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Miles Davis: Miles at the Fillmore - Miles Davis 1970: The Bootleg Series Vol. 3

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Miles Davis: Miles at the Fillmore - Miles Davis 1970: The Bootleg Series Vol. 3
Finalmente la Sony Legacy pubblica ufficialmente e integralmente i quattro concerti del gruppo di Miles Davis al Fillmore East, mitico teatro posto più o meno all'incrocio fra la Sesta Strada Est e la Seconda Avenue a New York, nell'East Village. Era la metà del mese di giugno del 1970, il capolavoro Bitches Brew era stato pubblicato da pochi mesi e il gruppo era in forma straordinaria, a cominciare dal leader.

In realtà, questi concerti erano stati immediatamente pubblicati dalla Columbia in un album doppio intitolato Miles Davis at Fillmore, pochi mesi dopo i concerti stessi, anche per consolidare il grande successo di vendite di Bitches Brew. In quella occasione, però, i quattro concerti erano stati pesantemente editati per comprimere ogni serata nel lato di un LP. Quindi dai 50/60 minuti di partenza si era scesi a circa 20 minuti per serata e poi le medley risultanti erano state denominate semplicemente "Wednesday Miles," "Thursday Miles," "Friday Miles" e "Saturday Miles," senza identificare i brani e i temi contenuti in ogni facciata dei due LP.

L'edit era stato curato personalmente dal produttore Teo Macero che cercava di replicare i risultati creativi straordinari che gli vanno certamente riconosciuti nel caso di In a Silent Way e Bitches Brew, registrati rispettivamente a febbraio e ad agosto del 1969. Ma in questo caso la differenza era sostanziale: Teo non metteva le mani su sezioni musicali che erano state registrate in studio, già sapendo che poi sarebbero state ricomposte in sala di montaggio, ma partiva invece da registrazioni live che per forza di cose erano già una sorta di opera finita e quindi non rappresentavano un materiale ideale per il suo 'work in progress' in sala di montaggio. In qualche modo si potrebbe dire che il lavoro di sintesi lo aveva già fatto Miles, passando dal materiale in studio alle versioni live dello stesso, per cui il successivo intervento di Teo si configurava come una sintesi della sintesi e rischiava di rompere il delicato equilibrio trovato sul palco.

All'epoca il lavoro di Teo Macero per il doppio album Miles Davis At Fillmore venne comunque accolto con grandi elogi, anche se in realtà, ascoltando oggi i concerti integrali, qualche lecito dubbio sorge. Le registrazioni dal vivo sono talmente belle che ci si rende conto di quanto il risultato degli edit fosse stato penalizzante. Forse all'epoca sarebbe bastato ricomporre, partendo dai quattro concerti originali, una scaletta completa, prendendo ogni brano migliore, variazioni di scaletta comprese, e il risultato sarebbe stato forse più eccitante. Stiamo comunque parlando di un doppio album dal vivo che ebbe grande successo di pubblico e frequenti encomi dalla critica, che a volte ne parlò come di un opera superiore addirittura a Bitches Brew (cosa che è piuttosto difficile da sostenere oggi).

Comunque adesso abbiamo a disposizione tutto il materiale registrato in quelle quattro serate e quindi non vale la pena stare lì a sottilizzare. Fra l'altro la registrazione era stata fatta su otto tracce con una buona separazione degli strumenti e quindi i tecnici del suono che si sono messi al lavoro per questo cofanetto hanno avuto modo di partire da materiale eccellente e sono riusciti ad offrirci un suono superlativo, vivo, presente, dettagliato e dinamico.

La scaletta dei quattro set è quasi sempre la stessa: al Fillmore East, gestito da Bill Graham, Miles aveva a disposizione circa un'ora. Nella stessa serata suonava dopo di lui la bravissima Laura Nyro, artista della stessa casa discografica, che per di più adorava Miles e con la quale il trombettista aveva buoni rapporti. Dovendo tenere conto del limite temporale imposto da Graham, il repertorio del settetto di Miles doveva venire in qualche modo compattato. Era un procedimento abbastanza semplice per Miles e i suoi, visto che abitualmente, suonando nei club, facevano ogni sera due set da 45/50 minuti cadauno. Per cui bastava concentrare tutto in unico set e il gioco era fatto.

Il flusso di base era questo: si partiva alla grande con un opener micidiale come "Directions," si proseguiva con le variazioni sottili di "The Mask," si passava alla funkeggiante "It's About That Time" per poi confluire nel brano strutturalmente più corposo che dava il titolo all'album Bitches Brew. La conclusione era sempre affidata al brevissimo "The Theme." Su questo schema di base ci furono piccole varianti che differenziavano fra di loro i quattro set. La prima sera si seguì lo schema senza variazioni, la seconda sera si aggiunse, udite udite, un prezioso bis che regalò al pubblico una delle poche versioni live conosciute di "Spanish Key," la terza e quarta sera fra "It's About That Time" e "Bitches Brew" si creò una nicchia molto rilassata e lirica, dove spiccavano due brevi frammenti come "I Fall in Love Too Easily" e "Sanctuary," affidati principalmente alla tromba, alle percussioni e alle tastiere. L'ultima sera, oltre a questa variazione centrale, si ebbe anche l'inserimento di "Willie Nelson" nel finale, prima della perentoria chiusura, fatta come sempre con "The Theme." Uno sguardo verso il futuro prossimo, che vedrà Miles addentrarsi ancora di più nei ritmi e nelle sonorità del rock.

Il gruppo di Miles, rispetto al quintetto classico degli anni immediatamente precedenti, è allargato e rinnovato. Alla batteria siede un Jack DeJohnette in grandissima forma, con al fianco Dave Holland che ha ormai quasi completamente abbandonato il contrabbasso a favore di un semplicissimo basso elettrico Fender che suona con grande maestria, forse più con un linguaggio rock mischiato al jazz che non con l'approccio funky soul che caratterizzerà invece i gruppi successivi di Miles. Ciò non di meno, la sua funkyness è al di sopra di ogni sospetto, come vedremo nell'analisi dei brani. Sul palco ci sono due tastiere elettriche, affidate rispettivamente a Chick Corea e a Keith Jarrett. Rispettivamente a sinistra e a destra nel panorama stereo. Per Jarrett si tratta dell'esordio dal vivo con Miles Davis, avendo già suonato con lui in studio nelle settimane precedenti. Al sax troviamo il giovanissimo Steve Grossman e alle percussioni il brasiliano Airto Moreira, vero folletto alla caccia dei colori più inconsueti e delle sfumature ritmiche più guizzanti.

La partenza della prima serata è capace di mozzare il fiato: Bill Graham li presenta brevemente e si parte (purtroppo in questa edizione 'integrale' è stato tagliato il breve incipit con la band che accorda gli strumenti per un paio di minuti e con la presentazione più completa del promoter, ma sono sottigliezze da super appassionati, prive di interesse per i più). "Good evening, with great pleasure, Mr. Miles Davis." Semplice e sintetico, un lancio perfetto col quale si va direttamente alla giugulare. La versione di "Directions" che apre le danze è davvero una delle più belle mai ascoltate di questo brano che per un paio d'anni ha avuto il compito di aprire tutti i concerti live di Miles Davis. È un brano scritto da Joe Zawinul per il gruppo di Cannonball Adderley, con una melodia decisamente post bop che pare poco adatta per le cavalcate elettriche del gruppo. E invece la geniale semplificazione della linea del basso la fa diventare un cavallo nervoso, difficile da domare ma ricco di soddisfazioni. Una sorta di fanfara perfetta per aprire i concerti. La ritmica è splendidamente sul pezzo, Miles Davis ha la tromba caldissima, le due tastiere sanno cucire idee ritmiche e melodiche che spingono il tutto in orbita, il sax di Grossman non mostra particolari timori e sembra più rodato rispetto ai concerti dell'aprile precedente, le percussioni di Airto sono la spezia perfetta per completare la ricetta. Devastanti.

E si prosegue così per tutto il primo concerto, anche se la perfezione pare proprio raggiunta nel brano iniziale. Una partenza col botto che certamente catturò istantaneamente il giovane pubblico del Fillmore newyorkese. I tre set dei tre giorni successivi sono altrettanto interessanti, ricchi di variazioni che li rendono assolutamente non ripetitivi. Come solista Miles non è forse mai stato così in forma, per lo meno nel periodo elettrico: solido, fantasioso, coerente, aggressivo. Capace di spostarsi anche nelle zone marginali dove il chiaroscuro la fa da padrone. Un vero Principe delle Tenebre, bello e distante, ma anche un capriccioso demone capace di far sprizzare dal nulla le scintille sulfuree e gli archi di luce che caratterizzano queste escursioni in territori allora sconosciuti. I suoi compagni di strada sono in uno stato di grazia altrettanto esaltante, compreso il giovane Steve Grossman, che spesso è stato il bersaglio preferito di molti supporter del Miles elettrico, ma che qui è decisamente all'altezza della situazione. Ovviamente non ha molto senso giudicarlo prendendo come pietra di paragone un gigante inarrivabile come Wayne Shorter, che aveva suonato nel gruppo di Miles fino a metà marzo del 1970.

Addentrandosi nell'ascolto è evidente che la ritmica e le tastiere, in particolare, sanno prendersi spazi che fanno virare la musica verso uno scenario di turbolenze free che interessava certamente di più i vari musicisti coinvolti in prima persona, che non il leader. Miles però li lasciava fare, osservandoli con sguardo curioso e serafico. Non a caso di lì a poco Chick Corea e Dave Holland abbandoneranno il gruppo e inizieranno la bellissima avventura del collettivo Circle, con Barry Altschul e Anthony Braxton e continueranno ad esplorare scenari molto simili a quelli che troviamo in questi quattro concerti, se pure con importanti differenze: per esempio Corea e Holland con Circle tornano ad utilizzare le versioni acustiche dei rispettivi strumenti. Davis sceglierà invece di proseguire con ancora più energia alla scoperta di quella terra di nessuno fra il jazz e il rock che solo lui ha saputo rendere così nobile e interessante, a partire dall'album A Tribute to Jack Johnson che era stato registrato in studio nei mesi precedenti a questi quattro concerti al Fillmore East ma che sarebbe stato pubblicato solo l'anno successivo.

Legacy ha deciso di fare un ulteriore regalo ai fedelissimi di Miles e ha aggiunto, posizionandoli nel primo e nel terzo CD dei quattro contenuti in questo box lussurioso, tre brani registrati in concerto al Fillmore West, il locale di San Francisco che è in qualche modo il gemello originale di quello di New York, un paio di mesi prima rispetto ai quattro set che sono al centro di questo cofanetto. La formazione è praticamente identica ma con un solo tastierista, il funambolico Chick Corea. Anche in quel caso, per il gruppo di Miles Davis, si trattava di una serie di quattro serate che fra l'altro segnavano l'esordio, per quello che riguarda le esibizioni dal vivo, di Steve Grossman al sax al posto di Wayne Shorter. La seconda serata, quella del 10 aprile 1970, era stata pubblicata nel 1973 in Giappone come album doppio intitolato Black Beauty. Poi, molti anni dopo, quell'album rarissimo era stato pubblicato in tutto il mondo in CD. I tre brani qui aggiunti come bonus sono invece dell'11 aprile 1970 e sono assolutamente inediti. Due appartengono al repertorio del quintetto storico di Davis della seconda metà degli anni sessanta ("Paraphernalia" e "Footprints") mentre il terzo è il brano più esaltante di Bitches Brew. Il titolo è tutto un programma: "Miles Runs the Voodoo Down."

Track Listing

CD 1 (Fillmore East, June 17, 1970): Introduction; Directions; The Mask; It's About That Time; Bitches Brew; The Theme; Paraphernalia (bonus track from Fillmore West, April 11, 1970); Footprints (bonus track from Fillmore West, April 11, 1970).


CD 2 (Fillmore East, June 18, 1970): Directions; The Mask; It's About That Time; Bitches Brew; The Theme; Spanish Key (encore); The Theme.
CD 3 (Fillmore East, June 19, 1970): Directions; The Mask; It's About That Time; I Fall in Love Too Easily; Sanctuary; Bitches Brew; The Theme; Miles Runs the Voodoo Down (bonus track from Fillmore West, April 11, 1970).
CD 4 (Fillmore East, June 20, 1970): Directions; The Mask; It's About That Time; I Fall in Love Too Easily; Sanctuary; Bitches Brew; Willie Nelson; The Theme.

Personnel

Album information

Title: Miles at the Fillmore - Miles Davis 1970: The Bootleg Series Vol. 3 | Year Released: 2014 | Record Label: Legacy Recordings

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