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The Uncommon Orchestra di Mike Westbrook al Teatro Golden di Palermo

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The Uncommon Orchestra —Mike Westbrook
Nomos Jazz
Teatro Golden
Palermo
16-11-2018

Giunto all'ottava edizione, Nomos Jazz ha ormai assunto il ruolo guida nella programmazione del jazz internazionale in Sicilia. Lo testimoniano i tre cartelloni della sua stagione concertistica 2018/2019, che faranno di Palermo una delle capitali europee della musica. L'iniziativa è tanto più lodevole in considerazione della parallela valorizzazione dei migliori talenti italiani (Claudio Cojaniz, Roberto Ottaviano, Stefania Tallini su tutti) , che rende questa associazione musicale una rara avis nell'Isola. Da non perdere i concerti dei Take 6 (16 dicembre), Don Byron (8, 9 aprile 2019), Danilo Pérez con John Patitucci (15 marzo 2019) e soprattutto Tim Berne con Michael Formanek.

Mike Westbrook & the Uncommon Orchestra featuring Lou Gare di Mike Westbrook ha aperto questa rassegna, come meglio non si poteva. In primo piano un policromo pannello sonoro tra jazz e rock, con composizioni appositamente scritte per i ventitre musicisti che la compongono. La riproposizione del recente doppio CD Catania—Live in Sicily 1992 ha confermato l'unicità di un ensemble che ha elevato a regola l'indeterminatezza delle varie forme del jazz, in una sintesi assai originale. Il repertorio spazia senza soluzione di continuità tra le più creative esperienze musicali del Novecento, tutte risignificate in una prospettiva afroamericana. Tra echi eurocolti, squarci di progressive rock e poesia recitata, il jazz rimane il trait d'union di un percorso estemporaneo, di grande freschezza improvvisativa, coinvolgente e ludico.

L'Uncommon Orchestra è un ensemble volatile nella sua imprevedibile condotta armonica e ritmica, pronta a forzare le regole auree della tradizione jazzistica per big band: dietro un assolo di tromba, sono le altre trombe e non le ance ad interpretare la scrittura dei fondali scritti. Il violino e le voci entrano a pieno titolo nella front line, a fare da controcanto agli assoli dei sassofonisti, in luogo degli ottoni. Ma le sorprese non finiscono qui. Nel bel mezzo di un rilassato andamento in 4/4, irrompono squarci di improvvisazione radicale al posto della distensiva coda finale, prevista dalle regole dello swing.

Al di là delle eccellenze individuali (su tutti Phil Minton e Dominique Pifarély), colpisce la capacità di Westbrook di sviluppare sempre un rapporto dinamico con la tradizione jazzistica, rivestendola di forme allogene. La sua orchestra, una tra le migliori del panorama jazzistico, ha sfoggiato una flessibilità di stile che si è rivelata indispensabile per affrontare una musica ricca di molteplici colori.

Vivide pennellate di un quadro d'autore, pervase da una felicità di scrittura ed una freschezza inventiva, hanno proiettato la rinnovata cifra artistica di Westbrook in una pulsante contemporaneità. I seicento spettatori presenti al concerto hanno ripagato questa rinnovata formula musicale con un'empatica attenzione, per decenni circoscritta agli addetti ai lavori e ristrette schiere di jazzofili.

Foto di repertorio.

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