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Aria - Tempo Reale Festival 2023

Aria - Tempo Reale Festival 2023

Courtesy The Factory prd

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Aria—Suoni e musica di ricerca
Limonaia di Villa Strozzi
Firenze
14-15.6.2023

Nel suggestivo spazio della Limonaia di Villa Strozzi, il tradizionale appuntamento fiorentino con la rassegna Aria, organizzata da Tempo Reale, il Centro di Ricerca Produzione Didattica Musicale fondato da Luciano Berio e diretto da Francesco Giomi, si è articolato quest'anno su due serate e tre concerti che coniugavano musica la elettronica e l'improvvisazione in tre fogge assai diverse: il duo, il sestetto e il solo.

La prima serata, mercoledì 14 giugno, prevedeva il concerto di due storici protagonisti della musica di ricerca: il compositore, direttore e performer tedesco Heiner Goebbels e il sassofonista palermitano Gianni Gebbia, che al mattino avevano dato vita a una conversazione pubblica. Entrambi impegnati su una molteplicità di strumenti e oggetti vari—accanto al pianoforte, Goebbels aveva un ampio supporto sul quale si trovavano sintetizzatori, apparecchi elettronici, percussioni, palline di metallo o legno e perfino un cordofono di origini africane, mentre Gebbia, oltre ai sassofoni soprano e baritono, disponeva di strumenti elettronici e vari oggetti con i quali "preparare" in tempo reale i sax—i due hanno dato vita a una suite di circa un'ora, senza soluzione di continuità, ancorché di fatto tripartita da brevi pause sospensive. Chi scrive non è al corrente di quanto la musica espressa prevedesse schemi o accordi predeterminati dai due artisti, ma l'impressione destata è che vi predominasse la libera improvvisazione, determinata soprattutto dall'ascolto e dall'intesa costruita sul campo.

La performance s'è aperta con un coacervo di suoni prodotti da Goebbels attraverso l'elettronica—con rumori, effetti sintetizzati e qualche campionamento di voci o strumenti—e le percussioni—prodotti dagli oggetti sul tavolo, ravvivati dalle palline di quando in quando scagliate su strumenti lamellari—ai quali s'è presto aggiunto Gebbia, che ha usato il soprano in molteplici modi "non convenzionali," sia esprimendosi espressivamente sui registri standard, sia modificando i timbri applicando dei cilindri lignei al posto del bocchino, sia usandolo del tutto privo di bocchino e riuscendo ciononostante a produrre linee di musica "temperata."

Il secondo scenario della suite ha visto Goebbels più frequentemente al pianoforte, ove ha alternato passaggi di musica contemporanea a invenzioni ora rarefatte, ora percussive, mentre Gebbia ha imbracciato il baritono, usato con forte intensità dinamica e numerosi stilemi espressivi anche estremi. In questa sezione rumorismo e liricità si sono fusi, intrecciandosi e sciogliendosi a più riprese, trasmettendo l'idea di un accidentato percorso narrativo.

Dopo un breve episodio quasi interamente solistico di Goebbels al citato cordofono—forse un po' didascalico per il suo isolamento, oltretutto con l'artista per la prima e unica volta in risalto al centro della scena—il terzo scenario si è progressivamente sciolto su un piano lirico, con Gebbia a tenere la scena dipanando un paio di temi in forma di melodiosa, ancorché articolata e tormentata, canzone e Goebbels ad accompagnarlo al pianoforte. Modalità con cui si è concluso il concerto e che è stata ripresa nel primo breve bis, a cui ne è seguito un secondo del solo Gebbia che, al soprano, ha offerto uno strepitoso saggio delle sue qualità strumentali. Aldilà di qualche piccola sfrangiatura, un concerto esemplare, di grande varietà timbrica e potenza, nel quale il concatenarsi degli eventi sonori aveva sempre un forte senso musicale, a dispetto del loro solo apparentemente caotico intrecciarsi. E due artisti, ça va sans dire, sublimi.

Il giorno successivo si sono susseguiti due concerti. Il primo vedeva di scena il sestetto Big-Bologna Improvisation Group, formazione di improvvisatori elettroacustici nata nell'ambito della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio di Bologna e composta da Antonio Ciaramella, Simone Grande, Salvatore Miele, Andrea Sanna, Nicola Venturo, Giacomo Zanus. Tutti impegnati a sintetizzatori ed effetti elettronici, con tre di loro anche alla chitarra, i musicisti hanno dato vita a una performance totalmente improvvisata e incentrata sul costante mutamento timbrico e dinamico, che in alcuni momenti vedeva prevalere effetti ritmici—talvolta forse un po' troppo a lungo reiterati—e in altri lasciava invece libero il campo a un caleidoscopico intreccio dei suoni. Unico episodio lirico: un tema sviluppato in libertà dalla chitarra di Zanus, all'interno del quale intervenivano in contrappunto gli altri, senza sovrastarlo né fagogitarlo, che ha rappresentato il momento di quiete di un concerto per il resto magmatico e di forte tensione, ma comunque eccellentemente coordinato dai sei, così da mostrare con una certa chiarezza all'ascoltatore il percorso musicale attraversato. Lavoro interessante, di una formazione giovane sia di nascita, sia per l'età anagrafica dei componenti, cui non si può che augurare di aver molte possibilità di esibirsi per proseguire la propria crescita.

Il concerto di chiusura era il solo della sudcoreana Okkyung Lee, che ha fatto uso di basi preregistrate per sviluppare la sua improvvisazione al violoncello. Trasferitasi giovanissima a Boston e oggi residente a New York, l'artista ha all'attivo vari dischi per Tzadik, collabora con alcuni dei maggiori protagonisti della scena d'oltreoceano e ha mostrato nei cinquanta minuti di musica un'abilità tecnica sopraffina, esibendosi in numerosi stilemi non convenzionali, quali stridori sulle corde con l'archetto, modulazioni delle note, percussioni. Meno convincente, invece, la sua interazione con la base preregistrata—che da un lato la vincolava, dall'altro non è sembrata offrirle opportunità ben sfruttabili—nonché la musicalità del modo in cui ha articolato le forme espressive, forse anche un po' limitate in quantità, ancorché notevoli in qualità. Ne è scaturito così un concerto un po' ridondante, la cui coinvolgente conclusione —molto intensa anche grazie al crescendo della base—è giunta quasi d'improvviso, dando l'impressione di essere almeno in parte estranea a quanto l'aveva preceduta. Resta comunque un saggio di cosa si può tecnicamente fare in solitudine con un violoncello, con o senza l'ausilio di un apparato elettronico. Cose che, qui in Italia, è ben difficile poter vedere dal vivo.

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