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Dino Betti van der Noot: Let Us Recount Our Dreams

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Dino Betti van der Noot: Let Us Recount Our Dreams
Non finisce di meravigliare Dino Betti van der Noot che ormai da vent'anni con cadenza biennale sforna album rari per tipologia —big band, qualcosa che ormai è quasi impossibile far suonare, specie in Italia—e unici per modalità compositive e ricchezza di suoni. Così, a due anni da The Silence of the Broken Lute , ecco adesso questo Let Us Recount Our Dreams, con una formazione quasi invariata e sempre di ben ventidue elementi, ancora una volta con composizioni nuove, costantemente cangianti e ricche di suoni scintillanti.

È in particolare quest'ultima caratteristica dei lavori di van der Noot a colpire fin dal primo momento del brano eponimo, che apre l'album: le percussioni, il vibrafono, l'arpa, le tastiere scatenano davanti all'ascoltatore uno scenario di luci che spiazza e stupisce, che prelude e poi si affianca alle narrazioni dei fiati e degli archi, costituendone una mutevole cornice senza la quale il quadro sarebbe tutt'altra cosa. L'ascolto fa l'effetto di qualcosa di mai udito, un'impressione forse inesatta, perché questo è non da ora il suono dei lavori di Dino, ma che è prodotta non solo dallo splendore e dall'espressività di quel suono, ma anche dal suo essere del tutto unico: lo si ascolta solo dalla sua orchestra e nelle sue composizioni.

Queste ultime, come nel suo stile, sono affreschi complessi e in continuo mutamento, che vivono delle pennellate dei singoli, gli assoli dei quali ne cadenzano il procedere, ma anche della narrazione che racchiudono: ora sospesa e sognante, come nel brano di apertura, ma anche con scatti impetuosi, quando i solisti si alternano con brevi assoli incrociati; ora più incedente e festosa, come in "Children of Zodiac" —che pur si chiude con una mirabile dissolvenza —e "High Seas" —invece concluso da uno straniante assolo del soprano di Sandro Cerino, dedicato a Wayne Shorter ma che invece ricorda Eric Dolphy —; ora romantica e malinconica, come in "Love Song of a Blue Gal" —nel quale spicca il contrasto tra gli splendidi assoli in successione di Cerino al clarinetto basso e Niccolò Cattaneo al pianoforte.

Forse più che altrove, spicca nelle narrazioni un anelito alla trascendenza, che ha origine dall'originaria formazione classica di Dino Betti, che porta ripetutamente i brani a impennarsi sia dinamicamente, sia per l'intensità degli impasti; e tuttavia ogni volta c'è un ritorno riflessivo sui propri passi, una riscoperta delle basi da cui si era partiti, forse perché i sogni son sogni, ma devono comunque avere la consapevolezza d'esser tali, o rischiano di trasformarsi in incubi. Qui la consapevolezza c'è, e gli esiti di ogni sviluppo sono chiari, quieti, compiuti.

Ovunque, comunque, quel che lascia a bocca aperta sono i colori, che scintillano qua e là illuminando le linee melodiche, sempre distese, narrative e "cucite" dal basso elettrico di Gianluca Alberti —ruolo tanto fondamentale, quanto originalmente interpretato, il suo —, oppure si impastano assieme, dando vita a scenari che sembrano prodotti da un caleidoscopio sonoro, nel quale svolgono una parte essenziale le percussioni di Tiziano Tononi, Stefano Bertoli e Federico Sanesi, ma anche l'arpa celtica di Vincenzo Zitello e il vibrafono di Luca Gusella .

Tutti comunque bravissimi gli interpreti, imprescindibili nei loro assoli, da Giulio Visibelli a Luca Begonia e Alberto Mandarini, fino ai due che, come in altri album, più si mettono in luce: Emanuele Parrinialter ego di Dino Betti, anch'egli originariamente violinista —e Cerino—ogni assolo del quale, con qualsiasi strumento, è una piccola gemma. Anche se, in questo lavoro, merita una menzione particolare anche Cattaneo, più e più volte autore di passaggi che illuminano il panorama sonoro.

Ancora un grande lavoro, dunque, per Dino Betti van der Noot, ogni volta capace di dire qualcosa di nuovo —e di bello —pur rimanendo coerente al proprio stile e ai propri interpreti. La sola cosa che ogni volta si ripete nei suoi dischi è la magia.

Album della settimana.

Track Listing

Let Us Recount Our Dreams; Children of the Zodiac; Love Song for a Blue Gal; High Seas; The Night's Black Mantle.

Personnel

Dino Betti van der Noot
composer / conductor
Luca Begonia
trombone
Sandro Cerino
saxophone, alto
Andrea Ciceri
saxophone, alto
Giulio Visibelli
saxophone, tenor
Rudi Manzoli
saxophone, tenor
Gilberto Tarocco
saxophone, baritone
Luca Gusella
vibraphone
Filippo Rinaldo
keyboards
Gianluca Alberti
bass, electric
Additional Instrumentation

Gianpiero LoBello, Alberto Mandarini, Mario Mariotti, Paolo De Ceglie: flugelhorn; Gianfranco Marchesi: bass trombone; Sandro Cerino: flute, dizi, bass clarinet, soprano saxophone; Giulio Visibelli: flute; Gilberto Tarocco, clarinet; Stefano Bertoli, drums; Tiziano Tononi, percussions; Federico Sanesi, tabla.

Album information

Title: Let Us Recount Our Dreams | Year Released: 2023 | Record Label: Audissea


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