Aaron Diehl: The Bespoke Man's Narrative

Ha cominciato da giovane con Bach e la musica classica, qui ricordata con un lungo brano ispirato da Maurice Ravel (che, in verità, non convince tantissimo soprattutto se paragonato a quello che i colleghi europei, come Roland Batik, sanno fare in questo tipo di ibridazion). Poi è arrivato il jazz, Duke Ellington, ricordato con "Single Petal of a Rose", la musica del Modern Jazz Quartet e John Lewis, e Wynton Marsalis, nel cui settetto milita da qualche tempo. Eric Reed è stato fra i suoi insegnanti e quindi Diel segue quella linea maestra così cara anche al famoso trombettista. Inutile cercare le invenzioni di un Jaki Byard o di un Hampton Hawes: qui la tradizione viene presa sul serio senza creare grosse sorprese, ma ovviamente con un grande tocco e padronanza dell'intera tastiera.

Il disco risulta molto gradevole, tagliato a misura per il gruppo in questione, tutti musicisti di grossa levatura tecnica che si propongono come i prossimi Young Lions.

Alcuni brani sono impressionanti per la facilità con cui si improvvisa ed i tempi presi sul metronomo: "Generation Y" ad esempio, oppure "Stop and Go," forse una possibile sfida sul terreno di un Oscar Peterson. Sono le cose migliori del disco, in cui il gruppo appare perfetto, un'unità coesa da cui ci si aspettano cose ancora migliori per il futuro. Bravissimo il vibrafonista Warren Wolf, che almeno dà un'impronta sulla scia di Milt Jackson, di cui comunque si esegue "The Cylinder".

Nonostante manchi un po' di tensione emotiva, The Bespoke Man's Narrative rappresenta l'ottimo esordio di un pianista e di un trio che hanno le radici nella tradizione.

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