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The Shape of Italian Jazz to Come? Raffaele Casarano

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Quando suono col sax e utilizzo i suoni elettronici creando spazi infiniti, mi rilassa molto e mi proietta in una dimensione assolutamente mistica.
È molto giovane Raffaele Casarano (classe '81) ma ha già all'attivo alcuni album a proprio nome, collaborazioni di rilievo, ed è direttore artistico di una rassegna tra le più intriganti: il Locomotive Jazz Festival. Lo abbiamo intervistato in concomitanza dell'uscita di Argento, il nuovo album prodotto dall'etichetta TukMusic di Paolo Fresu, una figura molto presente nel suo percorso artistico.

All About Jazz Italia: Raccontaci come è andato il primo incontro con il sax e con il jazz.

Raffaele Casarano: È arrivato prima il jazz e poco dopo il sax. Avevo appena sette anni e ho ancora un ricordo nitido. Ero a casa di amici di famiglia con i miei genitori e di sottofondo c'era un disco di Charlie Parker, e sentivo dentro di me un senso di piacere. Quella musica era magica, e quello strumento chiamato sax mi arrivò dritto al cuore. Studiavo già musica da poco tempo, ma il jazz, del quale non ne sapevo alcunché, quel giorno mi ha incuriosito molto perché mi dava un senso di serenità.

AAJ: Qual è stato il tuo percorso di formazione?

R.C.: Ho trascorso la mia adolescenza a studiare musica, solfeggio e teoria in particolare, con alcuni professori del mio paese, Sogliano Cavour, in provincia di Lecce, e arrivato all'età di 17 anni ho superato l'esame di ammissione per la classe di sax presso il conservatorio Tito Schipa di Lecce. Così a 23 anni ho conseguito il diploma, nonostante le varie difficoltà con il mio maestro che non voleva che suonassi nei pub e nei locali pubblici altra musica, se non quella classica, insomma, un rito tipico dei Conservatori. Comunque nel frattempo avevo incontrato un altro maestro di saxofono, Fabio Sammarco, che poi è stata la persona che mi ha dato molto riguardo l'approccio e la conoscenza dello strumento, con il quale ho studiato privatamente in contemporanea al Conservatorio, e questo è un piccolo segreto che svelo solo ora in questa intervista.

Successivamente ho iniziato a suonare in giro e a studiare con Roberto Ottaviano, il quale dopo due lezioni mi invitò a proseguire da solo. E così ho fatto. Da allora ho sempre studiato sui dischi, trascrivendo molto, e suonando gli standard con altri musicisti.

AAJ: Quando hai capito di essere diventato musicista a tutti gli effetti?

R.C.: Da sempre ho sognato di fare il musicista. Ho lavorato duro, e continuerò a farlo per riuscire a migliorare, con la consapevolezza di poter scoprire sempre cose nuove. Sicuramente l'incontro con Paolo Fresu è stato il momento più emozionante e intenso della mia vita artistica e non solo. Lui mi ha fatto crescere molto, dal punto di vista musicale e umano.

AAJ: Con Paolo Fresu hai realizzato diversi progetti.

R.C.: Si è vero, Paolo mi ha onorato della sua presenza all'interno dei due precedenti dischi a mio nome, Legend e Replay, oltre ad alcuni progetti live all'interno del Locomotive Jazz Festival, di cui sono direttore artistico.

AAJ: Il tuo nuovo lavoro Argento esce per la TukMusic, etichetta ideata proprio da Fresu. Un progetto che si distanzia notevolmente dai precedenti. Qual è stata la sua genesi creativa?

R.C.: Sono davvero entusiasta e onorato di aver realizzato Argento per TukMusic, che è finalmente l'etichetta ideale per ogni giovane musicista, sia per la filosofia che c'è dietro la produzione, sia per l'entusiasmo che ci mette il produttore, in questo caso Paolo Fresu, nel seguire il lavoro in modo capillare, e tutto lo staff, in particolare Patrizio Romano della My Favorite Records. E soprattutto perchè è il secondo titolo, dopo il capolavoro dello storico quintetto di Paolo Song Lines, e questo mi riempie di felicità ed energia. Quando Paolo mi ha proposto di realizzare un disco per la TukMusic non ci credevo quasi, e subito mi sono messo al lavoro.

Questo disco era nella mia mente da un po' di tempo, ma a questa proposta l'entusiasmo è arrivato alle stelle, così ho scritto tutta la musica e preparato insieme al mio amico Marco Rollo tutta la parte elettronica. Quattro mesi di pre-produzione, lavorando sui loop elettronici, una settimana di registrazioni e un mese di post-produzione. Insomma, un lavoro faticoso, ma davvero entusiasmante. Quando ho scritto Argento avevo un forte interesse verso il flamenco, e sentivo la necessità di realizzare un disco che potesse unire tutti gli stili musicali che nel corso della mia piccola carriera ho incontrato. Il jazz è il filo rosso che unisce tutta la musica, e in questo album compaiono ben 18 musicisti, che provengono da vari stili musicali come il rock, blues, musica elettronica, e naturalmente il jazz.

Sono contentissimo perché è un disco totalmente "made in Salento". A partire da tutti i musicisti, tranne Daniele di Bonaventura, dall'artista che ha realizzato la copertina del disco, Francesco Cuna, sino alle opere fotografiche di Flavio&Frank, ai gioielli di Federico Primiceri concessi per gli scatti e ai vestiti di Duplex.

AAJ: Sei un musicista che non si tira indietro quando c'è da interagire con l'elettronica. Come ti relazioni con questo elemento?

R.C.: Mi piace tanto lavorare con l'elettronica, infatti Argento ha una direzione ben evidente verso i suoni sintetici e i loop ritmici, che ho immaginato come tappeto a tutta la tessitura melodico-armonica del disco. Così è stato. Non mi piace però quando l'elettronica prende il sopravvento sulla musica live e quindi ho cercato di mantenere questa filosofia, facendo suonare tutti i musicisti in maniera libera senza essere limitati o "ingabbiati" in strutture predefinite, e questo sarà ancora più evidente nei live, anche perché nel disco non volevo inserire brani troppo lunghi. L'elettronica sul sax invece, mi piace utilizzarla per un ulteriore aiuto d'ambientazione, quindi reverbero, deley. Quando suono col sax e utilizzo questi suoni elettronici creando spazi infiniti, mi rilassa molto e mi proietta in una dimensione assolutamente mistica. Mi ispiro molto a Paolo anche sotto questo profilo, per come concepisce l'utilizzo dell'elettronica, facendo sì che sia parte del suono e non la cosa principale.

AAJ: Quali sono gli aspetti sui quali vuoi concentrarti per progredire ulteriormente e i punti di forza del tuo modo di fare musica?

R.C.: La cosa su cui mi sono sempre concentrato è stata la passionalità e le emozioni che mi suscitano i luoghi e i profumi che mi circondano. L'ho sempre fatto con la massima spontaneità e questo mi riesce facile soprattutto quando incontro musicisti con i quali prima dell'aspetto artistico c'è una bella intesa umana e tra questi voglio citare il mio amico contrabbassista Marco Bardoscia, con il quale suono da sempre. Vorrei quindi continuare a farlo, perché credo fermamente in questi aspetti umani fondamentali, che fanno bene a me e alla mia musica.

AAJ: Se accendo il tuo iPod, cosa trovo in play?

R.C.: Mi piace ascoltare tutta la musica, non solo jazz, perché sento in tutti gli stili quell'aria jazzistica che tiene uniti i suoni. Mi piacciono molto John Coltrane, Cannonball Adderley, Chet Baker, ma anche Alex Britti e la Mannoia ad esempio, oppure i Placebo, Radiohead, Prodigy e molti altri.

AAJ: Nella tua vita, oltre che per la musica, quali altri interessi o passioni coltivi?

R.C.: Mi piace molto andare a pesca. Star da solo ascoltando il rumore del mare e attendere il "colpo" della canna che si dimena tra gli schizzi d'acqua mi elettrizza come le note che nascono all'improvviso nel cuore quando meno te l'aspetti e sono là, immobili, ad attendere solo che tu gli dia voce col tuo strumento.

Foto di Flavio&Frank (la prima e la terza), Colored (la seconda) e Vincenzo Sabatini (la quarta).


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