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Un dicembre di proposte originali al PARC di Firenze

Un dicembre di proposte originali al PARC di Firenze

Courtesy Giampaolo Becherini

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Mixité
Firenze
P.A.R.C., ex Scuderie Granducali, Piazzale delle Cascine
12.2022

A Firenze, fine stagione esaltante per gli amanti della musica "creativa" e fuori dagli schemi, grazie alla fitta serie di appuntamenti al PARC —Performing Art Research Centre, nuova realtà dedita alla sperimentazione di idee e linguaggi innovativi. Dall'inizio di dicembre fino a Natale, negli splendidi spazi delle ex Scuderie Granducali, all'interno del Parco delle Cascine, polmone verde della città, si sono infatti susseguiti ben dodici appuntamenti, cinque dei quali documentiamo in quest'articolo.

Iniziamo dal concerto tenuto il 3 dicembre da Paolo Angeli, che ha presentato il suo ultimo lavoro, Rade, in solo con la sua ben nota chitarra sarda preparata: musiche originali, che in alcuni casi traevano ispirazione dalla musica tradizionale sarda, e con testi anch'essi tratti da poeti isolani. Ma, come sempre accade per Angeli, ne è uscito qualcosa di totalmente personale e inclassificabile: una musica multicolore, incredibilmente ampia per essere prodotta da un solo musicista, che a momenti, grazie all'uso dell'elettronica, si impennava avvolgendo l'auditorio come in un abbraccio. A ciò si aggiunga la bellezza dell'assistere alla produzione dei suoni attraverso il singolare e affascinante strumento (che al termine Angeli ha sommariamente spiegato, rivelando anche che ne è in corso di realizzazione un ulteriore sviluppo) e la presenza scenica dell'artista, che con divertita ironia ha presentato i brani e raccontato simpaticissimi aneddoti legati alla loro storia, e si capirà perché il pubblico, piuttosto ampio, abbia continuato a richiamarlo in scena più volte. Un artista unico, Angeli, e non solo del panorama italiano—infatti si esibisce più all'estero che in patria—che dobbiamo ringraziare la sorte di averci regalato.

Il giorno successiva è stata la volta di Blastula Scarnoduo, ovvero della cantante e attrice Monica Demuru e del batterista Cristiano Calcagnile, impegnati in un progetto originale su Pier Paolo Pasolini. Il duo è attivo da quasi quindici anni e ha pubblicato diversi album, ma in questo caso il programma era una sorta di composita suite originale, sviluppata a partire dalla sceneggiatura de La ricotta, di cui riprendeva letteralmente molte parti, che la Demuru interpretava splendidamente alternando recitativo e canto, falsetti e giochi sonori, anche avvalendosi di elaborazioni elettroniche in tempo reale e di campionamenti. Calcagnile accompagnava la vocalist scandendone i tempi alla batteria, ma anche aggiungendo ogni tipo di suono e intervenendo occasionalmente anche alla voce. Il risultato è stato un caleidoscopio di suoni in continuo mutamento, che si sovrapponeva a un contenuto drammaturgico interamente delineato dal punto di vista semantico e viceversa pieno di scarti e invenzioni da quello musicale, per un originalissimo e del tutto inetichettabile esempio di musicateatro che ha entusiasmato e lasciato senza parole il pubblico. Lo spettacolo è stato replicato a Roma qualche giorno dopo, ma è davvero da sperare che la cosa non finisca qui, perché si tratta di un progetto davvero unico, straordinario e sorprendente.

Lunedì 19 dicembre è poi andato in scena il formidabile duo del contrabbassista Daniele Roccato e del chitarrista Marc Ducret. Forse penalizzati dal giorno e dall'ora (le 19,00, ma quasi tutti gli spettacoli erano nel medesimo orario), si sono purtroppo trovati di fronte un pubblico piuttosto limitato, che ha tuttavia avuto il privilegio di assistere a un concerto di un livello tecnico e poetico superlativo. Musica molto libera e interattiva, prodotta con tangibile sapienza tecnica tuttavia mai esibita per gusto virtuosistico, bensì posta al servizio di un discorso musicale sempre rigorosamente coerente. Roccato—reduce dalla giornata di concerti romana in cui si commemorava Stefano Scodanibbio, di cui è stato allievo—ha alternato con continuità pizzicato e archetto, con il quale ha mostrato un'inventiva e un suono che raramente è dato ascoltare; Ducret, a sua volta, è passato dalla chitarra acustica dodici corde a quella elettrica, con la quale usava vari apparati elettronici, senza tuttavia spingersi mai verso suoni troppo aggressivi, che mal si sarebbero sposati al contrabbasso del partner. Ne è scaturita un'ora di modernissima musica da camera, estremamente mutevoli nelle atmosfere, coerente nel suo spirito di ricerca e di costruzione istantanea, astratta dal punto di vista tematico ma estremamente materica da quello della nitidezza dei suoni. Meriterebbe interrogarsi seriamente sul perché spettacoli di questo livello fatichino a raggiungere il pubblico, che li evita pregiudizialmente ben più che in quanto respinto dalla loro fruizione: chi era presente ha infatti apprezzato moltissimo.

Quattro giorni più tardi, sontuoso concerto in solitudine di un altro straordinario contrabbassista, il francese Renaud Garcia-Fons. Se tecnicamente il confronto con Roccato è ben difficile da decidere—entrambi hanno infatti un completo controllo dello strumento e brillano nell'uso dell'archetto —, poeticamente è del tutto improponibile, vista la distanza siderale delle proposte. Garcia-Fons, infatti, ben più che un improvvisatore è invece un compositore e un arrangiatore sopraffino, che costruisce le architetture della sua musica nei più piccoli dettagli, lasciando all'alea solo minuzie. Com'è solito fare nei suoi soli, anche a Firenze ha proposto musica originale ispirata a quella etnico-popolare, in particolare araba, Al-Andalus e flamenca. Musica affascinante fino alla commozione, arricchita da un uso misuratissimo di effetti elettronici e dalla maestosa abilità dell'artista francese: basti come esempio la sua capacità di far risuonare lo strumento ora come un oud, ora come una kalimba, semplicemente facendo rimbalzare opportunamente l'archetto sulle corde. Spettacolo unico, stavolta salutato da un pubblico decisamente più adeguato.

La conclusione del ricco programma mensile, nell'immediata prossimità del Natale (era il 23 dicembre), è spettata a un altro progetto originale, dedicato alla musica di Bill Evans e che vedeva per la prima volta assieme il pianista fiorentino Alessandro Galati e il batterista statunitense, da anni residente in Toscana, Jeff Ballard. Stavolta il programma era pienamente nella tradizione jazzistica, così come il modo in è stato affrontato: una rilettura delle composizioni del grande pianista americano, condotta in intuitivo interplay e con stilemi classici. E tuttavia lo spettacolo ha sorpreso e affascinato, in quanto la ricerca svolta dai due (ma il progetto era opera di Galati) sulla musica evansiana andava ben oltre l'omaggio o la reinterpretazione, prendendo invece temi e strutture delle sue composizioni quali spunti per una vera e propria ricostruzione in forme contemporanee. Jazz, quindi, ma con lo sguardo rivolto al futuro, oltre che suonato tanto con partecipazione, quanto con eccezionale perizia tecnica—oltre che con un tangibile piacere, che i due hanno manifestato al termine del concerto, ma che traspariva anche in corso d'opera. Anche in questo caso, è assai auspicabile che il progetto non si fermi a un unico evento, ma abbia un seguito in concerto e, magari, anche su supporto.

Per quanto riguarda il PARC e, più in generale, Toscana Produzione Musica, che stava dietro l'organizzazione degli eventi, dopo questi "botti di fine anno" è forte l'aspettativa per le iniziative del 2023.

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