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Eraldo Bernocchi, alchimista di musiche alternative

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Grazie al web la musica può giungere ovunque. È anche per questo che ho creato la RareNoise: oggi una piccola etichetta può arrivare molto più lontano di una major.
Eraldo Bernocchi, classe 1963, è quanto di più lontano esiste dal mainstream e dalla cosiddetta musica commerciale. Tutta la sua carriera di musicista e compositore - iniziata nel 1985 come chitarrista dei Sigillum S, storica band di industrial, noise ed elettronica - è nel segno della sperimentazione estrema. Muovendosi senza soluzione di continuità tra sintetizzatori, chitarre, programming, samples, sound treatments ecc. ha fatto della contaminazione tra generi, del binomio musica e visual e della continua ricerca di nuovi orizzonti una vera e propria ragione di vita. Sì perché sono innumerevoli i progetti firmati in questi ultimi anni da Bernocchi, diventato nel frattempo un'icona dell'underground radicale. Ne citiamo alcuni, e in ordine sparso, solo per offrire un piccolo assaggio della poliedricità di questo alchimista di suoni sintetici. Dalla composizione di colonne sonore per Gabriele Salvatores al trio Charged con il trombettista giapponese Toshinori Kondo e Bill Laswell, dalle musiche per videoinstallazioni alle collaborazioni con Harold Budd e Nils Petter Molvær. Dai Black Engine, band di industrial/jazz/metal/elettronica ai lavori ritmici - elettronici con l'ex Napalm Death Mick Harris. Una citazione speciale merita SOMMA, progetto multimediale sviluppato nel corso degli anni insieme a Bill Laswell e a Petulia Mattioli, che ha raccolto non pochi consensi anche al di fuori dei circuiti alternativi. A questo si aggiunge una frenetica attività di arrangiatore e di produttore indipendente: in particolare con la label Verba Corrige Productions, casa di Sigillum S, Ashes e di altri progetti bernocchiani, e, più recentemente, con la RareNoise Records: giovane etichetta con quartier generale a Londra che si sta facendo una solida reputazione nell'avant jazz.

All About Jazz: Partiamo dalle tue ultime fatiche e precisamente da Winter Garden, album uscito per la RareNoise Records nel 2011. Come è nato il progetto di suonare con Harold Budd e l'ex Cocteau Twins Robin Guthrie? Visto il risultato molto positivo anche in termini di critica, ci sarà un ulteriore capitolo?

Eraldo Bernocchi: Con Harold Budd avevo già registrato un album (Music for Fragments from the Inside, Sub Rosa, 2005, N.d.R.). Due anni fa ci siamo detti che era tempo di realizzarne un altro, così abbiamo messo insieme il progetto. Un giorno Harold mi chiama e mi chiede che ne pensavo dell'idea di coinvolgere Robin Guthrie. Ho immediatamente detto di sì. Robin è uno dei miei chitarristi preferiti di sempre e i Cocteau Twins uno dei miei gruppo di riferimento, almeno per quanto riguarda gli anni Ottanta. Così, a maggio del 2010 ci siamo ritrovati in Toscana e abbiamo registrato. Sarebbe interessante realizzare un nuovo capitolo, ne parlerò con Harold e Robin. Vorrei anche fare dei remix di Winter Garden con una componente ritmica più accentuata.

AAJ: Ho letto in una tua intervista che uno dei tuoi album da isola deserta è The Pearl di Harold Budd e Brian Eno. Come è stato lavorare con questo straordinario artista?

E.B.: Confermo. The Pearl me lo porto ovunque e se dovessi scegliere me lo porterei di sicuro su un isola deserta. In realtà lavorare con Harold è molto facile, però immagino che lo sia per me, perché esiste una stima reciproca e la voglia di fare delle cose insieme. Non è un personaggio difficile, sa esattamente ciò che vuole a livello musicale ma, al tempo stesso, ha zero pretese in termini di strumentazione. Mi ha lasciato senza parole quando alla domanda: "Che pianoforte vorresti avere in studio per registrare?". Mi ha risposto: "Uno qualsiasi, basta che sia minimo 3/4 di coda. Non ci stiamo atteggiando. Registreremo musica, note. Uno qualunque andrà benissimo". Più facile di quanto immaginassi. Poi su altre cose è difficilissimo o ti stupisce con delle intuizioni pazzesche.

AAJ: Riguardo la tua sterminata discografia e le tue incursioni nei generi più diversi ed estremi, come si pone il progetto Winter Garden? Un punto di arrivo o più semplicemente una tappa verso altre esperienze in ambito ambient?

E.B.: Non considero nessuno dei miei dischi un punto di arrivo, sarei finito se guardassi il mio lavoro sotto questa luce. È una tappa, è parte di una ricerca che non voglio si fermi a quest'album. La musica ambient mi è sempre piaciuta. Ho una marea di dischi legati alla cerchia storica di Eno e anche di artisti più contemporanei. Tim Hecker, ad esempio, è un artista incredibile. I suoi album hanno un'organicità che si ritrova in poche produzioni.

AAJ: Molto meno conciliante in termini musicali, quasi una fotografia in nero e antitetica di Winter Garden è il progetto metal/elettronica/death di Obake che ti vede insieme a Lorenzo Esposito Fornasari, Massimo Pupillo e Balazs Pandi. Un album multistrato dove emergono i fantasmi di gruppi come Joy Division, Slayer, King Crimson, Popol Vuh. Ce ne puoi palare?

E.B.: Obake è l'altra parte di me. Così come Sigillum S. C'è una parte scura nel mio vissuto/vivere. Tieni presente che io nasco come chitarrista punk e metal, e non ho mai abbandonato del tutto quella scena, almeno a livello di gusti musicali. Ovvio che non ascolto più roba tipo Iron Maiden o simili, che onestamente oggi mi fanno quasi tenerezza se non ridere per l'ingenuità di tutto ciò che ruota attorno a loro. Mi piace roba molto più pesante. È l'unica che realmente mi interessa. Slayer, Soulfly, Carcass, Lamb of God e così via. Obake è la band che ho sempre sognato di avere senza mai trovare le persone giuste con cui crearla. Ora c'è. Ciò che mi intrigava era riuscire a coniugare il concetto di improvvisazione nel mondo metal. In Obake ci siamo riusciti e ci interessa che la musica, così creata, resti in bilico tra struttura e improvvisazione. Obake è uno schiaffo, il disco suona grosso, come piace a me. Mi piace che il metal, o le sue declinazioni collaterali, suonino quasi come un disco dub o hip hop. Invece il più delle volte suonano "piccoli piccoli". Con Obake siamo in tour dalla fine di aprile, ma senza Massimo Pupillo, che è impegnato su altri fronti. Lo abbiamo sostituito con Trevor Dunn, un musicista perfetto per la band.

AAJ: Sempre e proposito di ultimi progetti ci sono anche gli Owls, combo che miscela neofolk ed elettronica...

E.B.: Gli Owls ono il frutto di un'idea che è venuta a me e a Tony Wakeford di Sol Invictus. Adoro i testi di Tony e abbiamo provato a fare qualcosa insieme ed è nata questa formazione con anche Lorenzo Esposito Fornasari. Non so se sia neofolk, per me sono canzoni sinistre e malinconiche e basta. Non sopporto le etichette e ho sempre avuto dei gran problemi con i cantautori, quindi sto abbastanza lontano dalla parola folk...

AAJ: Tra le molteplici esperienze di cui sei stato protagonista in passato - dai Sigillum S al progetto SOMMA con Bill Laswell e Petulia Mattioli, solo per citare alcune delle più conosciute - quali sono quelle che ricordi con maggiore simpatia e quali quelle che non sono state compiutamente comprese dalla critica o dal tuo pubblico?

E.B.: Sono molto legato a Sigillum S, a SOMMA, a Ashes, a Charged... le vedo direttamente legate al momento in cui accadevano o accadono. SOMMA resta comunque uno dei mie progetti preferiti in assoluto. Sigillum S è stato incompreso un bel po' di volte, o forse sarebbe meglio dire, che siamo stati inseriti in un ambito gotico teutonico che non ci appartiene affatto. SOMMA non è un progetto facile, ma ha funzionato. Il pubblico ha mostrato sempre un certo interesse, la critica meno. È stato necessario lavorare con Bill Laswell perché si accorgessero di me in Italia. Peccato che avessi già realizzato almeno una ventina tra album, produzioni ecc. Ad ogni modo è un vero classico... nulla di nuovo sotto il sole.

AAJ: A proposito dei Sigillum S, ci sono novità? Si parla ad esempio di nuove date live?

E.B.: Suoneremo a un grosso festival a Londra il 6 maggio prossimo. Stiamo pensando a un tour europeo, magari nel 2013. Cerchiamo di fare solo date selezionate, in luoghi particolari. Sigillum S è il progetto più longevo che ho e lo condivido con le stesse persone con le quali l'ho fondato, siamo molto gelosi e protettivi. Registreremo anche delle nuove cose con Mombu, oltre a ristampare tutta la discografia passata.

AAJ: C'è qualche artista con cui non hai mai suonato e che ti piacerebbe avere accanto a te in un progetto futuro?

E.B.: Tom Araya e Dave Lombardo degli Slayer, per fare un esempio. Lemmy dei Motorhead. Brian Eno, David Sylvian... Ce ne sono molti altri, alcuni andati per sempre altrove, Ian Curtis su tutti. Ho sognato un paio di volte di registrare con lui alla voce. I testi più struggenti che abbia mai ascoltato restano i suoi. C'è un mondo di gente con cui amerei fare delle cose. Cercherò di farle prima o poi.

AAJ: Come riesci a conciliare la tua vita artistica con quella di produttore con la RareNoise Records, etichetta che hai fondato nel 2008 insieme a Giacomo Bruzzo?

E.B.: Senza problemi di sorta. Ho chiarito fin dall'inizio che non volevo occuparmi di soldi, sarebbe stato molto pericoloso avere il doppio ruolo di artista e amministratore. Giacomo Bruzzo è bravissimo in quello che fa e ha i piedi per terra, cosa assolutamente necessaria se si vuole sopravvivere. È capace di fare voli pindarici pazzeschi e, al tempo stesso, restare saldamente ancorato alle necessità quotidiane della label. Mi occupo delle relazioni con alcuni artisti, di far loro capire che siamo una piccola realtà e che non abbiamo budget enormi, anzi a volte non abbiamo neppure dei budget perché i soldi li allochiamo per la stampa, la distribuzione e la promozione.

AAJ: Come selezioni gli artisti da produrre e quali sono le novità che la label ha in serbo per i prossimi mesi?

E.B.: È un lavoro comune con Giacomo. Non c'è una direzione precisa. Semmai c'è la volontà di pubblicare musica coraggiosa, che vada oltre i generi musicali e le etichette di genere. La maggior parte delle proposte che ci arrivano sul tavolo sono imbarazzanti: a me, poi, ne arrivano tantissime tramite Facebook o la posta elettronica. Si tratta di una mole di lavoro enorme e abbastanza problematica da gestire.

Riguardo alla nostra etichetta ci sono diverse uscite interessanti: prima tra tutte i Metallic Taste of Blood, un'altra band che mi vede protagonista insieme a Colin Edwin dei Porcupine Tree, a Jamie Saft al piano e, nuovamente, a Balazs Pandi alla batteria. Poi c'è l'album degli InterStatic con Roy Powell all'organo, Jacob Young alle chitarre e Jarle Vespestad alla batteria. Quindi, abbiano i Mole con Mark Aanderud al piano, David Gilmore alla chitarra, Luri Molina al basso e Hernan Hecht alla batteria. Dico solo che David Gilmore è stato chitarrista di Wayne Shorter e che Mark Aanderud ha suonato il pianoforte per i Mars Volta. Da non perdere gli Animation, gruppo di fusion dalla ritmica bestiale guidati da Bob Belden che, tra le altre cose, ha vinto due Grammy ed è il curatore di tutti i remaster di Miles Davis su Sony Columbia. E, dulcis in fundo, ci sono i Naked Truth, con Graham Haynes.

AAJ: Quali nuovi progetti hai in cantiere?

E.B.: I remix di Winter Garden, registrazioni nuove con Sigillum S e Mombu, e, tra non molto, un altro CD firmato Obake. In prospettiva ci sarebbe anche un nuovo lavoro con Bill Laswell. Non so ancora cosa sarà, ma abbiamo convenuto insieme che è arrivata l'ora di fare qualcosa di nuovo insieme. E poi un po' di produzioni varie.

AAJ: Tornerai alla realizzazione di colonne sonore, dopo le esperienze di "Denti" di Gabriele Salvatores e di "Forza Cani" di Marina Spada?

E.B.: Mi piacerebbe molto, adoro lavorare sulle immagini. In realtà il mio modo di lavorare è legatissimo al mondo visual, non riesco a immaginare della musica che non possa accompagnare immagini o visioni. Ogni tanto mi sento con Gabriele Salvatores e abbiamo anche parlato della possibilità di nuove collaborazioni. Si vedrà.

AAJ: Che tipo di musica ascolti e qual è la tua opinione sullo stato attuale dell'industria musicale?

E.B.: Ascolto di tutto e intendo dire proprio di tutto. Da Lady Gaga ai Sepultura, passando per Method Man, De la Soul e Material. Da Ligeti a Wagner, da Miles Davis ai Motorhead o ai canti bizantini del monte Athos. Non mi precludo nulla. Solo non fatemi ascoltare roba latino americana o rock indipendente, se poi è cantato in italiano non ce la faccio proprio. Ecco, sul latino americano casco come una pera, lo detesto. Quanto all'industria musicale. Che vuoi che ti dica, noi fatichiamo non poco ma le major piangono, e a me non dispiace per nulla. È gente che non sa nulla di musica, un branco di burocrati strapagati seduti dietro una scrivania che ti raccontano che il tuo disco non avrà mai successo. Gente lontana dai giovani, dalla strada, da chi suona sul serio e ci mette passione. Infatti vanno sempre peggio. Il web sta aiutando un sacco di band emergenti a farsi conoscere e ci sono artisti che sono esplosi o sbarcano il lunario solo grazie a questo e al fatto che oggi si può produrre musica e distribuirla direttamente alle persone realmente interessate. Oggi possiamo arrivare ovunque: è questo uno dei motivi per cui ho pensato di creare la RareNoise Records. Una piccola etichetta può arrivare molto più lontano di una major.

AAJ: Infine, qual è il tuo rapporto con il jazz?

E.B.: Al jazz non sono arrivato subito. Sono nato con il punk e il metal e, quindi, ho dovuto fare un lungo percorso, anche culturale, prima di avvicinarmi ad artisti come Miles Davis, Ornette Coleman, Charlie Parker o Cecil Taylor. Tutta gente che oggi amo e che rispetto soprattutto perché si tratta di musicisti che sono andati oltre e che hanno rotto gli schemi. E poi essendo appassionato di sperimentazione musicale, mi piace improvvisare e l'improvvisazione è l'anima del jazz. Dunque, tra la mia musica e il jazz ci sono molti più punti in comune di quanto si possa credere.

AAJ: Ci sono artisti o periodi che apprezzi maggiormente?

E.B.: DIrei tutto il periodo elettrico di Davis e album come Sextant di Herbie Hancock, pubblicato nel 1973: un lavoro modernissimo ancora oggi. Una citazione d'obbligo va poi a John Zorn, un autentico genio che in questi ultimi anni ha riscritto, anche a livello concettuale, le coordinate del suono e cambiato radicalmente il modo di percepire la musica.


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