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Crosscurrents Trio: l'Oriente incontra l'Occidente

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Per me questa musica rappresenta la convergenza di diversi punti di vista e l'opportunità di creare un punto d'incontro fra queste differenze. È la situazione perfetta per rappresentare ciò che spero per l'evoluzione delle persone. È a questo che si riferisce la "Buona Speranza" che dà il titolo al nostro album.
—Dave Holland
Il Crosscurrents Trio è composto da tre maestri dell'improvvisazione quali Dave Holland, Zakir Hussain e Chris Potter. Emanazione di un progetto in settetto nato da un'idea di Hussain, il trio si fonda sul desiderio di esplorare le connessioni culturali e musicali tra Oriente e Occidente. In questo prospettiva la musica non rappresenta unicamente una forma di espressione personale dei tre artisti, ma un modo per comprendere la realtà attraverso un'intensificazione delle relazioni umane basate sul rispetto e il dialogo reciproco.

Il primo album del Crosscurrents Trio, Good Hope (Edition Records, 2019), è un lavoro brillante e coeso che mira a ispirare le nuove generazioni a sviluppare un senso più profondo di umanità attraverso la celebrazione delle diversità culturali.

All About Jazz: Il Crosscurrents Trio è un "supergruppo" ma molto differente rispetto ad altri supergruppi, che sono spesso poco più che una collezione di grandi nomi che suonano assoli potenti senza molta chimica di gruppo. Come siete riusciti a sviluppare un'identità di gruppo che va ben oltre la somma delle vostre individualità?

Zakir Hussain: Nel nostro trio è come se suonassimo un unico strumento e la musica che ne viene fuori è la fusione di tre diversi pensieri in un'unica idea. Ciò è possibile solo se i musicisti che suonano insieme sono capaci di stabilire delle relazioni umane fra di loro. Quando ciò accade, allora si è capaci di interagire. Si può conversare e capirsi a vicenda. Dunque per noi è possibile suonare escludendo ogni tipo di problemi di ego. Siamo sempre e solo noi tre che creiamo musica insieme, facendo a turno nel prendere un ruolo guida. Dave Holland è il musicista più famoso nel nostro gruppo, ma lascia me e David prender parte all'intero processo in maniera democratica. Questo ci consente di creare una musica straordinaria.

Dave Holland: Non ho mai usato il termine "supergruppo" perché quando sono coinvolto in un progetto, ciò che conta è la musica e la relazione che si instaura fra i musicisti. Il Crosscurrents Trio è composto da grandi musicisti che hanno delle personalità molto forti ma ciò che conta per noi è il modo con cui interagiamo creativamente in maniera organica. Abbiamo punti di comunanza e aspetti per i quali possiamo imparare l'uno dall'altro crescendo attraverso questo processo.

AAJ: Prima suonavate in una formazione più estesa con il nome di "Crosscurrents" (che comprendeva, fra gli altri, il chitarrista Sanjay Divecha, il pianista Louis Banks, il batterista Gino Banks, e il cantante Shankar Mahadevan), cosa vi ha portato a riunirvi nella forma del trio?

DH: Abbiamo apprezzato molto i Crosscurrents, con i quali abbiamo fatto già due tour. Durante i concerti con il gruppo allargato, ogni tanto suonavamo in formazione ridotte. Una di queste era il trio con Chris, Zakir ed io. Ci è piaciuto immediatamente, e, dopo aver suonato insieme un paio di volte, abbiamo pensato che sarebbe stato fantastico creare qualcosa fra noi tre: un nuovo progetto, che non fosse necessariamente in contraddizione con la formazione estesa ma che potesse offirci la possibilità di esplorare più in profondità la relazione musicale fra di noi. Siamo stati in tour la scorsa estate come trio, e ci è apparso subito evidente che dovevamo fare un disco. Tre settimane dopo il tour eravamo in studio a registrare Good Hope.

AAJ: Con Good Hope state diffondendo un messaggio di favore del superamento dei confini culturali. L'idea di creare una "musica senza confini" è stata un fattore chiave per il trio, o si tratta invece di una naturale conseguenza della convergenza di tre musicisti dalla mentalità aperta? Pensate che la musica possa ancora influenzare la società e generare riflessioni in un'epoca caratterizzata dal dominio dell'istinto sulla ragione e dalla banalizzazione?

Chris Potter: Sì, credo che la musica possa ancora influenzare la realtà e rendere il mondo un luogo migliore in cui vivere. Riusciresti a immaginare lo scenario opposto? Un mondo in cui non esistono artisti che possano diffondere messaggi positivi verso la società? Sarebbe uno scenario terrificante. Nel Crosscurrents Trio veniamo da culture diverse ma abbiamo delle mentalità aperte e il dialogo fra di noi è sempre molto intenso: ci poniamo continuamente domande, e non solo riguardo la musica. Discutiamo delle nostre radici, delle tradizioni e delle culture a cui apparteniamo. Credo che l'idea di creare una "musica senza confini" sia per noi il frutto naturale del nostro modo di pensare e lavorare insieme.

ZH: Non so se i musicisti possono cambiare quello che accade nel mondo ma è possibile per loro diffondere un messaggio che è la voce di tante altre persone. Credo che sia molto interessante che Chris, Dave e il sottoscritto proveniamo da percorsi diversi ma condiviamo l'amore per la musica. E dunque quando le persone ci vedono interagire si rendono conto che non esistono confini fra di noi, sebbene io sia un musulmano nato in India, Dave Holland sia inglese e Chris Potter sia metà est europeo e metà americano. Siamo in grado di suonare musica come un linguaggio comune fra di noi e trasferire ai nostri il fan il messaggio che è possibile andare oltre i confini e vivere in amicizia, amore e armonia.

DH: Dipende molto dalla musica. Siccome la musica improvvisata è creata nello stesso momento in cui viene suonata, chi la crea deve per forza avere un approccio altruista ed essere interessato tanto a sé stesso quanto a ciò che fanno gli altri musicisti del gruppo. Il focus è il dialogo fra di noi. Credo che sia una questione di umanità. Si tratta di ciò che siamo in quanto essere umani. Siamo una famiglia. Ciò potrebbe non essere ovvio per molti politici ma siamo tutti fratelli e sorelle a questo mondo. Questa musica rappresenta per me la convergenza di diversi punti di vista e l'opportunità di creare un luogo d'incontro fra queste differenze. È la situazione perfetta per rappresentare ciò che mi auguro per l'evoluzione delle persone. È a questo che si riferisce la "Buona Speranza" che dà il titolo al nostro album. Nelle relazioni internazionali, i confini sono il risultato di accordi. Sono artificiali. In natura non esistono confini. Se dentro di noi decidiamo che non ci sono confini, questi confini spariscono. È una decisione che ognuno di noi può decidere di prendere. In una situazione creativa ciò a cui aspiriamo è uno sforzo creativo unificato da parte dell'intero gruppo.

AAJ: Quali sono le sfide e le opportunità nel creare un ponte fra le tradizioni musicali indiane e il jazz? Come avete dovuto addattare i vostri approcci entrando in questo trio?

ZH: Quando suoniamo, ci lasciamo alle spalle le nostre tradizioni. Nel senso che restano sempre lì e se vogliamo possiamo servircene, ma dobbiamo adoperarci per trovare un linguaggio comune. Quindi non si tratta della musica né delle tradizioni. Ciò che conta è la mente delle persone con cui si lavora. Se quella mente è aperta, allora possiamo fare musica insieme e può essere speciale e positiva. Bisogna conservare sempre una mentalità aperta.

DH: La musica indiana e il jazz sono due importanti tradizioni fondate sull'improvvisazione. Condividono molti aspetti, in paricolare il fatto di essere molto ritmiche. I loro approcci sono in qualche modo differenti ma nella loro evoluzione si sono avvicinate. Ciò che trovo molto stimolante riguardo il nostro trio è che le correnti trasversali tra i nostri rispettivi percorsi ci stanno aiutando a crescere come musicisti e imparare l'uno dall'altro. Zakir porta con lui le influenze dal mondo classico indiano e dall'aver suonato con musicisti provenienti da Cuba, dall'Africa e da ogni parte del mondo. Io, a mia volta, ho realizzato progetti di flamenco e con musicisti arabi. Questo è parte di ciò che ci stimola in quanto musicisti, e lo riversiamo nell'ambito di tutti i progetti in cui siamo coinvolti.

AAJ: Mr. Hussain, lei ha suonato con notevoli personalità del jazz, da Charles Lloyd a Joe Henderson e John McLaughlin... cos'è che l'ha attratta originiariamente al jazz, e qual è il livello del jazz attualmente in India?

ZH: Come ha detto Dave in precedenza, la musica indiana e il jazz hanno l'improvvisazione in comune. È dunque naturale per noi pensare che il jazz e la musica indiana siano cugine. Secondo il mio parere, queste due forme di musica possono coesistere e mantener3 una conversazione intima. Nel nostro trio possiamo essere spontanei e improvvisare insieme di continuo. Non ci sono esitazioni nella nostra interazione. E questo accade proprio perché io sono un musicista proveniente dall'India, e loro sono jazzisti, e siamo tutti cresciuti imparando a improvvisare. Su questo aspetto c'è un ponte in comune fra di noi.

Il jazz in India è sempre più ma abbiamo artisti indiani che suonano jazz da più di cinque decenni. Ci sono così tanti grandi musicisti jazz indiani, come per esempio Sheldon D'Silva e Louis e Gino Banks. Ci sono molti artisti di ogni varietà. Suonano tutti il jazz, e stanno cambiando il modo di cantare e costruendo delle versioni diverse di strumenti come la batteria, le chitarre, il basso. Si dedicano anche all'insegnamento della musica ai bambini indiani e ai giovani apprendisti musicisti.

AAJ: Avete realizzato l'album con Edition Records, che in pochi anni si è affermata come un'etichetta di riferimento. Pensate che ciò sia dovuto al fatto che è diretta da un musicista? Perché avete scelto di realizzare l'album con loro?

CP: Stiamo vivendo una fase di grandi cambiamenti nell'industria musicale. Il risultato è che ci sono molti musicisti che hanno iniziato a produrre musica e fondare le proprie etichette discografiche, come me e Dave Stapleton, il fondatore di Edition Records. Questo rappresenta certamente un'opportunità di stabilire delle buone connessioni tra le case discografiche e i musicisti. Ma ci sono altri fattori che devono essere considerati. Nella mia opinione, uno dei più importanti fattori è il crescente coinvolgimento delle nuove generazioni in questo settore, in quanto portatrici di un nuovo approccio basato sull'importanza della comunicazione e dell'uso delle nuove tecnologie e dei social media.

DH: Essendo musicista, Dave Stapleton ha una forte sensibilità, ma credo non sono molti musicisti in grado di dirigere una casa discografica. Stiamo vivendo un periodo di cambiamenti in cui le etichette discografiche di vecchio stampo stanno avendo non poche difficoltà di adattamento. È una fase che mi ricorda ciò che accadde negli anni '70 quando venne fondata la ECM. L'etichetta di Manfred Eicher promuoveva la musica in una maniera diversa da come lo facevano le grandi case discografiche. Dave Stapleton ha capito che ci troviamo in mezzo ad un simile momento di cambiamento. Sono molti i musicisti che si auto-producono. Anche io ho la mia casa discografica con la quale pubblico i miei album. In questo caso, Dave ha preso il notro album e l'ha pubblicato. Dividiamo i profitti con lui ma noi manteniamo la proprietà del disco, il ché è fondamentale per me. Ho dato vita alla mia casa discografica proprio perché non volevo realizzare album e cederne la proprietà ad altri. Credo che ogni musicista abbia il diritto di possedere il prodotto del proprio lavoro. Dave rispetta tutto questo, ed è riuscito a trovare una modalità finanziariamente sostenibile per realizzare un buon lavoro dividendo i costi con i musicisti: noi prendiamo in carico le spese di produzione, lui prende in carico gli altri costi, e alla fine dividiamo i profitti. Penso che sia un modello che potrebbe diventare di successo.

ZH: È molto importante che le case discografiche comprendano i musicisti e li rispettino. Nel nostro caso, essendo la Edition Records di proprietà di un musicista, che tra l'altro è un grande amico di Dave Holland, è stato molto facile lavorare con loro. La nostra non è musica pop. Noi non venderemo dieci milioni di copie ma ci sono comunque molte persone che vogliono ascoltarci: la casa discografica dovrebbe essere in grado di far arrivare questa musica ai nostri fan. Anche io ho una casa discografica: si chiama Moment Records e collabora con la Edition Records e altre etichette provenienti da tutto il mondo.

Fotografia di Paul Joseph.

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