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Un dicembre di produzioni originali al PARC di Firenze

Un dicembre di produzioni originali al PARC di Firenze

Courtesy Grazia Busia

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P.A.R.C. ex Scuderie Granducali, Piazzale delle Cascine Firenze 14-16 Dicembre 2023

Gli spazi delle ex Scuderie Granducali, al centro del parco delle Cascine, stanno diventando il luogo di riferimento per l'esplorazione di territori musicali originali a Firenze. Così, come già nello stesso mese dell'anno precedente e poi nella primavera scorsa, gli spazi a disposizione di Toscana Produzione Musica hanno ospitato una piccola maratona musicale che in tre giorni ha visto di scena cinque concerti, frutti di produzioni originali anche di altre realtà nazionali.

Ha aperto la serie, giocando in casa, il quintetto Frontal di Simone Graziano, che vedeva ospite Clap! Clap!, cioè il DJ e produttore musicale Cristiano Crisci. La formazione allargata, che aveva all'attivo una serie di prove e un concerto, ha operato a partire dalle musiche dell'ultimo CD, Sexuality, rilette però spingendo fatalmente ancora più avanti gli aspetti elettronici. La presenza di Clap! Clap!, pur non aggressiva, produceva una costante interazione dei suoni sintetizzati dai suoi apparecchi, l'inserimento di ritmi campionati altrimenti assenti e la creazione, attorno al quintetto, di una diversa cornice timbrica. Anche per venire incontro a queste innovazioni, mancava del tutto il pianoforte e Graziano era impegnato solo alle tastiere elettroniche; accanto a lui la chitarra era nelle mani di Davide Strangio, raffinato interprete ma anche con un suono più classicamente "elettrico" rispetto a quello di Reinier Baas, presente sul disco; ne conseguiva anche un mutato ruolo di Stefano Tamborrino (peraltro influenzato e costretto a suonare con una mascherina), un po' più defilato rispetto al solito, anche se pronto a prendersi la scena con un lungo e variopinto assolo. Tutto questo, tuttavia, né faceva scomparire il suono del gruppo, né limitava gli interventi dei singoli: sorprendentemente protagonista, per esempio, è apparso il contrabbasso di Gabriele Evangelista, che ha saputo rimanere presente anche nei momenti più concitatamente elettrici, mentre come al solito è svettato il tenore di Dan Kinzelman, autore di alcuni assoli davvero splendidi e trascinanti. Sebbene non sia chiaro se questa collaborazione sia destinata ad avere seguito, ancora una volta si può dire che, a prescindere dalle valutazioni personali, questa nuova veste data da Graziano alla propria storica formazione è un ulteriore, interessante passo nell'esplorazione delle sue possibilità sonore, indispensabile per non frenarne lo sviluppo e per non farla stagnare su se stessa.

Entrambi all'insegna della Sardegna i due concerti in programma nella seconda giornata, il primo dei quali, alle 19,00, vedeva di scena Marcello Peghin alla chitarra dodici corde e Salvatore Maltana al contrabbasso, in un progetto denominato "Insulae Songs." Collaboratori di lungo corso, i due hanno basato il concerto sulla loro intesa, dando vita a uno spettacolo intimo e delicato, giocato sui sottili intrecci delle corde a partire da brani lirici e affascinanti —perlopiù brani originali e della tradizione. Un concerto dall'identità semplice ma dai dettagli raffinati, come spesso accade quando è protagonista la dodici corde, che ha esaltato la bravura dei due artisti e il modo pacato e concentrato con cui ne fanno uso. Un'ora di ascolto sognante per gli spettatori presenti in sala.

Il concerto delle 21,00 aveva invece per protagonista la clarinettista Zoe Pia assieme agli storici Tenores di Orosei, con l'obiettivo di far convivere antico e moderno, tradizione e innovazione. Un obiettivo, tuttavia, non raggiunto, perché se la tradizione c'era e si faceva valere —nonostante che alcuni dei cantori fossero influenzati e perciò non nelle migliori condizioni di voce —il moderno era davvero troppo di superficie e non apportava assolutamente niente di nuovo, anzi, finiva per "disturbare" la bellezza dell'antico. Lo spettacolo, in buona sostanza, prevedeva infatti solo brani tradizionali cantati dai tenores con le loro ben note, suggestive e sofisticate tecniche vocali (che uno dei quattro ha anche brevemente spiegato al pubblico), introdotte o "abbellite" dagli interventi di Zoe Pia, che alternava il clarinetto alle launeddas, sempre suonando con dei campanacci alle braccia che producevano ulteriori suoni. Il problema stava nell'esiguità del contributo della musicista, che con il clarinetto, suo strumento principale, faceva sì qualcosa, ma comunque troppo poco, mentre con le launeddas produceva solo esili e ripetitivi suoni evocativi, quando non insignificanti percussioni, visto che non le suonava né in modo tradizionale —e ci può stare —né in altre forme che ne sfruttassero le potenzialità —è noto che le launeddas vanno suonate tre alla volta e in respirazione circolare, facendo dei polmoni la "sacca d'aria" tipica delle zampogne, così da produrre tre suoni in contemporanea. Il tutto, aggravato dai campanacci, sapeva di posticcio e confuso, quasi una "musica per turisti." Molto deludente.

Anche l'ultima giornata prevedeva due concerti, stavolta veramente straordinari. Il primo era quello di Terre Ballerine, l'ultimo progetto della violinista Anais Drago, in trio con Federico Calcagno ai clarinetti e Max Trabucco alla batteria. La formazione —nata da una produzione di We Start di Novara e che deve il suo nome a una singolare zona umida nei pressi di Biella, città natale di Drago —traduce in musica ispirazioni extramusicali che vanno dalla pittura alle scienze, e lo fa con una ricchezza di riferimenti musicali e invenzioni sonore davvero impressionanti. Il concerto fiorentino è apparso quasi bipartito: la prima metà estremamente sofisticata, improntata al camerismo contemporaneo e sviluppata sulla composizione per incastri dei suoni frammentati dei tre protagonisti; la seconda metà, invece, più lirica e continua, nella quale —pur senza ridurre la complessità dell'insieme —l'ascolto poteva essere più disteso. In entrambe le parti, sebbene in modo diverso, sono spiccati la bellezza dei suoni e la bravura degli interpreti; ma se Drago e Calcagno, oltre ad avere parti che ne esaltavano le qualità, sono da tempo considerati tra i più interessanti giovani musicisti del nostro Paese, una menzione particolare spetta a Trabucco: calato in un contesto non facile per un batterista, ha invece svolto in modo eccellente un duplice e rievantissimo ruolo, da un lato facendo da collante per le linee disegnate dai due compagni, dall'altro aggiungendo loro altri colori grazie alla selezione di oggetti aggiunti al suo set e alla delicata accuratezza con cui ne faceva uso. Un progetto originale e interessantissimo, del quale a breve dovrebbe essere realizzata anche una documentazione registrata.

Il concerto conclusivo, Nubes, era anche la produzione originale di Toscana Produzione Musiche (era andato in scena in prima assoluta solo il giorno precedente al Parco della Musica di Roma) e costituiva un po' una sfida, mettendo assieme sul palcoscenico un pianista jazz qual è Alessandro Lanzoni e un violoncellista classico quale Francesco Dillon. Forti di una simpatia e di un'intesa umana, i due hanno messo assieme un programma di composizioni per pianoforte e violoncello tratte dalla letteratura classica —vi spiccavano brani di Schnittke, Granados e Cesar Franck —ma anche brani originali, un pezzo per solo violoncello che Lanzoni ha accompagnato improvvisando e un paio di improvvisazioni libere. In un brano il pianista ha alternato il pianoforte a una singolare tastiera elettronica a sfioramento, mentre come bis i due artisti si sono scambiati lo strumento —Lanzoni ha un'antica pratica del violoncello, che talvolta ha usato anche nei concerti —per dar vita all'unico standard della serata. Complessivamente, un concerto tanto sorprendente, quanto entusiasmante, a cagione non solo e non tanto della bellezza delle musiche scelte, quanto del modo originalissimo e coinvolgente in cui sono state reinterpretate: con rigore, ma anche con leggerezza; variandole quasi sempre rispetto agli originali in un modo che probabilmente farà indignare i puristi, ma che era assolutamente rispettoso e attento; facendo interagire l'entusiasmo dei due artisti nel creare dal vivo una sintesi del passato e del presente. Operazione che è loro riuscita benissimo, come testimoniato dalla plaudente risposta dell'abbondante pubblico presente.

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