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"Sicily Jass" e il primo secolo del jazz discografico

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Nel 2017 ricorre un importante anniversario per il jazz. Risale infatti a cento anni fa, esattamente al 26 Febbraio 1917, l'incisione di quello che è generalmente considerato il primo disco di jazz della storia, un 78 giri contenente due brani, uno per facciata: "Livery Stable Blues" e "One Step," registrati dalla Original Dixieland Jass Band (il vocabolo jazz usato per descrivere quel genere musicale nato da poco, figlio di blues e ragtime, non aveva ancora trovato la sua grafia definitiva).

Il disco vendette un milione di copie, e rappresentò un punto di riferimento per tanti artisti tra cui anche il grande Louis Armstrong, che del jazz delle origini sarebbe diventato uno dei pilastri. Il gruppo che incise quel disco storico era un quintetto di New Orleans composto da musicisti bianchi, due dei quali di origini italiane: il batterista Tony Sbarbaro, e il cornettista Nick LaRocca, leader del gruppo, entrambi figli di emigrati provenienti da due paesi della provincia di Trapani.

Per celebrare degnamente la ricorrenza, alla Casa del Jazz di Roma si è tenuto lo scorso 8 Aprile un incontro incentrato sulla figura di Nick La Rocca, protagonista di quell'evento storico, su progetto del trombonista Marcello Rosa. Al musicista italo-americano è dedicato il documentario "Sicily Jass," realizzato nel 2015 dal giovane regista siciliano Michele Cinque, che è stato proiettato durante la serata. Il filmato tenta di ricostruire la figura di La Rocca attraverso le testimonianze di storici del jazz e di altri musicisti, tra cui lo stesso figlio del cornettista, che ancora oggi tiene vivo il nome della ODJB; ma più che la biografia del jazzista al regista interessa ricostruire il legame con la terra che ha dato le origini a molti dei personaggi che hanno contribuito a dar vita a quella prima stagione creativa del Jazz. Alle immagini di New Orleans tra passato e presente si alternano quelle dei paesaggi surreali del paese di Poggioreale, da cui proveniva la madre di La Rocca, devastato dal tremendo terremoto del 1968, tra le cui rovine si aggira il cantastorie Mimmo Cuticchio con i suoi pupi. La colonna sonora originale del film è affidata al pianista Salvatore Bonafede, che per l'occasione ha riunito un quintetto a imitazione della ODJB con Roy Paci alla tromba.

La proiezione del documentario è stata seguita dal concerto di un gruppo riunito per l'occasione e guidato da Marcello Rosa, che ha presentato la propria rielaborazione dei due brani storici insieme ad altri classici del jazz. In precedenza si è tenuuta una tavola rotonda sull'argomento "Le molteplici radici del jazz" coordinata da Filippo La Porta, durante la quale sono intervenuti Vincenzo Martorella, Sandro Portelli e Luigi Onori approfondendo criticamente il tema della serata. I tre musicologi hanno descritto il contesto storico e culturale nel quale è maturata quella registrazione e fornito numerosi spunti di riflessione e stimoli sul cammino intrapreso fin da allora dalla musica jazz, sicuramente uno dei massimi avvenimenti culturali del secolo scorso.

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