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Paolo Angeli e Paolo Fresu a Crossroads

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Paolo Angeli-Paolo Fresu
Crossroads
Cassero Jazz
Castel San Pietro Terme
07.04.2017

Oltre al nome di battesimo, Fresu e Angeli hanno in comune l'origine nella Sardegna settentrionale; la musica di entrambi infatti è fortemente intrisa di un confronto costante e non superficiale con la tradizione culturale sarda, che nel tempo è stata rigenerata con obiettivi e modi molto differenti fra loro. Decisamente diverse inoltre sono le matrici delle relative esperienze jazzistiche: il jazz classico di Miles e Chet per il trombettista, la sperimentazione della musica improvvisata radicale per il chitarrista. Da qui derivano anche le diverse concezioni dell'interplay, che infatti si sono espresse in modi divergenti nelle rispettive esperienze passate, più o meno consolidate. Tutto questo è balzato evidente, superando ogni previsione, in quello che è stato il loro primo concerto ufficiale, dopo l'occasionale incontro improvvisato nell'estate 2016 a Palau, nell'anteprima del festival "Isole che parlano" diretto da Angeli.

Nel primo dei tre concerti di Cassero Jazz all'interno di Crossroads, i due comprimari, accomunati fra l'altro dall'espediente scenico di calcare il palco a piedi scalzi (abitudine frequente per entrambi), hanno firmato un concerto quanto meno discontinuo, che per quanto mi riguarda ha suscitato qualche perplessità. L'uso della chitarra sarda preparata da parte di Angeli ha portato come sempre a sonorità sperimentali e sfrangiate, a modi ludici se non dissacranti, con un andamento più frammentario rispetto a passate apparizioni. Evidentemente gli ottoni di Fresu, anche se spesso integrati dalle distorsioni dell'elettronica, possiedono un imprescindibile eloquio lirico e melodico, che necessita di dialogare con un contesto sonoro più costante, più definito sotto il profilo armonico, ritmico e timbrico.

Certo, non sono mancati momenti riusciti in cui i due improvvisatori hanno interagito su temi noti, anche di autori classici, e su cadenzate strutture ritmiche, scambiandosi i ruoli di accompagnatore o solista e raggiungendo quasi casualmente sintonie inattese e fulminei picchi visionari. Tuttavia perché l'incontro improvvisativo funzionasse al meglio ognuno dei due avrebbe dovuto rinunciare molto più coraggiosamente al proprio mondo espressivo, per proiettarsi e fondersi in un dialogo intimo e costruttivo. O in alternativa il concerto avrebbe dovuto essere preceduto da pazienti prove per mettere a punto le intenzioni, il repertorio e gli equilibri.

Foto: Daniele Franchi

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