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Francesco Dillon

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Area Sismica - Forlì - 29.11.2008

Dopo l'ottimo esordio della scorsa stagione coi concerti di Stefano Scodanibbio e Fabrizio Ottaviucci, Area Sismica ripropone all'interno della sua programmazione concertistica la mini-rassegna “Musica inaudita”, che propone alcuni dei nomi più significativi, creativi e originali - o comunque vicini alla sensibilità musicale di Area Sismica - fra gli esponenti della musica contemporanea attuale.

Quest'anno l'apertura è toccata a Francesco Dillon, giovane e brillante violoncellista e compositore, allievo fra gli altri di violoncellisti come Mario Brunello e di Salvatore Sciarrino per quanto riguarda la composizione.

Dillon è un ottimo esempio di quella nuova figura di musicista “colto” che, per fortuna, si sta largamente diffondendo anche fra le nuove generazioni italiane: cioè un musicista dal solido backgroud accademico e classico, ma dotato di un'apertura e di una curiosità musicale ad ampissimo raggio; non solo attivamente impegnato nella scena contemporanea internazionale e in stretti rapporti con gli interpreti e compositori di quella scena, ma anche direttamente coinvolto negli sviluppi più interessanti, innovativi o sperimentali delle musiche extra-colte attuali.

Attivo in ambito sinfonico (solista nell'Orchestra nazionale della Rai e nell'Accademia dei Filarmonici), in quello cameristico (Quartetto Prometeo) e in quello contemporaneo (ensemble AlterEgo e compositori come Philip Glass, David Lang e Vinko Globokar), collabora anche con protagonisti della musica elettronica non accademica come Matmos, Pan Sonic e Scanner.

E appunto l'elettronica costituisce un elemento centrale anche nell'attività e negli interessi musicali di Dillon in ambito accademico. Al suo violoncello il concerto infatti ha affiancato la live-electronics pilotata dallo stesso Dillon, oltre all'elettronica preregistrata predisposta da Paolo Aralla.

Dillon ha presentato un programma di brani di Paolo Aralla (“Analogie”), Luca Francesconi (“Doppia immagine”), Michel Van Der Aa (“Oog”) e Jonathan Harvey (“Curve with Plateaux”). Più che la tradizionale forma del recital usata solitamente nelle esibizioni solistiche, con una selezione antologica di brani vari, il concerto è stato impostato quasi come una sorta di suite, coi vari brani legati insieme, senza soluzione di continuità, da intermezzi (“Interferenze I-IV”) in cui era particolarmente pronunciato il ruolo dell'elettronica.

L'apertura è stata affidata a “Analogie: 1° quaderno per violoncello” di Paolo Aralla . Un tappeto elettronico che inizia a scena vuota, prima che Dillon salga sul palco: accordi distesi e dilatati, un suono liquido e terso, ma con una dinamica ondulatoria con bruschi picchi, che introducono un elemento di tensione in una materia sonora altrimenti quieta e distesa. Subentra poi il violoncello solo: un monologo dapprima spoglio, col suono nudo e naturale, che introduce comunque da subito un clima di tensione e come di sbilanciamento in avanti: atonalità, fraseggi rapidi e spezzati.

Si aggiunge poi l'elettronica a fare come da contrappunto, in una sorta di dialogo fra fraseggio e timbro, quasi una giustapposizione di due ambienti e dimensioni diverse che poi s'intrecciano e si compenetrano; alla funzione di creazione di un'ambientazione e di un fondale sonoro, affidata all'elettronica, si aggiunge quella di produzione di veri e propri eventi sonori comprimari rispetto al violoncello: suoni sintetici e concreti, cristallini e taglienti (crepitii, vetri in frantumi...). Anche qui brevi eventi sonori, che spingono in direzione della concitazione e dell'accelerazione dinamica.

Si entra poi in una fase ipnotica, probabilmente la più affascinante del concerto, calda ed emozionante: una dilatazione e un'espansione del tempo, melodie più larghe e minimali, che tendono a ridursi a poche note, quasi a bordoni, con un che di evocativo e di arcano.

Si attraversano poi nuovamente “Interferenze” elettro-acustiche, che riprendono anche le frasi melodiche di quelle precedenti. E si ritorna nuovamente all'atonalità e ai fraseggi nervosi per gli ultimi brani del programma.

Un concerto di alto livello, e a tratti di grande spessore espressivo, anche se forse un po' meno ricco d'intensità comunicativa rispetto ai concerti di Scodanibbio e Ottaviucci della scorsa stagione.

Foto di Claudio Casanova

Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.


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