Steven Bernstein's Millenial Territory Orchestra: MTO Volume 1

Con regolarità impressionante, Bernstein sforna idee, progetti e dischi da mille e una notte.

Le menti più svelte a cogliere le altezze delle sue proposte anche dalle nostre parti, hanno già aperto collaborazioni davvero significative con il trombettista americano: è il caso di Franco D'Andrea che lo ha voluto accanto a se in Eleven oppure Gianluca Petrella che suona con Bernstein in diverse occasioni internazionali. Questa nuova avventura, la Millenial Territory Orchestra, ha la sua genesi negli ultimi anni dello scorso millennio.

Nel 1995 diedero a Bernstein il compito di cominciare a pensare ad una ipotetica colonna sonora per un futuribile film di Robert Altman. Hal Willner, mitico produttore dei giorni nostri, fece arrivare a Bernstein, quattro nastri in cassetta con sopra musica degli anni '20 e '30, fondamentalmente recuperata da vecchi 78 giri incisi da piccole band dei territori del Midwest (pensate a "Fratello dove sei" dei fratelli Cohen, alla geniale fiction band dei "Soggy Bottom Boys" e allo straordinario successo, raccontato nel film, della loro "Man of Constant Sorrow"); piccole perle di non più di tre minuti che hanno colpito come macigni la capacità compositiva di Bernstein.

Quattro anni di silenzio e poi, un giorno di fine novembre del 1999, Bernstein si presenta al "Midnight Set" del Tonic di New York con una formazione che vanta un organico con Ben Allison, Peter Apfelbaum, Charlie Burnham, Clark Gayton, Erik Lawrence, Matt Munisteri, Ben Perowsky, e Doug Wieselman.

Con gli stessi nomi e, con in più uno straordinario Doug Wamble che suona la chitarra e canta il "sacro" "Signed, Sealed, Delivered" di Stevie Wonder, incide il disco che è attenzione della nostra analisi.

La parte geniale del tutto è però che, senza nemmeno dirlo ai quattro venti, Bernstein ha solo "recepito" gli insegnamenti di quel ben di Dio mandatogli da Willner e, appropriandosi in toto di alcuni tunes "moderni" che lui stesso definisce "contemporary revivals", regala un'ennesima prova del suo genio creativo.

Già dunque felici del fatto che un "volume 1" presuppone un seguito dell'avventura, ci si può tranquillamente sprofondare nella propria poltrona preferita e bearsi di questo piccolo capolavoro fatto di brani seriosi quali "Boy in the Boat", "Happy Hour Blues" oppure "Toby," sapientemente miscelati insieme ai profumi beatlesiani di "Cry Baby Cry", alle già citate atmosfere soul di Stevie Wonder o, non poteva mancare, una deliziosa e minimalista "Darling Nikki" di "sir Nelson" Prince.

E quello che fa ancora più intelligente la scelta di Bernstein è il fatto che lui viva questo lavoro come un grande esempio di possibilità di arrangiamento... talmente grande di scegliere deliberatamente di non citare nessuno degli autori dei brani incisi ma, addirittura, di apporre in contro-copertina un bel "all music arranged and conducted by Steven Bernstein", cosa che - a dirla tutta - potrebbe forse anche creargli qualche fastidioso problema con la Società degli autori e degli Editori.

Altro da dire? Sì: grazie Bernstein. Grazie.

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