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Michael Moore: Live in Chicago / Felix Quartet
ByLa presenza di Moore nel panorama musicale olandese è però costante e stimolante: risale al 1982, quando il musicista si trasferì ad Amsterdam, incrociando la ribollente scena in cui operavano Misha Mengelberg con la sua Instant Composers Pool Orchestra, Janssen con il suo settetto, Maarten Altena con il quartetto e l'ottetto. Originario della California, Moore aveva studiato al New England Conservatory di Boston con docenti quali Gunther Schuller, Ran Blake, George Russell e Jaki Byard, diplomandosi nel 1977. Le tracce di tale formazione restano a illuminare il suo percorso.
Il primo documento pubblicato nel 1992 dalla Rambloy presentava appunto l'attività del Clusone Trio (con musica da due concerti, a Ginevra e Reggio Emilia), mentre il secondo, Home Game testimoniava lo stretto contatto di Moore con alcuni tra i più attivi e originali musicisti della scena internazionale: nel quintetto da lui guidato, alle prese con undici sue composizioni, figuravano Herb Robertson alla tromba, Fred Hersch al pianoforte, Mark Helias al contrabbasso e Gerry Hemingway alla batteria.
Pur coinvolto nelle trasgressioni musicali e nell'accesa teatralità della scena olandese, l'orientamento di Moore si tiene fin dall'inizio ben focalizzato su una propria traccia personale: come detto, allacciato all'esperienza del New England Conservatory, con una propensione allo sperimentalismo che guarda con uguale interesse al jazz e alla musica colta, all'integrazione di parti improvvisate e di scrittura. Ma pure gli elementi folkloristici e l'ironia dissacrante praticati in Olanda si insinuano nella sua musica, producendo una combinazione originale e di notevole interesse.
Queste recenti pubblicazioni dell'etichetta Ramboy mettono in campo due quartetti ad organico differente: il Fragile Quartet, con formazione che abbina il pianoforte di Harmen Fraanje alle ance del leader, alla batteria di Michael Vatcher e al contrabbasso di Clemens van der Feen; il Felix Quartet, con il trombone di Wolter Wierbos e il contrabbasso di Wilbert de Joode che si uniscono alle ance del leader e alla batteria dello stesso Vatcher.
Michael Moore Fragile Quartet
Live in Chicago
Ramboy Recordings
2016
Valutazione: * * * *
Con Live in Chicago, registrato al club Constellation nel 2014, l'attività del quartetto con Fraanje al pianoforte giunge alla sua quarta documentazione nel catalogo Ramboy, dopo Fragile, Amsterdam ed Easter Sunday. La musica si sviluppa spesso su ampie, lente campate, su maglie allentate ma perfettamente calibrate dalla sintesi e dalla sintonia delle personalità coinvolte. In certi brani, come l'iniziale, lungo "Triptych," l'inserto del dulcimer a martelletti, suonato da Vatcher in luogo della batteria, distende lo svolgimento in modo ancora più accentuato, con bagliori lunari sottolineati dal clarinetto e dall'uso del pianoforte. Solo la comparsa di un tema di danza popolare rompe l'atmosfera sospesa.
Quattro brani si sviluppano attorno ai dieci minuti o oltre, indagando graduali metamorfosi: gli undici minuti di "Seascape" si aprono sul lento moto ondoso di piatti e legnetti, per dipanarsi in una melodia rilassata, dove il sax alto del leader traccia un tema sospeso, prima di rapprendersi alla ricerca delle astrazioni e delle libere associazioni di Konitz e Desmond. Tutta la musica del CD è ricca di varianti timbriche, di atmosfere lunari, umbratili e misteriose, a volte è rischiosamente immersa in una sorta di ponderazione meditativa sull'orlo del silenzio. "In the Moon," dal titolo eloquente, e "Gauzy," poste nel cuore del disco, vedono Moore al clarinetto, con un atteggiamento che rimanda stavolta a Jimmy Giuffre, ma pure alla rarefazione di certa musica colta contemporanea.
Non mancano gli episodi più vivaci, come "A Wall / Shrink" scandito su metri variati e su umori assunti con misura dall'istrionismo della scena olandese storica. O come "Sonora," splendida cavalcata melodica del clarinetto, che rompe la fissità metafisica di "Gauzy" e sfuma con leggerezza in tinte blues, sviluppate con maestria dal pianoforte di Fraanje: un musicista che merita attenzione.
Michael Moore
Felix Quartet
Ramboy Recordings
2016
Valutazione: * * * *
Felix Quartet, registrato in concerto al celebre Bimhuis di Amsterdam, affianca al sax alto e al clarinetto del leader il trombone di Wierbos, molto spesso coinvolto in avventure musicali con Moore. In questo caso si tratta però di una formazione inedita, che secondo le parole dello stesso Moore potrebbe rappresentare l'unica occasione di incontro, anche se le musiche sono state composte dal leader appositamente per questo organico e per queste personalità. Ancora ci troviamo di fronte a musica che predilige lo sviluppo lento ed elaborato, rivolta alla ricerca delle mezze tinte più che dei contrasti accesi. Ma la presenza di un musicista istrionico, ricco di humor e di sensibilità come Wierbos apporta spesso vigore e varietà di timbri. Il trombone si disputa bene con le ance di Moore, in un gioco che di volta in volta è di contrasto, di mimesi, di rimpiattino.
La tinta di fondo resta quella dettata dall'eleganza e dalla sobria attenzione ai dettagli di Moore, di forte aroma cool, ma il tutto è condito da continue trovate timbriche, che vanno dai latrati di "Big Dog" ai suoni lancinanti di "Cry." Passando per l'irresistibile ritmo di "Ant Highway": un sapore arcaico e dinoccolato che il jazz olandese ha saputo forgiare con la maestria di Bennink, Mengelberg, Willem Breuker, e che Moore assimila nel proprio mondo trasognato.
Elenco dei brani e dei musicisti:
Live in Chicago
Triptych; A Wall / Shrink; Boogie Man; In the Moon; Gauzy; Sonora; A Few Seconds (of overwhelming harmony); Seascape; Go to Gate.
Michael Moore: clarinetto, sax (alto); Harmen Fraanje: pianoforte; Clemens van der Feen: contrabbasso; Michael Vatcher: batteria, hammer dulcimer.
Felix Quartet
Ramses; Lower Forty; Big Dog; Cry; Away, away; A Drubbing; What is This?; Tis Abay.
Michael Moore: sax (alto); Wolter Wierbos: trombone; Wilbert de Joode: contrabbasso; Michael Vatcher: batteria, hammer dulcimer.
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