimbe su 500 metri di argine del Tevere o partecipato al concerto di capodanno con la Scuola di samba di Rio, con un ensemble di percussionisti del Senegal e con un ensemble di percussionisti giapponesi di fronte a migliaia di persone. Ma abbiamo anche suonato in piccoli teatri o in rassegne dedicate a pochi appassionati intenditori. L'importante è che l'incontro col pubblico, poco o tanto, più o meno esperto o appassionato, sia un momento di scambio e un'esperienza di reciproca soddisfazione.

AAJ: Vi appoggiate ad una casa discografica? Ne avete fondata una vostra?

A.L.: La nostra produzione discografica non è molto ampia, in parte perché nel nostro ambito non esiste un mercato che ripaghi dei costi dell'investimento necessario e in parte perché, soprattutto negli ultimi anni, i nostri progetti si prestano più ad un evento live. Abbiamo collaborato con etichette diverse, Brilliant, RaiTrade, Pontesonoro, lavorando su repertori musicali specifici.

AAJ: Dal punto di vista economico, come avete provveduto fino ad ora a finanziare i vostri progetti? Quali margini di autonomia avete rispetto a chi/coloro che vi sovvenziona/no?

A.L.: L'argomento è dolente. Non solo in questi ultimi anni di crisi internazionale, anche nel passato non c'è mai stato in Italia un investimento strutturato nella cultura musicale, se non nei grandi eventi straordinari dedicati ad un grande pubblico affascinato molto spesso più dalla grandezza dell'evento che dai suoi contenuti. Ars Ludi, oltre ad essere stato il primo ensemble di percussioni italiano con un'attività in ambito internazionale, costituisce tuttora forse il più importante punto di riferimento per i compositori, per la didattica e per il grande patrimonio di strumenti a percussione che abbiamo costruito negli anni. Per realizzare tutto ciò, compreso il nostro studio dove transitano altri gruppi, solisti, colleghi, compositori, studenti e chiunque abbia un contatto col mondo degli strumenti a percussione, ci siamo sempre finanziati col nostro lavoro. Tutto ciò ha costituito sicuramente una notevole fatica ma ci ha anche garantito una completa autonomia nelle scelte artistiche, che restano il principale parametro con il quale ci confrontiamo nelle nostre collaborazioni con i diversi committenti.

AAJ: Pensi che ci sia una politica in Italia attenta agli Ensemble e/o su cosa dovrebbe sostenere realtà come la vostra la politica (locale, nazionale?)?

A.L.: Credo che la politica, tranne rarissime eccezioni, non sappia neanche l'esistenza di ensemble che mantengono un'attività artistica di grande valore culturale e di prestigio internazionale. In Svezia l'Ensemble Kroumata, fondato dal nostro collega e amico Anders Loguin, ha usufruito dei fondi statali stanziati per le bande militari, oltre ad aver avuto in gestione un teatro nel centro di Stoccolma per attività di ricerca e produzione musicale. In Italia decine di associazione concertistiche sono scomparse in seguito ai tagli dei finanziamenti alla cultura.

AAJ: Un ensemble è un archivio di memoria storica musicale oppure, diversamente, lavora sul vivo della musica intervenendo nella quotidianità in tempo reale?

A.L.: Entrambe le cose: credo che un percorso vivo di crescita culturale non possa prescindere dalla consapevolezza delle realtà del passato.

AAJ: Una delle attività che vi contraddistingue sono le produzioni commissionate da (ma anche per) Ars Ludi a compositori stranieri e italiani o Enti o Ensemble - che hanno percorsi alle volte molto diversi tra loro. Mi piacerebbe capire quali sono stati i progetti che vi hanno maggiormente coinvolto o che sono stati maggiormente formativi nel vostro percorso di ricerca.

A.L.: In riferimento anche a quanto abbiamo già detto, con Ars Ludi abbiamo percorso strade diverse, sempre animati da voglia di indagare e sperimentare. Esperienze fondamentali sia per nostra identità che per la nostra formazione, sono state da una parte le collaborazioni con i compositori: la drammaturgia musicale, la performance, l'interazione con l'elettronica sono state esperienze realizzate attraverso il lavoro con Giorgio Battistelli, Alvin Curran e i compositori del CRM. Da un'altra parte è stato molto stimolante collaborare con Enti di produzione musicali con i quali è stato possibile immaginare progetti di ampio respiro come ad esempio la Tetralogia del sogno e del dolore (prodotto insieme all'Aterforum Festival e ispirato alle musiche scritte dai Popol Vuh per i film di Werner Herzog).

AAJ: Pochi di questi progetti sono arrivati alla forma cd. "Percussione e oltre," che contiene il progetto "Anime di metallo," mi pare di enorme interesse e spessore. Ha già avuto due versioni questo lavoro. Ne è prevista una terza? Quali sono le principali differenze fra le due?

A.L.: Il brano Anima di metallo di Luigi Ceccarelli si è evoluto in seguito ai cambiamenti del mezzo informatico; anche Body & Sound (una performance per corpi ed elettronica di Tonino Battista) è stato eseguito in versioni diverse e ogni volta aggiornate ai progressi dell'elettronica.

AAJ: Sempre più importante è lo spazio che dedicate alla Cina. Mi riferisco alle due commissioni di Qu-Xiao-Song e Guo-Wenjing. Mi interessa capire se è un mondo (musicale) che frequentate e con quale avete rapporti.

A.L.: Ars Ludi è stato in assoluto il primo ensemble (italiano) di percussionisti ad esibirsi in Cina (a Pechino nel 1995). Di quella straordinaria esperienza ci è rimasto il rapporto con Guo-Wenjing la cui musica è ancora puntualmente presente in molti dei programmi che presentiamo.


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