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Lana Meets Jazz 2018
Lana (BZ) 30.04-06.05.2018
Big band giovanili e grandi vecchi del jazz italiano ed internazionale, libera improvvisazione contemporanea e jazz manouche, echi balcanici e swing ... La coesistenza dei diversi linguaggi del jazz non è sempre facile, ma il Lana Meets Jazz è un festival differente. La passione degli organizzatori Helga Plankensteiner e Miki Lösch, la massiccia presenza degli allievi delle scuole di musica locali, l'entusiasmo del pubblico, sempre molto numeroso, rendono questo festival davvero unico.
Leitmotiv di questa settima edizione era "Differences," a sottolineare la voglia di confronto e di incontro, di ascolto reciproco, di superamento appunto delle differenze. Valori che il jazz porta avanti da sempre, sottolineati anche dall'UNESCO quando ha istituito la Giornata Internazionale del Jazz. Giornata che quest'anno ha coinciso (era il 30 Aprile) con la giornata di apertura del festival, in cui si sono esibiti giovani musicisti locali (The Disaster e la Big Band Giovanile dell'Alto Adige).
Il giorno seguente, oltre agli allievi della scuola di musica di Merano ed al gruppo Ziganoff, composto da musicisti locali, si sono esibiti due musicisti un po' avanti con gli anni ma sempre giovani di spirito, ovvero Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, che come di consueto hanno condotto il pubblico in un viaggio musicale che ha spaziato dal colto al popolare, tra ironia e curiosità.
Due stelle della musica austriaca, il trombettista Thomas Gansch e il sassofonista Florian BRAMBÖCK , sono stati i protagonisti di una festosa serata in cui la Banda Musicale di Lana, diretta da Martin Knoll, ha eseguito le composizioni di Miki Lösch. Un concerto "popolare" nel senso più nobile del termine, divertente e divertito, in cui i due special guests hanno mostrato una notevole ed immediata capacità di trovare un'intesa su un terreno comune fatto di ironia e rigore strumentale. Merito di una frequentazione della Vienna Art Orchestra, di una conoscenza enciclopedica della musica, di una tecnica strumentale impareggiabile e di una notevole propensione al Kabarett ed all'umorismo surreale.
Nella serata successiva, il festival si è trasferito a Merano dove, in collaborazione con il Premio per la Poesia, il manifesto dadaista Ursonate di Kurt Schwitters, recitato da Thomas Krüger, è stato accompagnato in musica dal quintetto di fiati Potsa Lotsa. Una serata dal piglio decisamente dadaista (ça va sans dire), che ha fatto segnare qualche defezione tra il pubblico, ma anche notevole entusiasmo tra coloro che sono rimasti. Per quanto ci riguarda, abbiamo apprezzato i momenti in cui la scrittura era prevalente, mentre le fasi rumoristiche, forse anche a causa di un'acustica non ottimale, ci sono sembrate talvolta ridondanti.
Nella ormai consueta trasferta del festival all'Hotel Laurin di Bolzano, abbiamo avuto modo di ascoltare un altro "giovane musicista avanti con gli anni," un vero pezzo di storia del jazz, il sassofonista Gary Bartz, in compagnia di un quartetto guidato dal pianista Riccardo Ruggieri. Di ottimo umore e di altrettanto ottima forma fisica, Gary Bartz sorprende ancora per pienezza di suono, modernità del linguaggio, capacità di entrare nella musica con decisione. Nel corso della serata il quintetto ha presentato composizioni originali, qualche standard e brani del repertorio coltraniano, tra cui una Naima da brivido.
La mattina di sabato 5 maggio, presso la centrale idroelettrica Alperia, il gruppo friulano Radio Zastava ha dato vita ad una festa danzante di derivazione balcanica. Il modello "Wedding & Funeral Band" (alla Goran Bregovic, per intenderci), è però lontano ed il gruppo, pur all'interno di un radicamento popolare e di una vocazione all'intrattenimento, sta cercando con successo una propria dimensione sonora che passa anche da un modificato assetto strumentale (l'inserimento di un basso elettrico al posto del basso tuba ed un uso più intenso dell'elettronica).
La Big Band della scuola di musica dell'Oltradige e gli ensemble della scuola di musica di Lana, ci hanno poi accompagnato verso il concerto degli Enten Eller, gruppo tra i più longevi della scena musicale italiana, che ha presentato un mix di vecchi "cavalli di battaglia" (Per Emanuela, Pragma), e brani più recenti tratti da un lavoro sul Minotauro. Come di consueto, la band si è mossa tra scrittura e libera improvvisazione, momenti d'insieme e frammentazioni dell'organico, jazz contemporaneo e rock progressivo, attingendo ad una vastissima paletta di colori che in questa serata ha preso tinte decisamente (e forse anche un po' inaspettatamente) blues.
Festa di chiusura di festival all'Hotel Schwarzschmied, punto di riferimento per tutti gli ospiti della manifestazione, con lo swing (e non solo) di Sugarpie & The Candymen.
Foto: Gert Reinstadler
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