Véronique Dubois - François Carrier: Being With

L'iniziale "Beginning," così, è assai promettente, con Carrier (per lo più alquanto scabro, assolutamente non virtuosistico) che vi si produce sia al flauto (non accreditato in copertina) che al soprano, il quale torna nel successivo "Six Balloons," a sua volta felice. La vocalità di Véronique Dubois, in generale, scantona fra l'antigrazioso teatral-contemporaneo e l'apocalittico soft. Dopo un po,' sia quel che sia, qualcosa s'incrina, si assopisce, creativamente parlando. La musica conserva sempre dignità e coerenza, ma mostra un po' troppo in fretta la corda. Latitano le situazioni in grado di tener vivo un dialogo a due che, per contro, s'infila come si accennava nel cul de sac del fin troppo univoco binomio voce/sax alto (tutto l'ampio corpus centrale del disco si muove lungo questa direttrice, quasi senza soluzione di continuità, e non c'è da stare granché allegri). Non si scorgono, in altre parole, adeguate strategie - architettoniche, dinamiche, timbriche - in grado di evitare una montante assuefazione. Nonché una punta di noia.

Di buono, rimangono i momenti più liberi (qualcuno anche sul finire), quanto di più simbiotico e inventivo, di meno schematico e ripetitivo, riesce a controbattere le insidie di un'improvvisazione senza rete - com'è appunto questa - non sufficientemente corroborata da capacità di rigenerarsi brano dopo brano, nota dopo nota. Perché è del tutto evidente che non esiste solo il manierismo di quanti martoriano sempre le medesime scale: ce n'è uno, altrettanto insidioso, anche per coloro che si vorrebbero depositari della più totale libertà di espressione. Troppa libertà, se non adeguatamente gestita e metabolizzata, finisce infatti per tramutarsi quasi senza che ci se ne accorga in una prigione senza uscita.

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