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Ritmo delle Città 2015

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Orto Botanico
Milano
28.05.-03.06.2015

Con l'arrivo della bella stagione, torna il Ritmo delle Città, rassegna che anima l'estate musicale milanese. Quest'anno gli appuntamenti in programma sono sedici, e coprono un'ampia gamma di declinazioni del jazz contemporaneo. Tra questi, i due che hanno catturato maggiormente la nostra attenzione sono quelli che hanno avuto come protagonisti l'ottetto di Steve Lehman, ed il sestetto di Jon Balke.

Il sassofonista newyorkese si è presentato a Milano da fresco vincitore, con il suo album Mise en Abîme, di uno svariato numero di premi assegnatigli dalla stampa specializzata italiana. Premi più che meritati, riconoscimenti dovuti -e forse anche un po' tardivi -di un talento che da parecchi anni esprime una musica di grande spessore.

In questo concerto abbiamo trovato Lehman alla testa di una formazione quasi identica a quella dell'album (Jonathan Finlayson alla tromba, Mark Shim al sax tenore, Tim Albright al trombone, Chris Dingman al vibrafono, Dan Peck alla tuba, Matt Brewer al contrabbasso, Tyshawn Sorey alla batteria), che ha naturalmente proposto i brani presenti sul CD. E dunque un mix di jazz metropolitano ed atmosfere contemporanee, tra echi di avanguardia e frammenti di minimalismo.

L'esecuzione dal vivo ha peraltro reso ancora più evidente quanto la musica di Lehman sia influenzata da (e debitrice nei confronti di) Steve Coleman ed Henry Threadgill, non a caso anch'essi parte della "scuderia" Pi Recordings. Riconducibili al primo sono il fraseggio e la costruzione di linee melodiche, al secondo le orchestrazioni e la densità ritmica.

E densità è forse la parola migliore per descrivere una musica di notevole peso specifico, compatta, del tutto priva di concessioni liriche o alleggerimenti melodici. Musica per musicisti, verrebbe da dire, o comunque che si rivolge ad un ascoltatore più che avvertito. Il quale però, dietro la fitta e straordinaria cortina ritmica, avrà percepito anche una certa monoliticità delle atmosfere ed un'eccessiva asciuttezza delle linee dei fiati. Dinamici e potenti, ma sottoutilizzati dal punto di vista degli intrecci e della costruzione armonica.

Intendiamoci: l'ottetto ci ha fatto ascoltare dell'ottima musica, un gran bel suonare. Come si dice a Milano: "Averne di concerti così!". Invitando Lehman, gli organizzatori del festival hanno fatto opera meritoria. Rispetto al CD, che aveva creato notevoli aspettative, il concerto di questa serata ha tuttavia parzialmente mancato il bersaglio. Non escludiamo che le nostre impressioni siano state influenzate da un bilanciamento dei suoni non equilibratissimo (gli stessi musicisti sul palco non sembravano pienamente soddisfatti), e più in generale dal contesto: la musica di Lehman richiede molta concentrazione anche all'ascoltatore, e non si presta molto bene ad un'esecuzione all'aperto, per forza di cose vagamente dispersiva. Da riascoltare, possibilmente in teatro.

Orizzonti completamente diversi, diremmo quasi opposti, con il progetto "Siwan" del tastierista norvegese Jon Balke (Amina Alaoui alla voce, Kheir Eddine M'kachiche e Bjarte Eike al violino, Helge Norbakken alle percussioni, Pedram Khavar Zamini allo zarb), che ha mescolato in chiave etno-fusion echi di musica barocca, musica orientale ed elementi improvvisativi.

Come da CD, uscito nel 2009 per l'ECM, il sestetto ha qui proposto una musica piuttosto semplice e diretta, decisamente orecchiabile, fondata su fitti tappeti percussivi, su cui si innestano le divagazioni dei due violini (interessante il contrasto tra le frasi di matrice orientale suggerite dall'algerino M'kachiche, e le strutture settecentesche di cui era portatore Eike) e la voce vellutata di Amina Alaoui. Per se stesso, Balke si è invece ritagliato un ruolo marginale, da eminenza grigia che suggerisce atmosfere e si gode poi il risultato generato dai propri stimoli. Una sorta di Joe Zawinul dei nostri giorni, sia pure con minore genialità.

Musica che fluisce tranquilla e rassicurante, a suo modo perfetta per godersi al meglio una calda serata estiva.

Foto
Roberto Cifarelli.

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