Joe Rosenberg: Tomorrow Never Knows

Nuova fatica discografica per il sopranista bostoniano Joe Rosenberg, stavolta in quintetto secco (nel precedente Rituals and Legends il gruppo si allargava fino alle nove unità), per un'ora scarsa di musica elegante e vagamente cameristica (almeno a tratti), che entra subito nel vivo con "Lalit," dodici minuti e mezzo di deambulare articolato, cui il violoncello di Didier Petit fornisce un tono (non solo qui) molto caratteristico, fortemente identitario.

Sonorità meno aggraziate, più sperimentali e grumose, segnano il successivo "Before," in un contesto concentrato e stimolante. "Portrait of Tracy," che segue, reca la firma di Jaco Pastorius, ponendosi a un singolare crocevia (almeno tematico) fra Lacy... e Domenico Modugno ("Tu sì 'na cosa grande"). Subito dopo, "During" sfoggia un camerismo— appunto—mosso e nervoso, peraltro con intersezioni limpidissime fra i vari strumenti.

Non c'è un momento di stanca, nel disco: a confermarcelo arriva prontamente la titletrack (di John Lennon), attraversata da un gran bel movimento interno sopra il pulsare implacabile del contrabbasso. Chiude le ostilità "After," di avvio pacato, col soprano che fa il suo ingresso solo attorno a metà brano, ribadendo (il totale, intendiamo) l'aplomb che ci aveva accolti nell'iniziale "Lalit."

Disco di sicuro pregio, mai banale e capace di dire cose importanti senza enfasi né vacue velleità autoaffermative.

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