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Dolomiti Ski Jazz - Edizione 2024
Val di Fiemme, Val di Fassa, Val di Cembra
8-17.3.2024
Concerti nei teatri e nelle terrazze dei rifugi, jam session nei pub, street parade nelle vie dei paesi a fondo valle. Il tutto contornato da paesaggi, montagne e piste da sci di rara bellezza. Da ventisei anni il Dolomiti Ski Jazz propone a residenti e turisti un mix di ingredienti unico, in grado di soddisfare tanto il jazzofilo più incallito quanto l'ascoltatore occasionale.
Nell'edizione di quest'anno, oltre alle consuete sedi della Val di Fiemme e Cembra, il festival ha coinvolto alcune località della Val di Fassa, ampliando così l'estensione territoriale ed il bacino di utenza della manifestazione.
Pezzo forte del festival era il quartetto "Yankee Go Home" del chitarrista John Scofield, con Jon Cowherd al pianoforte, Vicente Archer al contrabbasso, Josh Dion alla batteria. Un progetto che attinge alle radici rock di Scofield, alla cultura americana e della contestazione degli anni '60-'70 e dunque ad artisti come Jerry Garcia ed i suoi Grateful Dead, Neil Young, Buddy Holly. Senza dimenticare qualche composizione originale ed un tributo alla storia del jazz (una delicatissima "The Creator Has a Master Plan" di Pharoah Sanders). Il tutto affrontato con un atteggiamento molto divertito e rilassato (laid back, si sarebbe detto nella California di allora), ma anche molto affettuoso. Evidente la partecipazione emotiva di Scofield, che per l'occasione ha messo in disparte le angolosità del suo fraseggio per lasciare spazio a linee melodiche più rotonde e ad intervalli meno ampi del consueto. Notevole anche l'adesione al progetto dei suoi compagni di avventura, tra cui segnaliamo un calibratissimo Vicente Archer che con il suo incedere essenziale si è rivelato l'autentico baricentro del quartetto, ed un Josh Dion che a dispetto della giovane età era perfettamente calatoper look, taglio di capelli e drumming pirotecniconella parte del rocker anni '70.
Pubblico entusiasta, musicisti deliziati dall'accoglienza, teatro pieno. Portare cinquecento spettatori paganti ad un concerto jazz è operazione non semplice persino in una grande città. Riuscire a farlo in un piccolo paese di montagna è indice dell'ottimo lavoro svolto dagli organizzatori del festival. Bravi!
Con "Viva #De André" il suo biografo ufficiale Luigi Viva, in compagnia di Luigi Masciari alla chitarra, Francesco Bearzatti a sax e clarinetto, Alessandro Gwis a piano e tastiere. Francesco Poeti al basso, Pietro Iodice alla batteria, ci ha raccontato la vita ed il percorso artistico del cantautore genovese attraverso ricordi, aneddoti, audio di conversazioni, immagini e reinterpretazioni in chiave jazz di alcuni suoi brani. Sarà perché non abbiamo mai subito, per ragioni anagrafiche e per inclinazione personale, il fascino di De André, ma l'operazione non ci ha particolarmente convinto e della serata abbiamo trattenuto solo alcuni frammenti. Una versione alla Weather Report de "Il Pescatore" (Faber era un grande estimatore di Joe Zawinul), una "Canzone di Marinella" che richiamava da vicino "Besame Mucho," l'immagine di un gruppo jazz con De André alla chitarra e Luigi Tenco al sax alto, la scoperta dell'amore di De André per Jimmy Giuffre ed in particolare per il disco The Jimmy Giuffre 3, su cui il nostro progettava di fare un album.
Gli altri concerti serali del festival hanno avuto per protagonisti il quintetto di Roberto Gatto con il suo progetto su Tony Williams, ed il trio del pianista Aaron Goldberg con Matt Penman al contrabbasso ed il giovanissimo Joe Santoro alla batteria, che non abbiamo potuto ascoltare ma di cui ci hanno raccontato meraviglie.
Tra i concerti nei rifugi, segnaliamo quello della cantante Irene Serra e del chitarrista Luca Boscagin, che hanno presentato brani tratti dal Great British Songbook: musiche di Police, Bee Gees, Eurythmics, Rod Tempterton, Genesis re-interpretate in chiave smooth jazz, con molta delicatezza ed un senso ritmico non comune.
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