Yitzhak Yedid: Through the Window of Marc Chagall

Yedid, nato a Gerusalemme nel 1971, ha fra l'altro studiato a Boston con Ran Blake e Paul Bley. In alcuni brani di questo CD traspare infatti la loro influenza, ma manca la loro tensione dinamica, la loro problematicità; la vitalità jazzistica appare raggelata in quanto Yedid è più un compositore che un vero performer e come tale agisce sulla tastiera.

Innanzi tutto, come anche nei dischi precedenti, egli concentra le sue intenzioni compositive su un preciso nucleo tematico. Nelle note di copertina l'autore si dilunga a spiegare come in questo caso le sue composizioni si ispirino a dipinti di Marc Chagall, pur rifiutando un'aderenza descrittiva e, direi, anche una sintonia emotiva. "Mi preme sottolineare che la musica non intende ritrarre quello che si vede nei dipinti. La loro influenza primaria consiste nel fornire il concetto. Si potrebbe anche definire così: ho scritto musica che si riferisce a dipinti che Chagall potrebbe aver eseguito se fosse vissuto nella realtà attuale".

Le sue parole rivelano quanto egli sia ben consapevole della distanza fra le due arti, della diversità dei loro mezzi espressivi e comunicativi. Tuttavia l'impressione che si trae dall'ascolto del CD è che le motivazioni risultino un po' artificiose, che la rigida aderenza all'impianto concettuale tenda ad imbrigliare la spontaneità e la consistenza del messaggio musicale.

Senza essere in possesso di una tecnica virtuosistica o di idee di una particolare complessità, Yedid predilige andamenti lenti, accordi ben marcati e una diteggiatura nitida. In questo CD, certo non banale, non stancamente derivativo, si ripetono di brano in brano situazioni statiche, a volte esoteriche e tenebrose, con pochi momenti di un relativo ravvivarsi dei colori o di un'eccentrica deviazione. La coerenza è di solito un pregio, ma in questo caso volge piuttosto verso la monotonia.

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