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Iconoclast: Dirty Jazz
ByDirty Jazz (mai titolo più appropriato) racchiude in poco più di un'ora ben diciannove episodi, alcuni meri frammenti musicali, altri maggiormente strutturati e formalmente compiuti, quasi tutti comunque devastanti dal punto di vista musicale. Il jazz del titolo è un ipotesi, un tratto semantico che crea connessioni mentali ma sul campo viene "sporcato," maltrattato, rivoltato come un calzino dai due protagonisti. Così che è quasi impossibile descrivere in maniera efficace la musica che ne risulta.
Perché violenza (sonora) e dolcezza convivono, cortine di suoni inestricabili, bordate che richiamano l'energia selvaggia del punk si alternano a paesaggi che sanno di tramonti nordici attraversati da lampi e tuoni improvvisi. Melopee dal sapore arabo vengono squarciate dal contralto tagliente di Joslyn, sperimentalismi vocali alla Ursula Dudziak vengono ingentiliti da un improbabile calipso che non sarebbe dispiaciuto al Saxophone Colossus. E vi è posto anche per un sontuoso brano - "Boiled Kneepads " in stile progressive rock...
Ciesa e Joslyn mettono in campo oltre alla loro maestria sugli strumenti principali una grande abilità nell'uso dell'elettronica e della voce così che l'effetto complessivo va ben la di là del duo, con risultati che in qualche caso hanno la potenza, la massa d'urto e la varietà timbrica di una orchestra. Nonostante questo tipo di approccio musicale trovi normalmente sublimazione dal vivo, Dirty Jazz, ne è comunque una potente testimonianza discografica e una salutare boccata d'ossigeno.
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