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I CD come piccoli oggetti d'arte

I CD come piccoli oggetti d'arte
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I negozi di dischi che resistono si contano sulle punte delle dita e le ragioni del mercato certamente non giustificano il persistere della loro produzione. Eppure negli ultimi anni sono nate molte case discografiche. Il motivo principale è che la maggior parte dei dischi sono autoprodotti e l'autogestione con gli attuali mezzi tecnici e di comunicazione è più facile che un tempo. Il musicista vuole comunque che rimanga traccia della sua ricerca: ciò risponde a un'esigenza di fare ordine, di confrontarsi con il proprio passato per progettare il futuro, di condividere l'esperienza con gli amici e con gli esperti del settore, di autopromuoversi nei confronti degli organizzatori di concerti... E oggi ci sarebbero anche altri mezzi per ottenere tutto ciò, ma se il CD conserva un suo fascino è per la sua oggettualità fisica e visiva, acquisendo una dimensione feticistica. Chi produce il disco è nella maggior parte dei casi il musicista stesso, che deve occuparsi anche degli aspetti relativi alla confezione, cercando di caratterizzarla nel modo più personale possibile.

Segnalo solo un paio di esempi significativi. Una nuova casa discografica che si muove in questa direzione è A Simple Lunch, nata nel 2013 per iniziativa del tastierista e compositore bolognese Marco Dalpane, coadiuvato da Riccardo Nanni. L'etichetta indipendente si qualifica come una sorta di laboratorio senza vincoli di tendenza, che raccoglie musicisti di diversi generi dando loro la possibilità di recuperare ed editare anche incisioni che sono rimaste troppi anni nel cassetto. Fino ad oggi è stata pubblicata una trentina di dischi e la cosa che li accomuna e che convince appieno è appunto la veste grafica. L'involucro in cartoncino liscio e sottile permette un'archiviazione negli scaffali senza occupare spazio. Nella maggior parte dei casi le immagini riproducono opere di Vanni Spazzoli, artista romagnolo di settantasei anni che possiede la forza espressiva e la dirompente carica provocatoria di un graffitista trentenne.

Altra esperienza recente e ineludibile è quella del violoncellista cesenate Francesco Guerri, attivo in vari contesti fra musica contemporanea e improvvisata. Le copertine dei suoi dischi, in cartoncino spesso e ripiegato, vengono stampate a mano dal padre Giampiero nella Stamperia d'arte Guerri di Cesena. La concezione artistica (le scritte e i disegni), dovuta al fratello Federico (tutto in famiglia insomma), sembra richiamare e prosciugare lo stile casual-gestuale, un po' affastellato, introdotto negli anni Ottanta da Stephen Byram per i dischi JMT, passato poi alla Winter&Winter e in seguito alla Screwgun di Tim Berne. Al di là del notevole valore musicale delle solo performance di Francesco Guerri, i suoi ultimi dischi sono dei piccoli oggetti d'arte, quasi dei pezzi unici dalla solida concretezza artigianale e dall'inconfondibile impronta grafica.

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