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Down the Rhodes

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Benjamin Bove - Gerald McCauley

Down the Rhodes

Autoprodotto

Valutazione: 4 stelle

Questo bel documentario di quasi due ore, montato con un moderno linguaggio televisivo, racconta la storia del piano elettrico Rhodes, meglio noto come Fender Rhodes. Harold Rhodes ne mise a punto il principio base, quello del martelletto che si ispira ad una forcella da diapason, durante la seconda guerra mondiale, cercando di trovare una soluzione per poter utilizzare il pianoforte come strumento per la riabilitazione psicologico-sociale dei feriti. Trasportare negli ospedali da campo un pianoforte acustico era davvero impossibile e Harold Rhodes, recuperando parti meccaniche non utilizzate dagli hangar degli aerei, ideò dei prototipi funzionanti denominati Army Air Corps Piano. Dopo la guerra cercò di trasformare quella intuizione e di ricavarne una idea commerciale. Per farlo si alleò con l'emergente Leo Fender che in California stava producendo le prime chitarre elettriche su scala industriale. Poi quando nel 1965 la Fender venne venduta alla CBS per tredici milioni di dollari (somma enorme all'epoca) anche la divisione dei pianoforti elettrici venne inserita nell'accordo e gli ingegneri trovarono le soluzioni mancanti per rendere più funzionale lo strumento.

Il racconto prosegue intervistando diverse decine di musicisti che hanno fatto la storia del piano elettrico, strumento che iniziò ad essere preso seriamente in considerazione a metà degli anni sessanta, con Ray Charles che lo usò per "What I'd Said," con Joe Zawinul che lo usò per "Mercy, Mercy, Mercy," e soprattutto con Miles Davis che lo fece usare ad Herbie Hancock e a Chick Corea per i primi dischi di successo di 'electric jazz' (Filles De Kilimanjaro, In a Silent Way, Bitches Brew). Molto interessante e divertente è anche la testimonianza di Ray Manzarek, tastierista dei Doors che racconta di come lo strumento sia stato essenziale per il suono dei Doors. Arriva ad affermare che senza il Fender Rhodes non ci sarebbero stati i Doors. In realtà lui all'inizio usò la prima variante del piano elettrico che forniva solo la parte bassa della tastiera e gli permetteva per l'appunto di suonare le linee solitamente coperte dal basso elettrico, strumento che non era previsto nella formazione dei Doors (anche se poi, in studio di registrazione, a volte venivano usati dei turnisti). Lo strumento si chiamava Fender Rhodes Piano Bass e aveva solo trentadue tasti, per coprire appunto la parte bassa della tastiera del pianoforte.

Fra le altre, citiamo le interviste a George Duke, Donald Fagen, Bob James, Quincy Jones, Ramsey Lewis, Les McCann, Marcus Miller, David Paich, Jerry Peters, Greg Phillinganes, Patrice Rushen, Joe Sample, Lenny White. Testimonianze preziose per ricostruire la storia di uno degli strumenti fondamentali per la musica moderna.


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