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Merano Jazz 2017
Teatro Puccini
Merano
10-13.07.2017
Da molti anni l'appuntamento di Merano Jazz è imperniato su tre concerti e cinque giornate intense di corsi dell'Accademia Mitteleuropea, diretti da Franco D'Andrea ed Ewald Kontschieder. In ogni edizione si invita un artista diverso per la masterclass principale, e dal 2002 sono passati nelle aule dell'Accademia musicisti del calibro di Roswell Rudd, Dave Douglas, Steven Bernstein, Tim Berne e Peter Erskine. Quest'anno era la volta di Eddie Gomez, coinvolto pure nella programmazione concertistica con il lavoro in trio Kind of Bill, che coinvolge Joe LaBarbera alla batteria e Dado Moroni al pianoforte.
Lavoro dedicato evidentemente a Bill Evans, nel quale il pianista genovese, coadiuvato dai due evansiani storici, ha sintonizzato il proprio stile sulle onde del grande maestro statunitense, sottraendo le ampie connotazioni che lo vedono vicino a una serie di musicisti, da Oscar Peterson a Hank Jones e Kenny Barron, e sviluppando le qualità legate al suono, all'elaborazione armonica, all'articolazione del voicing. Una ricerca intelligente e rispettosa dello spirito profondo di Bill Evans, partito da "I'm Getting Sentimental Over You" e condotto su altri suoi cavalli di battaglia, quali "Funkallero," "Oleo" e un delizioso arrangiamento di "Solar," a opera di Gomez e LaBarbera.
Il contrabbassista e il batterista, dal canto loro, restano legati al modello che li ha visti protagonisti nelle storiche avventure, mantenendo però fresco lo spirito di azzardo e di fertile dialogo, che infonde ancora energia vitale in una proposta dal vivo di tale tenore. La fluidità e la musicalità di LaBarbera e la maestria sbarazzina di Gomez restano un piacere all'ascolto. Durante gli incontri con gli allievi dell'Accademia, i due musicisti hanno poi illustrato con grande pregnanza il proprio lavoro e le proprie convinzioni, parlando del processo di ascolto, di dialogo e dell'esperienza con Evans, ancora viva e fertile nel loro ricordo.
Degli altri due appuntamenti concertistici di Merano Jazz al Teatro Puccini, quello con il trio di Bill Frisell è stato eccellente. Insieme a Tony Scherr al basso elettrico e Kenny Wollesen alla batteria, compagni fidati e di vecchia data della sua vicenda musicale, Frisell ha presentando una carrellata significativa e pregnante attraverso il proprio repertorio dagli anni Ottanta a oggi. Spesso senza soluzione di continuità per non perdere la tempra, ha toccato tra le altre cose "Rambler" del 1985, "The Way Home" del '90, "Resistor" del '92, "Blues for Los Angeles" del '98, "Levees" del 2014. Limando fino all'essenza quei brani, rendendoli spesso scarni, ma proprio per questo significativi. Gioiosi per certi versi. La poesia emerge eliminando il superfluo, ha detto qualcuno, e il chitarrista di Baltimora sa come fare. Sa usare la semplicità per andare nel profondo.
Al contrario, poco significativa è apparsa la performance del batterista Antonio Sanchez con il suo quintetto Migration, nel quale compaiono tra l'altro musicisti interessanti come il pianista John Escreet e il sassofonista Seamus Blake. Annunciata come "Una suite in cinque parti, nella quale si fondono influenze del jazz, del rock, della musica etnica e classica," la musica presentata dal quintetto era poco allettante nei suoni, spesso tesi e timbricamente enfatici, e ripetitiva nella dimensione compositiva.
Foto: Franco Silvestri.
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