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Intervista a Dimitri Grechi Espinoza

Intervista a Dimitri Grechi Espinoza
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Dimitri Grechi Espinoza è uno dei musicisti più originali e atipici del nostro paese. Titolare di vari gruppi—dal noto Dinamitri Jazz Folklore (clicca qui per leggere la recensione di un recente concerto del gruppo) all'Artistic Alternative, fino al duo con Tito Mangialajo Rantzer (clicca qui per leggere la recensione del "secondo volume" del loro When We Forgot the Melody)—e collaboratore di molte e diverse formazioni, Espinoza è guidato nella sua attività artistica da un profondo spiritualismo del quale ci parla anche in questa intervista.


All About Jazz: Abbiamo avuto occasione di intervistarti oltre dieci anni fa, quando il Dinamitri Jazz Folklore era al secondo album, stavi lavorando con Gomà Parfait Ludovic e ricercavi nella musica il valore terapeutico che essa ha in Africa. Da allora hai attraversato molte esperienze: puoi farcene una sintesi?

Dimitri Grechi Espinoza: I Principii tradizionali che ho conosciuto attraverso l'incontro con Gomà hanno guidato fino a oggi il lavoro musicale sia del Dinamitri sia il mio personale, facendomi scegliere un percorso artistico che, in primo luogo, mirasse a migliorare la conoscenza del nostro rapporto con il cosmo e allo sviluppo positivo dei rapporti che ci legano in quanto essere umani prima che musicisti; con il Dinamitri abbiamo lavorato nella prospettiva di creare una "comunità" onesta e seria nei confronti delle nostre proposte musicali. Inoltre ho beneficiato dei rapporti con Paolo Botti, Tito Mangialajo Rantzer, Filippo Monico e Massimo Minardi, con i quali condivido idee significative riguardo alla musica jazz. Infine, grazie alla Fondazione Fabbrica Europa di Firenze a al Progetto Azalai relativo al Festival Au Desert in Mali, negli ultimi tre anni ho potuto continuare l'approfondimento della musica e della cultura africana.

AAJ: Goma, Sadiq Bay, Amiri Baraka, Piero Gesué: la voce—più precisamente, direi, la parola—ha una certa importanza nella tua musica

D.G.E.: Cerchiamo di raccontare storie....

AAJ: A distanza di tanto tempo, sembra essere comunque rimasto immutato un nucleo importante della tua poetica: uno spiritualismo, però strettamente connesso alla realtà sociale.

D.G.E.: Nei Principii Tradizionali Africani che conosco, il ruolo dell'artigiano/musicista consiste principalmente nel trasmettere delle conoscenze cosmologiche, salvaguardandole dall'oblio e riattualizzandole in maniera che la comunità alla quale appartiene ne possa trarre concretamente beneficio.

AAJ: Fai riferimento a qualche tradizione spiritualista in particolare? E, comunque, puoi darci qualche indicazione di questi Principii e dirci come si integrano con la musica?

D.G.E.: Posso fare un esempio che, a quanto conosco, nei trattati sul jazz non è mai stato indicato e che mette in luce come in una cultura Tradizionale, come quella Kongo, vengano trasmesse alla comunità delle conoscenze di ordine cosmologico. Tutti riconoscono allo "swing" una qualità peculiare, espressa assai bene dal titolo del celebre brano di Duke Ellington It Don't Mean a Thing If It Ain't Got That Swing; ma che cosa è che rende un ritmo "swing"? Nella tradizione Kongo la risposta è nel rapporto simbolico del numero 4 (numero pari e simbolo femminile) e del numero 3 (dispari e maschile), dalla loro presenza simultanea nella pulsazione ritmica. Il 4 (esteriormente manifesto) è in relazione con la terra e il 3 (internamente nascosto) in relazione con il cielo; la loro compenetrazione regola il nostro mondo e dona a tutti gli esseri la forza vitale. Per questo lo "swing" si danza ed è per la sua eredità africana e per le conoscenze cosmologiche che racchiude che lo "swing" ha una qualità altamente positiva.

AAJ: Come leghi questo nucleo alla tradizione jazzistica e all'improvvisazione? Più concretamente: che relazione c'è tra i lavori del Dinamitri e quelli dell'Artistic Alternative o del duo con Mangialajo, che sembrano più "tradizionalmente" free jazz?

D.G.E.: Il Dinamitri dal 2003 è indirizzato specificatamente allo sviluppo di progetti musicali inerenti al nucleo del quale parli; nelle mie altre collaborazioni, come ho già precedentemente sottolineato, cerco invece punti di incontro comuni su tale nucleo. La musica Jazz e i suoi possibili linguaggi mi interessano solo laddove sia possibile raccontare storie che nascondano nel suono e nella forma conoscenze reali sul rapporto che lega l'essere umano al cosmo.

AAJ: Puoi farci qualche esempio in cui ciò avviene, anche in riferimento ad alcuni dei tuoi lavori?

D.G.E.: Per esempio nella musica della "Società delle Maschere" abbiamo "raccontato," descrivendoli sonoramente, i 5 elementi che cosmogonicamente sono all'origine del nostro mondo: la Terra, l'Acqua, il Fuoco, l'Aria, l'Etere.

AAJ: Qual è il tuo concetto di improvvisazione?

D.G.E.: Non ho un "mio concetto di improvvisazione": conosco differenti punti di vista su "come si improvvisa e perché." Alcuni—in special modo fra quelli che si legano alla cultura musicale occidentale sia classica che jazzistica—mi sembrano assolutamente insufficienti e superficiali nel fornire i mezzi e le conoscenze necessarie per consentire sia al musicista che pratica "l'improvvisazione," sia all'ascoltatore, di andare al di là di un "godimento estetico" del risultato di tale pratica. L'improvvisazione—o per meglio dire, l'arte della variazione—nelle culture tradizionali veniva e viene usata per indirizzare l'ascoltatore, attraverso una "esperienza estetica e razionale," a entrare in rapporto diretto (conoscitivo) con ciò che un essere umano è nel profondo e con ciò che contemporaneamente trascende lo stato di "essere umano."

AAJ: I tuoi spettacoli—perfino alcune tue performance in solitudine—sono spesso caratterizzati da una certa teatralità, quasi provocatoria. Qual è il rapporto tra suono e gesto nella tua musica?

D.G.E.: Il suono ha origine da un "gesto," ossia da una messa in azione di movimenti corporei, i quali sono sottoposti al tempo e allo spazio, due delle condizioni esistenziali del mondo nel quale viviamo. Una volta stabilito un centro, è dalle conseguenti sei direzioni spaziali che nascono e si sviluppano i movimenti, che simboleggeranno sempre (che lo si sappia o no) le tre tendenze fondamentali che dominano il nostro mondo: Espansione-Sviluppo-Contrazione. Il gesto sonoro è divenuto nella mia attività musicale "azione rituale."

AAJ: Il progetto delle Società delle Maschere volge al termine: cosa si profila all'orizzonte del Dinamitri, e cosa invece su altri versanti del tuo lavoro?

D.G.E.: Abbiamo deciso, esaurendo il lavoro della "Società delle Maschere," di lavorare a un nuovo progetto nel quale ogni musicista del Dinamitri proporrà una composizione su un tema da me definito. Tale tema sarà ancora una volta un simbolo di alcuni Principii cosmologici sui quali avremo modo noi stessi di meditare; speriamo, il prossimo anno, di poter offrirne il risultato musicale. Per quanto mi riguarda, da una decina di anni lavoro a un progetto di sax solo, sfruttando l'acustica che possono offrire alcune chiese o luoghi sacri come, per esempio, il Battistero della Piazza dei Miracoli di Pisa. Grazie alle conoscenze che mi sono state trasmesse, "essere un musicista di jazz" rappresenta per me (come John Coltrane stesso ci ricorda) una via di conoscenza piuttosto che una ricerca di soddisfazioni individualistiche.

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Keane

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