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Dino Betti van der Noot: September’s New Moon

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Dino Betti van der Noot: September’s New Moon
A due anni dal precedente Good Save the Earth e a sei dal ritorno sulle scene (discografiche, almeno, con Ithaca/Ithaki) dopo un silenzio ultraquindicennale, ecco il nuovo album di Dino Betti, a cui l'autore alludeva, sia pure da lontano, nell'intervista che ci concesse l'anno scorso. Album senz'altro atteso, che oggi non delude certo le aspettative. Una volta ancora Betti riesce infatti a dirci qualcosa di nuovo, pur in una coerenza cristallina con il suo intero percorso, il che, a settantacinque anni (compiuti il 18 settembre: auguroni), non è merce poi così comune.

Nell'iniziale "September's New Moon," il sound d'assieme appare dominato dagli ottoni, le trombe in primis, nel segno di una plasticità tipica della musica bettiana, il tutto adagiato su ritmo libero (elemento palpabile in tutto il disco), non senza una precisa tensione intestina. E' una nuvola densa, in cui molti degli ingredienti che generano musica (in senso lato) sono dati come per già intesi (che non vuol dire esattamente sottintesi), allusi, a tessere quelle trame chiare, nette, quadrate, che sembrano per lo più eluse e sono invece ben avvertibili, anche se sottopelle.

Il successivo "When Love Fails" è l'episodio più breve del lotto (pur sempre quasi otto minuti), nonché l'unico cantato. Parte molto atmosferico, per poi assumere i tratti di quell'oggettività che la parola tende comunque a dare, abbassando di fatto quella soglia di metafisicità - meglio: di corporeità sommersa - in cui è lecito cogliere uno dei principali motivi di fascino di questa musica.

Fin dall'avvio, "Bluesea" illustra meglio di qualunque parola quanto appena rilevato, col magico ricomporsi delle macchie sonore che sono così caratteristiche dell'arte bettiana, le evocazioni morbide e pastose, il sovrapporsi/giustapporsi dei vari piani timbrici (tromba, sax soprano, basso elettrico, ecc.). Lascia ammirati l'invidiabile senso di libertà che lo sdipanarsi dei suoni emana ed espande, in perfetta sinergia con l'assoluto controllo della materia globale che ovunque mostra di avere l'autore. Brano superlativo.

Inizio più che mai da "nuvola sonora" per "A Muse in Wonderland"; bolla sonora, meglio, da cui si esce un po' per volta, e si rientra poco dopo, sempre senza nulla di troppo esplicito, diretto, alludendo e accennando più che affermando. I flauti (anche esotici) di Cerino e Visibelli appaiono, se ce ne sono, gli strumenti-cardine del brano, che non manca di colpi d'ala collettivi sul finire, prima che tutto si riplachi.

Più vociferante e nervoso il conclusivo "To Those Who Loved Us - To Those Who'll Love Us," quasi free nel solo pianistico che segue l'intro, oltre che nel contorno. Dopo un'apertura in chiave hot jazz, anche qui tutto si ripiega poi su se stesso. Ed è la fine vera di un disco assolutamente esemplare.

Track Listing

01. September’s New Moon; 02. When Love Fails; 03. Bluesea; 04. A Muse in Wonderland; 05. To Those Who Loved Us – To Those Who’ll Love Us.

Personnel

Gianpiero Lo Bello, Alberto Mandarini, Luca Calabrese, Marco Fior, Alberto Capra (tromba, flicorno soprano); Humberto Amesquita, Carlo Napolitano, Francesca Petrolo (trombone); Giancarlo Marchesi (trombone basso); Francesco Bianchi (clarinetto, sax alto); Sandro Cerino (dizi, flauto, flauto alto, ottavino, clarinetto, clarinetto basso, sax soprano e alto); Giulio Visibelli (banzuri, flauto, flauto alto, sax soprano e tenore); Claudio Tripoli (flauto, sax tenore); Gilberto Tarocco (flauto alto, clarinetto, sax baritono); Emanuele Parrini (violino); Luca Ventimiglia (vibrafono); Alberto Tacchini (pianoforte); Vincenzo Zitello (arpa); Gianluca Alberti (basso elettrico); Stefano Bertoli, Tiziano Tononi (batteria, percussioni); Matteo Corda (elettronica, sound programming); Dino Betti van der Noot (direzione); Ginger Brew (voce) in 02.

Album information

Title: September’s New Moon | Year Released: 2011 | Record Label: Self Produced


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