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Jazz & Dance: modi diversi di unire le due arti

Jazz & Dance: modi diversi di unire le due arti

Courtesy Emanuele Meschini

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Sebbene gran parte del jazz nasca dalla musica da ballo e nella sua storia non manchino importanti collaborazioni di musicisti con danzatori —il primo che viene in mente è Steve Lacy —, oggi i rapporti tra questa musica e l'arte della danza non sono frequentissimi.

Da un po' di tempo, tuttavia, qualcosa dalle nostre parti si sta muovendo: in un'intervista di qualche anno fa Dan Kinzelman ci parlava del suo progetto in duo con il danzatore Daniele Ninarello, che purtroppo non siamo mai riusciti a documentare, e già da tempo vanno avanti le collaborazioni di Simone Graziano con la danzatrice Claudia Caldarano e di Silvia Bolognesi con la compagnia di danza Company Blue. Due progetti, questi, assai diversi tra loro e che abbiamo avuto modo di seguire a breve distanza l'uno dall'altro.

Piano Solo Corpo Solo
Firenze
La democrazia del corpo
Cango
6.12.2023

"Piano Solo Corpo Solo" —questo il titolo dello spettacolo di Graziano e Caldarano —ha avuto una lunga gestazione, nascendo a cavallo del periodo della pandemia ed evolvendosi nel corso delle prime rappresentazioni, ma ormai da un paio d'anni si è strutturato in una forma piuttosto precisa. Riprende in parte le musiche del disco in solitudine del pianista, Embracing The Future —che, come si ricorderà, vede lo strumento sottoposto a una capillare "preparazione" —ma le amplia e riadatta di volta in volta in funzione dello sviluppo della performance, la quale —come da titolo —ruota attorno alla ricerca di un contatto intimo tra le separate individualità dei due artisti, attraverso il tentativo di pensare, respirare, vivere in simbiosi l'azione. Per superare la separazione degli spazi, la danzatrice, avvolta in una tuta di seta, si muove esclusivamente su una lucida cassa nera che emula un prolungamento della coda del pianoforte, nell'occasione cui abbiamo assistito posto alle sue spalle.

La ristrettezza degli spazi della coreografia, la forte strutturazione e la scelta stilistica di Caldarano —storica componente della compagnia di Virginio Sieni —danno vita a un'azione in cui prevalgono movimenti sinuosi e sussultori, ma anche piuttosto spigolosi, che la danzatrice ha eseguito inizialmente perlopiù distesa sopra la cassa, poi in piedi, con frequenti ricadute, quindi anche avvinghiandosi attorno a essa e, solo sporadicamente, volteggiandole attorno. Solo in brevi passaggi i due hanno operato in solitudine, quasi a dare il senso della distanza sempre pronta a prendere il sopravvento sul contatto e la relazione, che per tutta la performance si tentava di colmare. Non mancava un'attenzione verso il pubblico, nel tentativo di erodere anche la distanza tra esso e gli artisti in palcoscenico. Tutto questo ha conferito allo spettacolo un marcato senso di drammaticità, quasi tragica, che sottolineava la faticosa temerarietà dell'ideale progetto ispiratore, quello del superamento delle due indivividualità, che conferiva anche un suo significato a quei momenti in cui musica e movimenti non apparivano pienamente accordati.

L'esito di questa commistione di progettualità e creatività performativa è stato un indubbio successo complessivo, non solo perché i circa tre quarti d'ora di spettacolo hanno affascinato il pubblico, attentissimo e partecipe, ma anche e soprattutto perché le figurazioni disegnate dalla danzatrice con il proprio corpo hanno indubitabilmente valorizzato la musica del pianoforte, già di per sé bellissima. Una cosa tutt'altro che scontata e segno tangibile dell'eccellente integrazione delle due arti.

Fermentazioni 09122023
Sesto Fiorentino
Fuori dal corpo
Teatro della Limonaia
9.12.2023

Andato in scena solo tre giorni più tardi presso il Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, "Fermentazioni 09122023" era definito da caratteri totalmente diversi dall'altro: interamente improvvisato, vedeva ben cinque danzatori agire su un palcoscenico molto ampio con l'accompagnamento di due musicisti. A dirigere dall'interno la performance l'inglese Julyen Hamilton, straordinario maestro dell'improvvisazione nella danza che ha collaborato negli anni con musicisti come Barre Phillips, Michael Moore, Tristan Honsinger, Sebi Tramontana, Fred Frith, Daniel Humair. A danzare al suo fianco Alessandro Certini, Charlotte Zerbey, Claudia Catarzi e Nicola Cisternino, mentre alle musiche, anch'esse totalmente improvvisate, Silvia Bolognesi al contrabbasso e Griffin Alan Rodriguez all'elettronica.

La completa diversità degli elementi ha dato vita a uno spettacolo di tutt'altro genere rispetto al precedente: i danzatori si muovevano in piena libertà nel vastissimo spazio, ora in solitudine, ora a coppie, ora persino in effimeri gruppi; le figurazioni erano perciò in continuo mutamento, avvalendosi delle maggiori possibilità offerte dall'incontro di più corpi; l'assenza di "programma" tanto per la musica, quanto per la coreografia, rendeva più spontanea un'immediata interazione tra suono e movimenti; quest'ultimo aspetto, riducendo la tensione performativa e aggiungendovi ludicità, toglieva allo spettacolo gran parte dell'elemento drammatico, conferendogli invece ironia e perfino comicità, esaltate anche dall'uso della voce da parte dei danzatori, che ora borbottavano, sottolineando gesti e situazioni, ora persino recitavano frasi surreali, dando alla performance fisica un significato diverso e avvicinandola anche al teatro.

La musica, dal canto suo, era probabilmente meno evocativa e affascinante, ma —tanto nei robusti arpeggi del contrabbasso, quanto nelle invenzioni sonore dell'elettronica—andava sistematicamente a evidenziare espressivamente il quadro in movimento composto dai danzatori. Anche grazie alla loro imprevedibilità, i suoni erano in tale perfetta simbiosi con gli eventi sul palcoscenico da far apparire spesso totalmente sincronica la loro genesi e rendendo sempre difficile decidere quali dei due gesti artistici, di momento in momento, ispirasse l'altro. In questo senso, la musica era qui da un lato meno "separabile" dai gesti corporei, dall'altro da questi anche meno "valorizzata" che non nell'altro spettacolo —e ciò non per un maggiore o minor valore della musica in quanto musica, bensì proprio per una maggiore simbiosi dei due elementi della performance.

Due esperienze artistiche affascinanti e assai ben riuscite, dunque, l'indubbio interesse delle quali è stato nel nostro caso amplificato dall'aver assistito alla loro messa in scena a così poco tempo di distanza, potendo in tal modo apprezzare non solo le loro qualità intrinseche, ma anche le loro forti differenze. Modi diversi di coniugare musica jazz e danza contemporanea, suono e movimenti, sfruttandone ciascuna alcuni altrettanto diversi aspetti —liricità, drammaticità, tensione progettuale verso la forma "Piano solo corpo solo"; libertà, spontaneità, ironia e ludicità "Fermentazioni 09122023" —così da ottenere spettacoli qualitativamente impossibili da comparare.

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