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Klaus Widmann, Direttore Artistico del Südtirol Jazzfestival Alto Adige

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Da oltre dieci anni il festival alto atesino ha cambiato nome, fisionomia, criteri e obiettivi... e direzione artistica. Klaus Widmann, medico di professione e grande appassionato e conoscitore dell'ambiente dolomitico, lentamente ha costruito un festival jazz diramato su tutto il territorio della provincia di Bolzano, anche con dichiarati intenti di promozione turistica. La peculiarità della sua programmazione sta nel fatto che, soprattutto negli ultimi anni, si sia puntata l'attenzione prevalentemente su nomi nuovi e su proposte creative di varie scuole europee, offrendo vere e proprie sorprese anche agli specialisti del jazz. Un certo numero di musicisti viene ospitato in residenza, suonando in varie località, anche in fantastici ambienti in alta quota, e alternandosi in gruppi diversi. Una delle caratteristiche del festival è quindi quella di costituire un laboratorio di sperimentazione. Il capoluogo rimane comunque un centro privilegiato, accogliendo alcune delle proposte più interessanti nella centrale Piazza Walter, al Museion, sofisticata vetrina dell'arte contemporanea, ed in altri luoghi pubblici e privati.

All About Jazz: Quando hai cominciato a tenere la direzione artistica del jazz festival di Bolzano? In questi anni cosa è cambiato negli obiettivi e nei criteri del festival?

Klaus Widmann: Ho cominciato nel 2004; negli anni precedenti avevamo perso pubblico e finanziamenti ed era difficile riposizionarsi. Così all'inizio ho scelto una programmazione varia e adatta a un largo pubblico. Più avanti, dopo che il Festival era cresciuto, ho potuto permettermi di andare sempre più alla ricerca di cose nuove e di presentare molti musicisti giovani. Oggi il Festival è diventato una specie di laboratorio.

AAJ: E cosa è cambiato nell'organizzazione, nelle collaborazioni, nel radicamento nel territorio?

KW: A Bolzano città non esistevano i presupposti per far crescere il Festival. Allora sono andato alla ricerca di partner pubblici e privati in tutta la provincia. Coinvolgendo comuni, enti turistici, istituzioni culturali, aziende private, sono riuscito a creare una grande rete, a migliorare la visibilità e di conseguenza ad aumentare il budget. Evidentemente si è resa necessaria anche una professionalizzazione della nostra organizzazione soprattutto a livello di marketing e comunicazione.

AAJ: Il festival ha anche uno scopo di valorizzazione turistica e copre tutto il territorio provinciale. La distribuzione in tanti centri, pur riciclando gli stessi gruppi, non rischia di diventare troppo dispersiva?

KW: Sì e no. La distribuzione sul territorio rende il Festival molto complesso e può creare una certa confusione. Ma con la giusta informazione per gli utenti si crea anche un'occasione unica di vivere un'esperienza molto particolare alla scoperta di luoghi incantevoli e di musica nuova. La distribuzione territoriale ci dà anche la possibilità di raggiungere un notevole numero di pubblico, stimato complessivamente attorno alle 20.000 persone.

AAJ: Come selezioni gli spazi a tua disposizione e come li abbini ai gruppi invitati?

KW: Gli spazi sono spesso legati a dei partner ed è molto importante trovare quelli giusti, che capiscano lo spirito del Festival. Proponiamo musica per un pubblico curioso e aperto al nuovo e a questo bisogna essere preparati mentalmente. Poi devi avere il feeling giusto per le varie situazioni e creare i giusti abbinamenti; io giro molto sul territorio anche nelle mie attività di tempo libero e ho molta attenzione per la natura e per l'ambiente.

AAJ: Anche tenendo presente la distribuzione territoriale e i diversi generi presentati, si è consolidato un pubblico unitario oppure pubblici diversi per residenza, età, specializzazione...?

KW: Il pubblico è abbastanza eterogeneo. Non abbiamo una "comunity" chiusa, ma il pubblico cambia a seconda del luogo e della proposta musicale. Vediamo gente di tutte le età e c'è un notevole afflusso di spettatori internazionali, sia di coloro che stanno già facendo vacanza in Alto Adige, sia che vengano apposta per il Festival. Comunque le caratteristiche che li accomuna tutti sono la curiosità per il nuovo e la fiducia nella qualità della nostra proposta.

AAJ: Riguardo agli aspetti finanziari, e non solo, come si è sviluppata nel tempo la partecipazione di enti/istituzioni pubbliche e di sponsor privati?

KW: Come ho già detto, all'inizio è stato molto faticoso aumentare il budget, ma man mano che il Festival cresceva e si affermava anche come marchio le partecipazioni sono aumentate, stabilizzandosi ormai da alcuni anni a un buon livello. È un gran lavoro curare tutti i sostenitori, ma ci aiuta il fatto di avere un prodotto convincente e ogni anno se ne aggiungono di nuovi.

AAJ: Come hai già accennato, nelle ultime edizioni hai abbandonato, o ridotto, i nomi di grosso richiamo per orientarti decisamente verso proposte giovani e creative. Cosa ti ha spinto a questa scelta artistica?

KW: Mi sono appassionato all'idea di contribuire nel nostro piccolo a continuare a far vivere quella che forse è la più importante evoluzione musicale del ventesimo secolo, e cioè il jazz, dando spazio ai giovani. Sono loro i principali portatori del rinnovamento e sono loro che, conoscendo la tradizione, devono abbinarla al vissuto odierno per far rimanere il jazz una musica contemporanea che non si fermi nel passato.

AAJ: Negli ultimi tre anni hai presentato esponenti dell'attualità francese, inglese e italiana e/o austriaca. Quale il tema dell'edizione che si apre il 30 giugno?

KW: Presentiamo un notevole numero di musicisti dei paesi del BeNeLux, in cui esiste una scena giovane molto attiva e interessante. Ma ci saranno anche molti artisti dei paesi che avevo scelto come focus negli ultimi anni. Voglio insistere infatti su quelle che sono state le scoperte più interessanti delle edizioni passate, riproponendole anche se spesso in formazioni e combinazioni diverse.

AAJ: Hai anche favorito collaborazioni inedite fra giovani jazzisti di nazionalità diverse. Secondo te come sono stati di volta in volta i risultati musicali? Da queste esperienze sono nate e si sono consolidate formazioni oggi attive?

KW: Le collaborazioni inedite sono una delle caratteristiche del nostro Festival e sono aumentate notevolmente negli ultimi anni. Ho imparato a non imporre le mie idee, ma a svilupparle di volta in volta insieme ai musicisti per una riuscita migliore possibile. Loro sono molto contenti di avere tante occasioni per sperimentare e provare combinazioni nuove. Poi mi sono anche reso conto che conviene insistere sui progetti meglio riusciti, ripresentandoli negli anni seguenti e sostenendo la loro promozione. Siamo fieri del fatto che un notevole numero di formazioni e collaborazioni iniziate da noi hanno avuto un seguito a livello internazionale.

AAJ: Quali sono i festival, nazionali o internazionali, che segui e ammiri? E perché?

KW: Purtroppo non ho tantissimo tempo per frequentare altri festival, ma conosco la loro programmazione. Mi stimolano particolarmente quelli che presentano nomi sconosciuti e vado subito a indagare per capire chi sono e cosa fanno. Ultimamente esistono sempre più anche manifestazioni vetrina per musicisti giovani: per esempio l'October Meeting al Bimhuis di Amsterdam, dove sono stato di recente.

AAJ: Una volta iniziato il festival, riesci a goderti i concerti che hai organizzato come uno spettatore comune? E quando cominci a pensare al programma dell'anno seguente?

KW: Ogni anno, quando il Festival si avvicina e la maggior parte del lavoro è già stato svolto, comincio a rilassarmi e a pensare con piacere alla musica che potrò ascoltare. Poi le giornate del Festival sono intensissime e vado a più concerti che posso e sono sempre insieme ai musicisti e ai miei collaboratori. Mi godo tanto la musica e sento che ne è valsa la pena averci lavorato tutto l'anno. Perché appena il Festival è finito, dopo una breve vacanza già si riparte per l'edizione dell'anno successivo e praticamente non smetto mai di pensarci.

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