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Roscoe Mitchell: Composition/Improvisation Nos. 1, 2 & 3

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Roscoe Mitchell: Composition/Improvisation Nos. 1, 2 & 3
E se alla fine l'annosa diatriba sulla opposizione/dialettica tra composizione e improvvisazione fosse solo frutto di un errore percettivo? E l'essenza del "farsi" musica [in tempi più o meno meditati o immediati] emergesse dal negativo, come in quelle illusioni prospettiche, rivelandosi un brulicare di "altro" cui incredibilmente non si era fatto caso?

La domanda è ovviamente e volutamente paradossale e non può distogliere dalla ricchezza del continuo rapportarsi tra materiale composto e improvvisato nella musica creativa dell'ultima parte del secolo Ventesimo e in questo primo scorcio del successivo. Ma non c'è dubbio che la riduzione a un bipolarismo di soluzioni formali contenga in sé l'urgenza di indagare lo spazio tra i termini, quella zona colta con il margine dell'occhio - o dell'orecchio - e nella quale invece si specchia, con perturbante densità, il gesto creativo.

Come se non bastasse, il nuovo lavoro di Roscoe Mitchell, inequivocabilmente intitolato Composition/Improvisation Nos. 1, 2 & 3, aggiunge alla questione un'ulteriore "coppia" di termini, quella tra Vecchio e Nuovo Mondo, che si fondono in questo Transatlantic Art Ensemble, sorta di orchestra delle meraviglie che unisce alcuni componenti delle sue formazioni [da Corey Wilkes a Jaribu Shahid a Craig Taborn] con una serie di artisti che ruota attorno all'Electro-Acoustic Ensemble di Evan Parker.

L'occasione per un simile incontro, avvenuto alla Muffathalle di Monaco di Baviera nel settembre del 2004, è stata un simposio sulla musica improvvisata, seguito da alcuni giorni di prove comuni, culminate in due concerti. Della serata diretta da Mitchell questo disco offre nove "scene" tratte dalle composizioni/improvvisazioni del titolo, assemblate sotto forma di suite.

Il booklet del disco ricorda rapidamente alcune strategie performative su cui Mitchell si è focalizzato, tra cui quella di improvvisare solo su alcune note date, oppure mediante l'utilizzo di "cards", ma quello che emerge alla fine è che l'intero lavoro incomincia a rilucere di vita propria, a squarciarsi in rivoli incandescenti seguiti avidamente dagli strumentisti.

L'inizio, di sapore cameristico con gli archi in evidenza, lascerebbe intendere una direzione timbrico compositiva di una certa cifra, ma man mano che si prosegue nell'ascolto, si viene letteralmente risucchiati in un gorgo di suoni che sembrano avere dimorato per secoli nelle viscere della terra ed essere tornati fuori per reclamare la nostra anima.

Ecco quindi che dalle "formule" Mitchelliane si può scatenare - ad esempio nella strepitosa traccia numero III - un vero e proprio cataclisma sonoro, che muove dalle braci di Ascension per fare esplodere i quattordici musicisti in una liberazione collettiva.

Il risveglio - traccia IV - è affidato a un erratico clarinetto che si arrotola su se stesso inseguito da macchie fantasmatiche di archi e in questa parte centrale del disco sono diversi gli episodi affidati a un numero limitato di strumenti, svelando della scrittura di Mitchell le qualità più sottili, la sensibilità nell'affidare a un solista - ottimo ad esempio il giovane Wilkes - le pennellate più precise.

È incantevole tutto questo blocco centrale del disco, apparentemente più impalpabile e invece attraversato da una tensione narrativa che si fa seguire in ogni su dettaglio, quasi che il seguire di strumento in strumento - il flauto, poi il sax baritono, ma anche il pianoforte - le finezze della trama diventi un impulso fisico, impellente e appagante.

È musica di relazioni, di agganci e sganci, di attenzioni e affezioni, quella che sgocciola da queste tre composizioni/improvvisazioni, è giustapposizione di ferite e lacerazioni, respiro che segue energie quasi medianiche.

Con cattiveria un po' spiccia si potrebbe dire che Mitchell arriva qui dove decine di quotati compositori di musica contemporanea non riescono a giungere nemmeno in una vita, a una liberazione dagli schemi che non è privazione, ma al contrario capacità di usarne con spontaneità qualsiasi combinazione o parte di essa.

All'esito contribuiscono in maniera fondamentale tutti i musicisti, con le "coppie" [ah, ancora loro!] Guy/Shahid e Tabbal/Lytton a contrabbasso e batteria che sanno cucire ogni bordo, strappandone le certezze con denti aguzzi e riafferrandone il senso indomabile.

Si giunge così - in maniera circolare, con un viluppo di archi che si ricollega all'inizio - alla fine di questi ottanta minuti di musica [che consigliamo di ascoltare integralmente, non a pezzi] con l'intero corpo che freme insieme alla musica, che è diventato essa.

Per Mitchell una delle prove più convincenti della sua lunga carriera!

Imperdibile.

Track Listing

I (from Composition/Improvisation 2); II (from Composition/Improvisation 2); III (from Composition/Improvisation 3); IV (from Composition/Improvisation 1); V (from Composition/Improvisation 2); VI (from Composition/Improvisation 2); VII (from Composition/Improvisation 2); VIII (from Composition/Improvisation 1); IX (from Composition/Improvisation 2).

Personnel

Roscoe Mitchell
saxophone

Roscoe Mitchell: soprano saxophone; Evan Parker: soprano and tenor saxophones; Anders Svanoe: alto and baritone saxophones; John Rangecroft: clarinet; Neil Metcalfe: flute; Corey Wilkes: trumpet, flugelhorn; Nils Bultmann: viola; Philipp Wachsmann: violin; Marcio Mattos: cello; Craig Taborn: piano; Jaribu Shahid: double-bass; Barry Guy: double-bass; Tani Tabbal: drums, percussion, Paul Lytton: drums, percussion.

Album information

Title: Composition/Improvisation Nos. 1, 2 & 3 | Year Released: 2007 | Record Label: ECM Records


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