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Ted Gioia: Delta Blues

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Delta Blues
Ted Gioia
504 pagine
ISBN: # 9788859266044
EDT
2020

Selezionato dal New York Times e da The Economist come uno dei cento migliori libri del 2008 vede la luce, grazie al sempre attento lavoro di Siena Jazz, una delle analisi più interessanti di sempre dedicate al mondo della musica blues.

Francesco Martinelli, tra i più nobili nomi della ricerca e della diffusione della cultura musicale e specificamente jazzistica del nostro paese, regala una saggia ed attenta traduzione di questo straordinario lavoro di Ted Gioia, fra i più stimati storici e divulgatori del jazz degli ultimi decenni, autore—fra il resto—degli utilissimi The History of Jazz e The Jazz Standards: A Guide to the Repertoire, entrambi sempre pubblicati dalla Biblioteca di cultura musicale di EDT/Siena Jazz.

Delta Blues è un libro dannatamente affascinante che l'autore ha voluto scrivere quasi fosse un romanzo. O meglio, romanzando con corretto gusto narrativo la storia della "musica del diavolo" che tutti sappiamo essere prodromo di gran parte della musica moderna così come la definiamo oggi.

Attraversando con estrema eleganza descrittiva la storia in gran parte poco conosciuta (almeno da questa parte dell'oceano) dell'affascinante mondo del blues, Gioia riesce a partorire un testo reattivo e didattico senza mai essere accademico, il suo scrivere è abile e convinto senza mai scendere nell'esercizio stucchevole e/o facilmente trionfalistico. La ricerca è evidente e realmente notevole con rimandi prospettici che aiutano a comprendere ciò che poi molti riconoscono quale una vera e propria epopea di un mondo (quello appunto dell'immenso Delta del fiume per eccellenza statunitense) oggi divenuto terra di conquista turistica proprio grazie al blues e alla sua variegata storia.

Anche gli inevitabili giudizi ai quali l'autore si trova dinnanzi e relativi a storie che erano, sono e resteranno sempre ambigue e da sviscerare con certezza, vivono di estrema ponderatezza e notevole capacità analitica. Le fonti sono tutte affidabili e certificate e laddove (come nel caso del celeberrimo aneddoto della vendita dell'anima al diavolo di Robert Johnson in un crocevia perso in un fuori città attorno ad una fatidica mezzanotte) serve essere creativi, Gioia c'è con la necessaria attenzione e ironia.

Stanley Crouch nel recensire il volume fu baciato dall'illuminazione quando sosteneva come "Ted comprende con eccezionale simpatia estetica e compassionevole timore le qualità umane che rendono questi uomini e ciò che hanno prodotto così importanti per tutti noi. In questo senso, questo libro è qualcosa di imperituro quasi quanto i suoi soggetti." La verità estrema sintetizzata in tre righe che dimostrano quanto davvero peculiare e stupefacente sia questa musica magica. La bravura dell'autore sta nell'avere intuito, dopo avere a lungo studiato cronaca e fatti, la necessità di astrarsi dalla materia per comprendere dall'alto, l'effettiva spiegazione del successo del blues.

Gioia racconta con intelligenza tanti perché. Ad esempio il perché della nascita del blues in un territorio così particolare e, analizzando geograficamente le mappe dei territori storicamente blues, i luoghi davvero importanti e storici che ne hanno stabilito la diffusione dapprima locale poi regionale e alla fine mondiale. Leggere della piantagione Dockery e del penitenziario Parchman e di quel certo Eddie "Son" House (mentore del già citato Robert Johnson) che vi fu rinchiuso per un paio di anni divenendo una sorta di depositario dei racconti cantati nelle piantagioni ove venivano impiegati molti reclusi (poi diventati figure essenziali del blues rurale), è delizia per occhi e mente. Le pagine corrono veloci e si arriva ovviamente anche ai "nomi monstre": a John Lee Hooker e a B.B. King. Anche in questi casi, come peraltro per molti altri nomi meno famosi, Gioia è illuminante: moltissime biografie del gotha del blues mantengono inspiegabili vuoti collegati ad enigmatici elementi di mistero attorno alla vita dei protagonisti. Lo studioso analizza e propone soluzioni estremamente penetranti, proprie di chi è capace di utilizzare al meglio l'intuito.

Ogni neofita del jazz e del blues sa bene che la diffusione e il successo di queste tipologie musicali sono frutto della Grande Migrazione Afroamericana che interessò gli Stati Uniti per oltre sessant'anni dal 1910 al 1970. I motivi che spinsero milioni di afroamericani (tra i quali anche molti futuri protagonisti del blues e del jazz) a lasciare gli stati del sud per le città industriali del nord sono legati al razzismo, alla ricerca di lavoro nelle città industriali e alla volontà di dare una migliore istruzione ai figli. Ovviamente portarono con sé anche la propria cultura e la loro musica.

Prima di approdare al capitolo dedicato a sua maestà B.B. King che diventò poi per tutti "il Re" per avere elettrificato il blues ed essere diventato il vero e proprio scienziato del caso prima a Memphis e poi 850 km più a nord a Chicago, Gioia affronta il tema della "urbanizzazione" del blues in uno dei capitoli più interessanti del volume che intitola "Smokestack Lightning," dal titolo di un leggendario brano di Howlin' Wolf pubblicato nel 1956 dall'altrettanto epica Chess Records.

Dalla trentina di pagine del capitolo si desume gran parte della storia dell'importante trasformazione del blues in qualcosa di più moderno. Oltre a quello di Wolf, qui appaiono i nomi di Sam Phillips (proprietario—boss della Memphis Recording Service), i fratelli Leonard e Phill Chess (ecumenici creatori dell'omonima etichetta discografica chicagoana) e, ovvia conseguenza, di giganti come Muddy Waters, Charley Patton, Sonny Boy Williamson II, Willie Dixon e i più giovani Ike Turner, Blind Willie Johnson, Junior Parker, James Cotton, Jody Williams, Lee Kennard e Hubert Sumlin solo per citarne alcuni.

Dopo il capitolo dedicato a B.B. King, con rara intelligenza Gioia scrive che ci si potrebbe fermare lì, anche perché il suo lavoro è essenzialmente dedicato al Blues del Delta e quindi alle origini. Ma, appunto con profondo acume prospettico, aggiunge un capitolo intitolato "Il revival del blues," ben sapendo che il Blues è l'unica musica che nonostante il passare degli anni non "passa" e non invecchia e anche perché, come lui stesso scrive nelle ultime righe del libro "molti degli ingredienti che hanno contribuito alla prima fioritura del blues del Delta—per così dire l'impronta sociologica, demografica e culturale—sono ancora presenti oggi nello stesso modo..."

A corredo, Francesco Martinelli arricchisce il tutto con note esplicative decisamente essenziali e un glossario che aiuta il lettore a conoscere tanti termini tecnici direttamente collegati a partire (e tanto per citare una sola voce) dall'importante "diddley bow," monocordo artigianale fatto da tavole, chiodi, bottiglia e cavo d'acciaio, ovverossia il primo poverissimo strumento usato da tanti bluesman che non avrebbero potuto permettersi una vera chitarra.

Non mancano, ovviamente, le letture consigliate e—notazione di merito—una lista di ascolti consigliati che—giustamente—snocciola cento titoli di brani e non di dischi anche perché nel vorticoso bailamme delle discografie per di più dedicate ad una tipologia così particolare quale quella della musica blues, spesso e volentieri si affrontano titoli ormai fuori catalogo oppure ripubblicati con edizioni ben differenti da quelle storiche che invece vengono consigliate.

Impeccabile e profondo. Se davvero volete sapere di più e immergervi in un pezzo di storia fondamentale di musica moderna, che siate studenti, appassionati o semplici curiosi non fatevi sfuggire questo libro davvero fondamentale.

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