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Anthony Coleman: Shmutsige Magnaten
ByArtista legato in modo intenso, ma mai opprimente, alla proprie radici ebraiche, strumentista che riesce sempre a superare le retoriche linguistiche che il pianoforte inevitabilmente offre, malinconico e ironico narratore di una memoria che chiede di essere vivificata per raccontarci quel che di più profondo ha in sé, anche doloroso, Coleman tributa qui un meraviglioso omaggio alla figura del compositore e poeta Mordechai Gebirtig, ucciso dalla barbarie nazista nel 1942.
Come spiega lo stesso Coleman nelle note scarne - com'è tradizione "misterica" dei libretti Tzadik - che accompagnano il disco, il primo vero approccio alla musica di Gebirtig risale a un concerto tenuto nel 2003 nel club Alchemia di Cracovia, quando decide di suonare una versione per piano solo di "S'Brent". Da quel momento, ammaliato dalla ipnotica melodia del pezzo, il pianista ha deciso di approfondire la figura di Gebirtig, ponendosi in primis la questione di come conciliare la semplicità delle musiche e la ricchezza linguistica dei testi in yiddish [le canzoni di Gebirtig erano un vasto spaccato della realtà quotidiana ebraica in quei terribili tempi] in una sola veste strumentale.
Presentato dapprima al Festival di Musica Ebraica di New York nel 2004 e poi nel cuore della notte del primo giugno 2005 nella sinagoga più antica di Cracovia - il disco è la testimonianza fedele di quella notte - il percorso di Coleman nell'universo di Gebirtig è felicissimo e ricco di dettagli: il pianista ci mette dentro tutto se stesso [lo sperimentatore, il sorridente narratore stride, il lirico asciutto, il solenne cantore, l'ombroso bluesman] e ci dà un "suo" Gebirtig di febbrile contemporaneità, reso ancora più vicino dalla spontanea ripresa del suono.
C'è lo smarrimento fonico sulla cordiera, concitato in "Mamenyu An Eytse" e struggente proprio in quella "S'Brent" che è stata la chiave d'accesso a questo universo. Ma c'è anche una stringatezza, un pudore, che non viene meno nemmeno negli episodi in cui la foga drammatica e ritmica rivestono una efficace centralità.
C'è poesia, quella circolarità melodica su armonie minori che ormai decine di dischi ci hanno reso familiari, c'è il festoso scampanellio di "Hulyet, Hulyet, Kinderlekh", ci sono ladri irresistibili, la voce confidenziale e accennata in "S'Izs Gut", momento tra i più intimi di tutto il recital, via via fino al bellissimo finale con "Oreme Shnayderlekh", i poveri sarti che sembrano materializzarsi tra le note di Coleman.
Lavorando su un compositore come Gebirtig, che al tempo stesso è ricco di sfumature, ma permette anche di intervenire sul tessuto stesso delle sue canzoni, Coleman ci offre un emozionante percorso per pianoforte solo, dalla notte di una antica sinagoga alle nostre notti. Possibilmente senza interruzioni o distrazioni, ne vale la pena.
Track Listing
01. Mayn Yovl -5:00; 02. Mamenyu An Eytse -4:27; 03. Kartofl Zup Mit Shvamen -8:30; 04. Avreml Der Marvikher -8:54; 05. Oy Briderl, L'Chaim -7:33; 06. S'Brent -6:00; 07. Hulyet, Hulyet, Kinderlekh -2:54; 08. S'Izs Gut -4:13; 09. Minuten Fun Betochen/Minuten Fun Yiesh -5:46; 10. Oreme Shnayderlekh -8:15
Personnel
Anthony Coleman
pianoAnthony Coleman (piano, voce)
Album information
Title: Shmutsige Magnaten | Year Released: 2006