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Cecile McLorin Salvant: WomanChild

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Cecile McLorin Salvant: WomanChild
Dall'emergere di Cassandra Wilson sono passati quasi trent'anni ma nell'affollato palcoscenico delle giovani cantanti nessuna le ha insidiato lo scettro. Legate alla tradizione afroamericana ne sono apparse brave e/o seducenti (da Roberta Gambarini a Diana Krall, da Melody Gardot a Madeleyne Peiroux), altre più rigorose e snobbate dai media (René Marie, Karrin Allyson, Maria Marquez, Maria Pia De Vito, Gretchen Parlato) e un esercito collocato ai confini tra il jazz, soul e pop music.

In questi mesi è entrata sotto i riflettori Cécile McLorin Salvant e qui il discorso si fa serio e davvero promettente. È forse presto per gridare al miracolo ma ci sono tutte le premesse perché cresca e maturi ai massimi livelli. La stampa internazionale non l'ha ancora scoperta ed è un buon segno ma ciò che conta, ovviamente, sono le sue doti d'interprete. Che emergono chiarissime da questo secondo disco, come dal debutto pubblicato in Francia nel 2010 (Cecile), dov'era accompagnata dal quintetto di Jean-François Bonnel.

Quel primo disco comunicava gioia e freschezza, rammentando le prime interpretazioni di Sarah Vaughan: un repertorio di classici standard, affrontati con sincera partecipazione da una luminosa voce contralto.

In quello stesso anno è venuta per Cécile la vittoria al Thelonious Monk International Jazz Competition. Niente male per una sconosciuta ventenne proveniente dalla Francia.

Nata a Miami da padre haitiano e madre francese (di Guadalupe) s'era infatti trasferita ad Aix-en-Povence dopo le scuole superiori per studiare scienze politiche e frequentare il locale conservatorio. Fu lì che l'ha scoperta il sassofonista Jean-François Bonnel e fatta crescere sull'ascolto dei dischi di Abbey Lincoln, Sarah Vaughan, Betty Carter, Billie Holiday, Bessie Smith. Tutti nomi ignoti per Cécile che, sorretta da un talento naturale, era però in grado - quattro mesi dopo - di esibirsi col gruppo del suo mentore.

Ma veniamo a WomanChild, che vede il suo ingresso nel jazz statunitense dalla porta principale mostrando grandi passi avanti. Il risultato è quanto mai felice da tutti i punti di vista e per molti sarà una rivelazione. Il repertorio è ancora basato su standard ma la scelta è varia e inconsueta, privilegiando titoli poco noti. Fanno eccezione una magica versione di "I Didn't Know What Time It Was," una fantasiosa reinterpretazione di "Jitterbug Waltz" e un personale omaggio a Billie Holiday, degno di Betty Carter ("What a Little Moonlight Can Do").

Il disco inizia con un classico di Bessie Smith che poche avrebbero il coraggio d'interpretare e si conclude con la pregnante interpretazione di un suo brano. Al centro un canto dalla dizione calda e flessibile, capace tanto d'impennate drammatiche quanto d'accenti infantili.

Innamorata della tradizione e sorretta da una naturale tensione bluesy, Cécile sa animare brani diversi, dall'arcaico "John Henry" al modale "Womanchild".

È nata una stella e l'interesse delle major non si farà attendere. Non rendetela uguale alle altre.

Track Listing

01. St. Louis Gal (J. Russel Robinson) - 3:01; 02. I Didn't Know What Time It Was (Rodgers - Hart) - 6:07; 03. Nobody (Rogers - Williams) - 3:23; 04. Womanchild (McLorin Salvant) - 6:07; 05. Le Front Cache Su Tes Genoux ( Faubert - McLorin Salvant) - 5:11; 06. Prelude/There's a Lull in My Life (Diehl - Gordon - Revel) - 5:14; 07. Baby Have Pity On Me (S. Coslow) - 5:07; 08. John Henry (traditional) - 5:12; 09. Jitterbug Waltz (Green - Manners - Waller) - 6:51; 10. What a Little Moonlight Can Do (Woods) - 8:14; 11. Deep Dark Blue (McLorin Salvant) - 1:56.

Personnel

Cecile McLorin Savant (voce); Aaron Diehl (piano); Rodney Whitaker (contrabbasso); James Chirillp (chitarra, banjo); Herlin Riley (batteria).

Album information

Title: WomanChild | Year Released: 2013 | Record Label: Mack Avenue Records


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