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Salvador Sobral Quartet al Crossroads Reloaded Festival 2020
Salvador Sobral Quartet
Cortile del Palazzo dei Principi
Crossroads Reloaded 2020
Correggio
1.8.2020
Il cortile rinascimentale del Palazzo dei Principi di Correggio diventa lo scenario del primo concerto in Italia del cantautore lusitano Salvador Sobral, accompagnato sul palco dal pianista Max Agnas, dal contrabbassista André Rosinha e dal batterista Bruno Pedroso . Il concerto si svolge nell'ambito del Crossroads Jazz Reloaded 2020, festival che nonostante i rinvii (e le conseguenti defezioni) dovuti alla pandemia è riuscito a mantenere un programma di alto profilo internazionale, con musicisti del calibro di Paolo Fresu, Sarah McKenzie, Enrico Rava, Derek Brown e Ambrose Akinmusire, solo per dirne alcuni.
Quando intorno alle 20:30 il quartetto sale sul palco, Sobral, accolto da un pubblico caloroso, appare subito molto emozionato, trattandosi del suo primo concerto in Italia e della prima serie di esibizioni dal vivo dopo il lockdown, periodo in cui il cantautore di stanza a Lisbona è rimasto tutt'altro che fermo, tra attività di composizione del nuovo disco e live streaming dei suoi vari side projects quali "Una Région de canciones," "Salvador Sobral canta Brel" e il quartetto alternativo degli Alma Nuestra, sebbene il cantautore non abbia mai nascosto quanto la dimensione dal vivo abbia un valore del tutto speciale per un artista che come lui fa dell'improvvisazione e della condivisione delle emozioni la base fondativa della sua arte (come ha sottolineato in una recente intervista: «un concerto su Instagram è come una birra senza alcool»).
Il concerto di stasera è quasi interamente dedicato a Paris, Lisboa, il secondo disco (il primo in studio) di Sobral pubblicato dalla Warner Music Spain nel 2019, che ha segnato un passaggio da un jazz leggero dal respiro pop-rock dell'esordio di Excuse me a una rivisitazione in chiave new latin-jazz di grandi classici di autori quali Caetano Veloso, Jacques Brel e Chet Baker. Le canzoni dal vivo risultano ancora più valorizzate che sull'album grazie ai giochi vocali, alla presenza corporea festosa e agli atti improvvisatori di Sobral: con lui sul palco anche un rap gridato fra le corde di un pianoforte e una serie di assoli con un'immaginaria tromba fatta con mani e voce diventano normalità.
L'interplay con Rosinha e Pedroso, entrambi notevoli sia nel sostenere con ritmo e duttilità il canto melodioso di Sobral sia nel dipingere struggenti assoli di introduzione e di chiusura dei brani, è ormai collaudato, mentre regala suggestioni particolari il dialogo con il pianoforte di Agnas: su ammissione dello stesso Sobral al momento in cui presenta il pianista al pubblico, i due si sono incontrati durante una jam session in Svezia, e da allora il lusitano ha fatto di tutto per portare lo svedese nel quartetto; una scelta che si è rivelata particolarmente felice in ragione di quella straniante commistione fra algida compostezza scandinava e fantasia malinconica di matrice latina che i due sono capaci di attivare; il risultato è una nuova vita dei brani che acquistano in scorrevolezza pur senza snaturare quel tocco di classicismo che è al momento essenziale nell'arte musicale di Sobral. Il lisbonese illumina quest'alchimia con una voce fortemente espressiva al contempo selvaggia e infantile, capace di racchiudere in sé tutta la gamma di emozioni umane possibili.
Il finale è il momento che riserva maggiori emozioni: l'encore in particolare è caratterizzato dall'esecuzione solo piano e voce dell'inedita "Sangue do meu sangue," di "Amar pelos dois" con un nuovo arrangiamento e di una sorprendente reimmaginazione di "Caro amico ti scrivo" di Lucio Dalla. Il quartetto poi si ricompone per regalare al pubblico una chiusura memorabile con la samba danzante di "Anda estragar-me os planos" e l'espansione progressive-rock di "Bom ventu."
La dimensione live dimostra ancora più che su disco quanto Salvador Sobral incarni in maniera del tutto naturale la figura di cantautore contemporaneo: un ragazzo figlio dello sradicamento, cosmopolita nel suo vivere fra Parigi e Lisbona, poliglotta, viandante instancabile, straniero e originario di ogni Terra, amante di quella libertà del jazz che permette di connettere mondi e culture diverse fra loro.
Foto: Tiziano Ghidorsi.
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