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Alessandro Lanzoni al Pinocchio di Firenze

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Alessandro Lanzoni
Firenze
Pinocchio Live Jazz
13.1.2018

Era attesissima la prima data del 2018 del Pinocchio Live Jazz, che vedeva di scena il pianista Alessandro Lanzoni, qui di casa e passato prima di Natale nel gruppo di Jesper Bodilsen (clicca qui per leggere la recensione del concerto), ma stavolta in piano solo, ardita prova che il giovane musicista aveva documentato poco più di un anno fa sul disco Diversions.

Lanzoni ha affrontato il concerto in piena libertà, avviandolo con due brani completamente improvvisati, nel corso dei quali ha sviluppato creativamente un percorso dettatogli sul momento dagli accenni tematici iniziali. Ciò ha permesso di evidenziare il suo stile improvvisativo, assai denso di note, reiterazioni e cambi di scenario, con un fraseggio più spesso di ispirazione classica che non tradizionalmente jazzistico e un tocco pulito, raffinato, che affidava le sfumature timbriche soprattutto alle variazioni dinamiche. Un genere di approccio alla tastiera lontano tanto dalle peregrinazioni meditative, quanto dagli impressionismi dinamici traslati dal rock oggi spesso dominanti la scena dei piano solo (e anche dei piano trio), quanto infine dalle esplorazioni meramente timbriche proprie di molta improvvisazione radicale. Lanzoni è invece sembrato cercare la piena coerenza del discorso narrativo, anche nelle improvvisazioni totali, senza mai trascurare né l'aspetto ritmico, né una grande cura del tocco.

Fatale che questo approccio desse il meglio nei momenti maggiormente suggestivi dal punto di vista del materiale melodico, che emergevano qua e là nelle improvvisazioni ed erano centrali nei brani successivi, inglobanti o incentrati su standard o proprie composizioni originali, per raggiungere forse il momento più alto nel toccante "Nocturne n. 8" di Lowell Liebermann, presente anche in Diversions e interpretato dal vivo in modo splendido.

Ciò non significa che nel corso del concerto siano mancati passaggi caratterizzati da stilemi più strettamente jazzistici e perfino dal blues, perché -come è del resto suo solito -Lanzoni ha spaziato in numerose direzioni diverse, donando al tutto un'unità appunto attraverso il proprio approccio alla tastiera e all'improvvisazione. Uno stile forse ancora un po' da perfezionare (in qualche momento è sembrato che il pianista indugiasse oltremisura sulle ipnotiche reiterazioni di note, quasi fosse alla ricerca di soluzioni) -del resto Lanzoni è pur sempre giovanissimo -ma certo già adesso personale e ricchissimo, come ha dimostrato l'entusiasmo del pubblico piuttosto folto, che lo ha richiamato due volte per i bis.

Foto (di repertorio): John Kelman

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