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Terje Rypdal: In a Miles Mood

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Lungo il percorso ho trovato Meditations di John Coltrane. All’inizio non l’ho capito, ma è stato molto importante per me perché ha quell’apertura musicale che si ricollega al meglio del rock.
Di R.J. DeLuke

Il norvegese Terje Rypdal, un’icona della chitarra jazz, più di trent’anni fa si rivelava come una nuova voce nel mondo jazzistico, ma il suo ambito di provenienza era quello della musica rock non jazz. Fortemente influenzato dal jazz elettrico degli ultimi anni sessanta/primi anni settanta, attirò l’attenzione degli appassionati con i suoi primi lavori in compagnia di musicisti del calibro di Jan Garbarek e del compositore George Russell, grazie anche all’etichetta ECM alla quale è legato dal 1970.

Da quando ha iniziato a registrare regolarmente e a calcare le scene, ha influenzato molti chitarristi con il suo stile che spesso risulta costituito più da suoni ascendenti che dalla tipica successione di note alla Charlie Christian, modello principale per molti chitarristi americani.

Rypdal, oggi cinquantottenne, era molto noto in Norvegia negli anni sessanta, benché fosse ancora alla ricerca di uno stile personale. Mentre per la maggior parte degli americani rimaneva uno sconosciuto, c’era almeno un ascoltatore delle sonorità blues rock della band di cui Rypdal faceva parte in quel periodo, i Dream. Il giovane chitarrista era un grande ammiratore di Hendrix, e ne faceva una imitazione • perfino nella voce • nelle sue serate. In studio, la band fece un album, nei tardi anni sessanta, dal titolo Get Dreamy, che includeva molta musica di Hendrix.

Pare che Rypdal avesse una fidanzata al tempo che “stava andando a trovare una sua amica in Svezia, che era una delle numerose ragazze di Hendrix. Così, le diedi una copia dell’album dei Dream, nella speranza che arrivasse fino a Jimi”, dice Rypdal. Dopo anni, si convinse che il disco non doveva avergli fatto una grande impressione, e forse non l’aveva neanche mai sentito. Ma nel giugno 2005 Rypdal riceve una lettera da un collezionista di Los Angeles che aveva acquistato la collezione di dischi posseduta da Hendrix, ritrovata in Inghilterra, dove aveva vissuto. E, diceva il collezionista, fra i dischi c’era anche l’album dei Dream.

Il collezionista “mi spedì una fotocopia di ciò che avevo scritto, così lo contattai. Non solo Hendrix l’aveva ricevuto • prima non sapevamo neanche se l’avesse mai scartato • ma lo aveva portato con sé a Londra. Il tipo mi disse che era stato sicuramente usato, il che mi fa molto piacere”.

“Venni a sapere della morte di Jimi prima che ne fosse data notizia ufficiale”, aggiunge Rypdal. “Quando Freddie Hubbard arrivò [in Norvegia] da Londra, mi chiesero di andarlo a prendere all’aeroporto. Aveva appena ricevuto la notizia della morte. E stiamo parlando di due giorni prima della notizia ufficiale”.

Ora abbiamo una nuova occasione di sentire Rypdal all’opera:

Vossabrygg, registrato nel 2003 partendo da un lavoro commissionatogli dal Vossa Jazz Festival in Norvegia.

La musica è in parte un omaggio a Miles Davis e al suo album Bitches Brew. Il periodo elettrico di Miles Davis è molto importante per Rypdal e per il trombettista Palle Mikkelborg, suo compagno musicale di lungo corso presente anche nel nuovo disco e che aveva partecipato a suo tempo all’album Aura (Columbia, 1989) di Miles. Ma, dice Rypdal, il disco nel complesso “è un mix di molte cose”, non solo un tributo a Miles.

Racconta che alla fine del 2000, prima che gli venisse commissionato il disco, il suo agente Pal Gjersum gli regalò per Natale The Complete Bitches Brew Sessions (Legacy Recordings, 2000). “La notte quasi non dormii, ascoltando quel disco”, dice con una risata. “Anche quando fu pubblicato (1969) fu molto importante per me”.

Alcune linee di basso in Vossabrygg, ma anche altri elementi, ricordano molto Bitches Brew. In particolare l’apertura di Ghostdancing, dove emergono frammenti di Pharaoh’s Dance.

“Anche alcune citazioni, nate durante le prove, rendono il collegamento più chiaro di quello che doveva essere”, dice Rypdal. Ma, sottolinea con una risatina, “non ho cercato di rifare Bitches Brew”.

Sia lui che Mikkelborg si dichiarano soddisfatti del progetto. “Non penso che Palle voglia suonare come Miles. In realtà, sono stati amici e Miles è stato il suo idolo. Penso che Palle sia cambiato, negli ultimi cinque o sei anni, specialmente nell’utilizzo dei pedali e altri effetti. Il suo suono è diverso, in qualche modo rispettoso senza essere imitativo”.

“Un paio d’anni fa ho suonato in concerto con John McLaughlin (chitarrista in Bitches Brew) in Svizzera”, continua Rypdal, “non l’avevo mai incontrato prima. Fu veramente importante per Bitches Brew. È un omaggio a Miles e quel particolare periodo, un periodo in cui McLaughlin aveva molto da dirmi come chitarrista. Da allora l’ho incontrato diverse volte. Ci sono molti collegamenti. Oltre a Coltrane, penso sia stato forse il periodo di maggior influenza. È per questo che voglio dire qualcosa a riguardo”.

Non si tratta dell’unico riconoscimento a Miles che Rypdal abbia registrato. Provate ad ascoltare l’inizio di Tough Enough dall’album Terje Rypdal (ECM, 1971) o anche alcune parti di Silver Bird Is Heading For the Sun dal disco Whenever I Seem to Be Far Away (ECM, 1974).

In Vossabrygg troviamo anche esempi estratti dalla lunga storia di Rypdal come chitarrista, assemblati dal figlio Marius, che nel disco si è occupato di “campionamenti, electronics e giradischi”. È la prima volta che Terje lavora con uno dei suoi figli, Marius, batterista, che utilizza campionamenti tratti dalla lunga discografia di Rypdal, soprattutto Ineo, per coro e orchesta, dal disco Undisonus (ECM, 1992). Sono inseriti in alcune parti dell’album e Terje ci suona sopra delle successioni di accordi che scrisse tempo fa.

“È anch’esso una aspetto importante”, dice Rypdal. “Marius aveva già fatto alcune versioni senza che io lo sapessi, e poi io le ho combinate assieme. Il disco è un mix di tutti questi elementi più, ovviamente, l’importante contributo dei musicisti”.

Lungo l’intero disco Rypdal suona sia un jazz/rock in linea con l’omaggio dichiarato, sia nel suo stile etereo e dilatato, come in Hidden Chapter (decisamente fuori dall’influenza di Miles), un brano che inizia in maniera onirica per poi arrivare ad una moderna sonorità funk, in cui si dispiega l’intervento del figlio Marius. In Waltz for Broken Hearts/Makes You Wonder troviamo un Mikkelborg di ispirazione davisiana. Anche Jungeltelegrafen ha il feeling del Miles elettrico, ma arricchito con effetti elettronici del giovane Rypdal che non erano stati usati ai tempi di Bitches Brew. Il pezzo si ammorbidisce man mano che progredisce, ma il suono della tromba proviene dal linguaggio di Miles.

“Quegli anni erano speciali”, dice riferendosi al periodo fine anni sessanta e primi anni settanta. “Venivo dall’ambiente rock, e dal vivo proponevo quasi tutto il primo album di Hendrix, poi con Jan Garbarek e George Russell mi sono addentrato nel jazz. Lungo il percorso ho trovato Meditations di John Coltrane. All’inizio non l’ho capito, ma è stato molto importante per me perché ha quell’apertura musicale che si ricollega al meglio del rock. Quello è stato un meraviglioso periodo, molto fecondo”.

Di Ghostdancing dice: “Non sempre ci piace quello che facciamo, ma in questo caso direi sicuramente di si”, e sottolinea che c’è l’intenzione di fare un tour live con questa musica.

Per Rypdal si tratta dell’ennesimo disco di una lunga serie di registrazioni con la ECM e dell’ultima testimonianza di un lungo viaggio musicale che prese avvio da Oslo, dove è nato. In tenera età ha studiato pianoforte e per un periodo anche tromba. Per quanto riguarda la chitarra, è sostanzialmente un autodidatta. Iniziò a suonare in una band proprio questo strumento, che al tempo era l’emblema della scena rock in cui era cresciuto. In un gruppo chiamato The Vanguards suonava la musica degli Shadows [con il chitarrista Hank Marvin] e dei Ventures. “Avevo preso un paio di lezioni”, dice Rypdal, “ma con tutti i miei insegnanti finì che formammo la prima band in cui ho militato, The Vanguards. All’inizio, avevo circa quattordici anni, suonavamo musica strumentale. Io sapevo leggere la musica, grazie alle lezioni di piano, e potevo riportala sulla chitarra. Prima di allora, forse avevo preso quattro lezioni in tutto”.

“Poi Clapton incise con John Mayall [e i Bluesbreakers]”, continua Rypdal, “e per me fu molto importante. Iniziai ad ascoltare tutti i musicisti inglesi. Jeff Beck fece una versione di Jeff’s Boogie, per me abbastanza difficile. Poi arrivò Hendrix. Penso che i chitarristi si ascoltassero a vicenda tutto il tempo per imparare nuovi trucchi. Dimenticavo di menzionare un concerto con Steve Vai. Era eccezionale, non si fermava mai”.

Alcune delle influenze che si sono succedute nel tempo includono Eddie Van Halen, Wes Montgomery, Kenny Burrell, Charlie Byrd e John McLaughlin.

Rypdal iniziò ad utilizzare gli amplificatori Marshall in quel periodo, senza però averne familiarità. Stava cercando di sviluppare un sound per la chitarra che sentiva dentro di sé ed ebbe la fortuna di trovare un aiuto da una autentica rock star. “Ci trovavamo a Londra per registrare, nel 1965 o 1966. Grazie all’amicizia tra il nostro manager e Chris Blackwell fui presentato a Steve Winwood, il quale passò una decina di minuti ad insegnarmi come usare un Marshall, che al tempo era una autentica novità che noi non conoscevamo. Se Winwood ci sta leggendo, vorrei ringraziarlo”, dice ridendo. “È stato magnifico”.

Pur continuando a suonare, Rypdal iniziò a studiare composizione con Finn Mortensen, oltre a prendere lezioni dal compositore jazz George Russell, il cui lavoro con la musica modale ebbe una enorme influenza sia su Miles Davis che su John Coltrane. Rypdal iniziò quindi a suonare jazz con un gruppo guidato da Russell e uno guidato da Garbarek, con cui aveva già suonato precedentemente nei Dream.

All’incirca in quel periodo, decise di abbandonare l’idea di iscriversi alla facoltà di ingegneria elettronic e di buttarsi nella musica. “Quando accadde”, spiega Rypdal, “mio padre, direttore della banda militare, mi disse: ‘ti prego di non farlo, è una vita dura’. Ma poi, dopo la parentesi dei Dream, tutto accadde in fretta. Jan Garbarek mi chiese di unirmi al suo quartetto. Contemporaneamente George viveva a Oslo, così feci con lui un corso sul concetto lidio, cercando disperatamente di capire cosa dovessimo fare. Poi suonai con il sestetto di George, che non aveva mai registrato prima, dove presi la parte di trombone che era stata di Bob Brookmeyer o di qualcun altro. Era una parte estremamente difficile, quindi passai due o tre mesi solo per impararla. George fu molto importante, non solo per l’insegnamento ma anche per la musica”.

Rypdal partecipò ai due dischi di Russell: Essence of George Russell (Soul Note, 1966) and Electronic Sonata for Souls Loved By Nature (Soul Note, 1969).

Rypdal era più immerso nel rock e nel pop, oltre ad avere influenze legate alla musica classica che gli derivavano dall’infanzia. All’inizio l’idea di suonare jazz lo lasciava un po’ perplesso. “Mi sarebbe piaciuto suonare più standards”, dice Rypdal, “ma avevo troppo rispetto per farlo. Qui a casa, di tanto in tanto, li suono e forse se avessi iniziato a suonare jazz tre o quattro anni prima poteva anche succedere. Quello che successe veramente invece fu che utilizzai quello che avevo imparato da Jeff Beck e Jimi Hendrix”.

Il primo album della ECM in cui compare Rypdal è Afric Pepperbird (ECM, 1970) di Garbarek, ma già prima aveva suonato in The Esoteric Circle (Freedom, 1969) sempre dello stesso Garbarek, e aveva anche registrato un disco tutto suo, Bleak House (Polydor/Universal Norway, 1968).

“All’inizio con Jan non sapevo esattamente cosa fare”, ricorda Rypdal. “Così ho iniziato a suonare come McCoy Tyner. Il primo album ho cercato di essere una delle mani di McCoy, pensando agli accordi che conoscevo e sperimentandoci sopra. Più avanti, con la ECM, ogni volta che il nostro sound si avvicinava troppo a quello di qualcun altro, Manfred [Eicher, fondatore e produttore della ECM] ci diceva: ‘cercate una voce personale’. Senza Manfred sarebbe andata in un altro modo”.

Ammette che ad un certo punto, nei primi anni settanta, “non volevo suonare la chitarra. Suonavo il flauto e il sax soprano, perché non ero riuscito a raggiungere il sound che volevo. Poi successe qualcosa e mi sono detto: ‘OK, ora ci siamo’. Ma poi mi ci sono voluti un paio d’anni di ricerca per raggiungere una buona qualità”. Suonava delle linee melodiche più lunghe e gradualmente imparò a controllare la velocità per poi incorporare il tutto nel suo modo di suonare, proprio come voleva . Ne venne fuori uno stile in cui si trovava a proprio agio, da cui poi ne sviluppò altri.

Quando Rypdal stava registrando il secondo album di Garbarek, Sart (ECM, 1971), scrisse un brano. “C’è un momento nella versione originale di Bitches Brew in cui si può sentire Miles sussurrare: ‘Keep it like that. Tight’. Così, ho scritto un pezzo chiamato proprio così, nel ’71 credo, ma poi fu deciso che non sarebbe stato nell’album. Io ero entusiasta del brano e probabilmente mostrai un certo disappunto, ma Manfred disse: ‘non preoccuparti, potrai metterlo nel tuo disco’. E così avviò la mia carriera solista”.

Keep It Like That • Tight, infatti, si trova nel suo debutto discografico alla ECM come band leader, Terje Rypdal (ECM, 1971).

Rypdal afferma che la lunga collaborazione con la ECM è stata una vera e propria benedizione per la sua carriera. “Se fossi solamente uno dei tanti artisti in Norvegia [senza la ECM], sarebbe completamente differente. Sono stato molto fortunato. Abbiamo passato [con Eicher] così tanto tempo assieme che siamo diventati amici, e questo significa molto. Di sicuro gli devo molto”.

Rypdal, musicista pluridecorato in Europa come esecutore e compositore (compreso il Buddy Price, ricevuto nel 1985, che è la massima onorificenza data dalla Associazione dei Musicisti Jazz in Norvegia), ha proseguito una fruttuosa carriera che gli ha garantito un buon tenore di vita. Oggi vive in una zona rurale nei pressi di Molde, in Norvegia, circondato dalla bellezza delle montagne. “Ora sto in campagna, in un posto che appartiene alla mia famiglia da molto tempo. All’inizio ci venivo solo per il periodo estivo, poi mi sono fermato stabilmente. Non è molto lontano dall’aeroporto, per cui va benissimo. Molde ha un bel festival, dove suonò anche Miles pochi anni prima di morire. Mi è capitato di sentirlo dal vivo e anche di passargli affianco, ma non gli ho mai parlato. Palle invece ci fece amicizia e mi ha raccontato parecchie cose dei loro incontri”.

Rypdal aggiunge un altro aneddoto su Miles: “Un tipo aveva una specie di limousine che usava per portare chiunque dall’aeroporto a Molde. Quando gli capitò Miles come passeggero gli disse: ‘Mister Davis, devo ammettere che non conosco la sua musica’, e Miles allora gli rispose: ‘che razza di macchina è questa?’. Finì che fecero amicizia e andarono insieme a cena”.

Per quanto riguarda la scena musicale, l’Europa è un posto in cui i musicisti americani possono trovare delle occasioni di lavoro che non hanno negli USA, ma Rypdal afferma che anche se il mercato è buono ha subito un certo calo.

“Negli anni settanta era possibile suonare dovunque, in Norvegia come in tutta Europa. Ora ho l’impressione che sia sopravvissuto solo un quinto dei club, e questo è un problema. I festival sono abbastanza diffusi e, soprattutto d’estate, l’Europa rappresenta ancora un buon mercato. Ma non so come sarebbe se dovessi ricominciare tutto da capo, probabilmente dovrei anche dedicarmi all’insegnamento oltre che suonare. Certo, ci sono nuovi musicisti in giro, e non ho idea di come facciano. Credo che suonino in un sacco di gruppi per guadagnare abbastanza”.

E per il futuro?

“Sono in attesa di una chiamata da Manfred. Ho scritto una cosa chiamata Melodic Warrior, per l’ Hilliard Ensemble, un gruppo vocale inglese che ha registrato parecchi lavori per la ECM. È un lavoro basato sulla poesia degli indiani d’America, che ho conosciuto grazie ad un libro tradotto in inglese regalatomi da un amico, dove ho trovato dei versi meravigliosi, più che altro sul rispetto della natura e cose di questo tipo. Probabilmente il disco sarà la prossima uscita della ECM”.

“Oltre a questo mi piacerebbe fare un altro album con la chitarra in primo piano. Ho un trio chiamato Skyward, nato proprio quando è uscito l’album Skywards (ECM, 1997), ma forse cambierò il nome. Poi ci sono un paio di lavori già commissionati da realizzare. Credo che sarà un anno abbastanza pieno”.

“Ci sono stati alti e bassi”, dice della sua carriera musicale. “Probabilmente con la ECM sono stato più fortunato della maggior parte dei musicisti. E’ forse la sola casa discografica con la quale si possano realizzare tutti i propri dischi. Per loro non è importante se alcuni di questi non vendono molto, e così si può avere una continuità che è qualcosa di unico”.

Discografia selezionata

Terje Rypdal, Vossabrygg, (ECM, 2006)

Michael Galasso, High Lines (ECM, 2005)

Terje Rypdal, Selected Recordings :rarum VII (ECM, 2002)

Terje Rypdal, Lux Aeterna (ECM, 2002)

Terje Rypdal, Double Concerto (ECM, 2000)

Markus Stockhausen/Arild Andersen/Patrice Héral/Terje Rypdal, Karta (ECM, 2000)

Ketil Bjornstad, The Sea II (ECM, 1998)

Tomasz Stanko, Litania (ECM, 1997)

Terje Rypdal, Skywards (ECM, 1997)

Ketil Bjornstad, The Sea (ECM, 1995)

John Surman/Karin Krog/Terje Rypdal/ Vigleik Storaas, Nordic Quartet (ECM, 1995)

Terje Rypdal, If Mountains Could Sing (ECM, 1995)

Ketil Bjornstad, Water Stories (ECM, 1993)

Terje Rypdal, QED (ECM, 1993)

Terje Rypdal, The Singles Collection (ECM, 1989)

Terje Rypdal, Blue (ECM, 1987)

Terje Rypdal, Chaser (ECM, 1985)

Terje Rypdal/David Darling, Eos (ECM, 1984)

Terje Rypdal/Vitous, Miroslav/DeJohnette, Jack, To Be Continued (ECM, 1981)

Terje Rypdal, Descendre (ECM, 1979)

Terje Rypdal/Miroslav Vitous/Jack DeJohnette, Terje Rypdal/ Miroslav Vitous/Jack DeJohnette (ECM, 1979)

Terje Rypdal, Waves (ECM, 1978)

Barre Phillips, Three Day Moon (ECM, 1978)

Edware Vesala, Satu (ECM, 1977)

Terje Rypdal, After the Rain (ECM, 1976)

Terje Rypdal, Odyssey (ECM, 1975)

Terje Rypdal, Whenever I Seem to Be Far Away (ECM, 1974)

Terje Rypdal, What Comes After (ECM, 1974)

Terje Rypdal, Terje Rypdal (ECM, 1971)

Jan Garbarek/Bobo Stenson/Terje Rypdal/Arild Andersen/Jon Christensen, Sart (ECM, 1971)

Jan Garbarek Quartet, Afric Pepperbird (ECM, 1970)

Jan Garbarek, The Esoteric Circle (Freedom, 1969)

George Russell, Electronic Sonata for Souls Loved By Nature (Soul Note, 1969)

Terje Rypdal, Bleak House (Polydor/Universal Norway, 1968)

George Russell, Essence of George Russell (Soul Note, 1966)

Traduzione di Stefano Sanna


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April 2006

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