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Michelangelo Scandroglio, un contrabbasso alla scoperta dell'Europa

Michelangelo Scandroglio, un contrabbasso alla scoperta dell'Europa
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Quello che cerco di fare tutti giorni, fin da quando mi sveglio, è cercare di andare avanti nella ricerca, perché credo che il compito di un artista sia quello di cercare nuovi suoni e nuove musiche
Contrabbassista grossetano rivelatosi tre anni fa con una notevole opera prima, In the Eyes of the Whale, Michelangelo Scandroglio è un musicista molto giovane e molto attivo. Trasferitosi da qualche anno a Parigi, continua tuttavia a essere assai presente sulla scena italiana in numerose formazioni, dedicandosi contemporaneamente a mettere in piedi progetti con giovani musicisti della scena internazionale.

L'abbiamo incontrato per parlare con lui della sua fervente attività artistica, approfittando della sua presenza a una residenza organizzata Toscana Produzione Musica presso il PARC di Firenze (clicca qui per leggere la recensione del concerto), durante la quale ha messo a punto il nuovo materiale per Ment4l, quartetto europeo che condivide con il pianista scozzese Fergus McCreadie, il chitarrista lituano Mindaugas Stumbras e il batterista toscano Mattia Galeotti.

All About Jazz: Ultimamente, a dispetto del tuo vivere all'estero, ho avuto numerose occasioni di vederti all'opera in vari contesti, dal concerto-laboratorio con Jeff Ballard al trio di Stefano Maurizi, del quale fa parte anche Mattia Galeotti, che è con te anche in questo originale progetto multinazionale. Puoi dirci qualcosa di questo quartetto?

Michelangelo Scandroglio: Il progetto, come molti altri che ho ideato, nasce da Siena Jazz. Ci siamo infatti conosciuti cinque anni fa ai seminari estivi, dopo i quali abbiamo avuto alcune opportunità di suonare assieme, mantenendoci in seguito sempre in contatto. L'idea di dar vita a un gruppo come questo è nata certo dalla simpatia reciproca e dall'intesa subito riscontrata nel suonare assieme, ma anche da due ben precise componenti artistiche: la comune predisposizione a unire la musica popolare e folklorica dei nostri rispettivi paesi con la musica contemporanea e l'intenzione di far sì che tutti fossero compositori dei brani della formazione, così da renderne più poliedrici sia i brani, sia il sound. Tutto questo avveniva già nel primo album, Being Human, uscito due anni fa, nel quale tuttavia, a nostro parere, si percepiva una certa disuniformità del suono e dei materiali, ragione per cui ci siamo in seguito impegnati per far sì che il risultato complessivo fosse più unitario, pur mantenendo in scaletta brani composti da ciascuno dei quattro.

AAJ: Dove si può trovare il primo album?

Ms: Su Spotify... è uscito solo in digitale. Ovviamente nel gruppo si sente molto l'impronta di Fergus, il pianista, che fa valere nelle composizioni e anche negli assoli la sua forte matrice scozzese, derivata dalla musica popolare del suo paese. Mindaugas invece è lituano, anzi è uno dei giovani musicisti più apprezzati del suo paese, ed è davvero un compositore notevole, tanto che gli abbiamo affidato il ruolo di direttore musicale della formazione. E poi ci siamo io e Mattia, che completiamo la sezione ritmica, ma siamo anche entrambi compositori per il gruppo.

AAJ: Finora quanto avete suonato assieme?

MS: Abbiamo fatto alcuni tour: due in Scozia, uno in Italia, con diversi concerti. Nella residenza di questi giorni, però, abbiamo messo a punto il nuovo programma, con le composizioni realizzate negli ultimi tempi e che porteremo sia nei prossimi concerti, sia a breve in sala di registrazione per il nuovo CD.

AAJ: A parte Ment4l, tu sei comunque in un periodo di grande attività: ho visto che sarai presente al Grey Cat Festival con un altro quartetto multinazionale.

MS: Il Grey Cat ha deciso di produrre ogni anno una residenza internazionale e mi ha assegnato sia la produzione artistica della residenza, sia la direzione musicale in quanto musicista. Quest'anno abbiamo deciso di creare una collaborazione con l'Inghilterra, anche perché io da diversi anni faccio la spola con Londra e ho avuto la possibilità di immergermi nella scena musicale inglese e di conoscerla a fondo. Così, con la collaborazione del London Jazz Festival e del Cambridge Jazz Festival, ho deciso di invitare una serie di musicisti che a mio parere sono tra i punti di riferimento di quella scena musicale, tutti molto giovani ma anche molto noti nel Regno Unito. Il progetto prevede un quartetto con due artisti inglesi e due italiani: i primi sono il sassofonista Alex Hitchcock e il batterista Myele Manzanza, mentre oltre a me l'altra italiana è la pianista e tastierista romana Maria Chiara Argirò, che vive da molti anni a Londra e perciò sta coltivando un percorso artistico molto interessante sia come strumentista, sia come compositrice.

AAJ: Sei quindi un attento conoscitore della nuova scena inglese. Io ho avuto occasione di ascoltare qualcosa al Jazz&Wine Festival di Cormons, che nelle ultime edizioni le ha dedicato una sezione. Personalmente non ne sono stato troppo convinto, ma è il mio personale punto di vista. Tu che ne pensi?

MS: Tenuto presente che le proposte inglesi sono anche molto diverse tra loro, se devo dare un giudizio sulla base di elementi che tendono ad accomunarle direi che non si tratta di una musica "da ascolto," come quella che spesso si preferisce in Italia: invece di privilegiare la complessità o la bellezza delle composizioni, tende a creare un immaginario sonoro attraverso ritmi che si ripetono, melodie minimali e ricerca di suoni. È diversa da quel che si ascolta di solito da noi, e forse proprio per questo a me affascina molto.

AAJ: Tutto questo come si sposa con quel che hai fatto in passato, per esempio con la tua formazione che ti ha rivelato con In the Eyes of the Whale?

MS: In realtà quel gruppo si sta esaurendo e il mio nuovo disco, che uscirà a ottobre, è molto influenzato proprio dalla musica che ho frequentato a Londra. Tanto che non vi suono il contrabbasso, bensì il basso elettrico, e che c'è un forte lavoro sulla ricerca sonora, svolto anche in fase di postproduzione. È un disco fatto di brani molto compatti, che —come appunto avviene nella musica britannica —non si basano su strutture compositive troppo elaborate, quanto piuttosto su un attento lavoro sui suoni.

AAJ: Prendendo il termine con le molle, una sorta di fusion, però del Terzo Millennio?

MS: Esatto.

AAJ: Ma tu, che vieni da lavori tuoi anche molto strutturati e che, al contrabbasso, hai un suono acustico piuttosto "importante," come vivi questa sorta di metamorfosi, musicale ma, mi sembra, anche culturale?

MS: Come una grande opportunità! Quello che cerco di fare tutti giorni, fin da quando mi sveglio, è cercare di andare avanti nella ricerca, perché credo che il compito di un artista sia quello di cercare nuovi suoni, nuove musiche, attraverso il contatto con altri mondi e altre ispirazioni. Magari senza dimenticarsi da dove si proviene. Adesso il mondo e le ispirazioni con cui sono in contatto sono questi e l'importante per me è comprenderle, assimilarle e sperimentare a partire dalle mie basi, ma confrontandomi e mettendo a frutto quello che ricevo.

AAJ: Del resto non si deve dimenticare che sei un allievo di Ares Tavolazzi, il quale —magari nella direzione contraria, partendo dagli Area per andare verso il jazz acustico —ha fatto il medesimo percorso.

MS: Esatto, lui è partito dal basso elettrico e dal rock-jazz, per poi passare al contrabbasso e alla musica rigorosamente strutturata. Un modo speculare a quello che sto facendo io, ma sempre a ricerca del nuovo e della "verità" nella musica.

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