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Microscopic Septet: Been Up So Long It Looks Like Down to Me, Jazz Passengers: Still Life with Troube, Papanosh: Chicken in a Bottle

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Non credo che i puristi del caso si possano stupire di una recensione tripla che non vuole porre in contrapposizione tre lavori discografici afferenti ad una similare idea di base, bensì presentarli entro un unico pacchetto di "meraviglie contemporanee." Anche perché questi tre dischi potrebbero essere certamente acquistati ad occhi bendati quale brillante testimonianza di alcune delle realtà migliori della musica di questi anni difficili. I nuovi lavori di Microscopic Septet, The Jazz Passengers e della quasi "novità" (almeno per le latitudini italiche) Papanosh, potrebbero davvero piacere molto e allo stesso livello suonandoli anche uno dopo l'altro. Buon ascolto.

Microscopic Septet
Been Up So Long It Looks Like Down to Me: The Micros Play the Blues
Cuneiform Records
2017
Valutazione: * * * *

Senza avere inciso caterve di dischi, il Microscopic Septet è un vero e proprio "focal point" della scena newyorkese degli ultimi quarant'anni pur restando rispettosamente fuori dalla porta principale dello show business. Da sempre volutamente inusuale e deviante, la loro brillante proposta questa volta rivisita il jazz partendo dalle radici del blues non dimenticandosi mai delle proprie origini di band di ricerca quasi radicale con il nuovo lavoro Been Up So Long It Looks Like Down to Me: The Micros Play the Blues, pubblicato da una Cuneiform come al solito attenta e pronta a pubblicare grande musica.

Un'investigazione stilistica rara ed efficace, ben oltre i seriosi recuperi storici che, dello stesso argomento, hanno ad esempio fatto signori in giacca e cravatta come Wynton Marsalis o impallati nuovi signori della musica. La loro è ricerca senza tempo senza mai dimenticare l'importante lato "gradevole" della proposta musicale che riescono regolarmente a confezionare in proposte stilisticamente perfette.

Il motto alla base dell'operazione è una sorta di pressoché perfetta rivitalizzazione del bop con tanta voglia di comunicare e istigare curiosità. Positivi, idiosincrasici, nostalgici ma al tempo stesso modernamente compatti, i "Micros" convincono anche grazie ad un sottile e convincente approccio british che ammanta il loro agire, regalando nuove prospettive estetiche ad un jazz fatto di contaminazione storica massima unendo idealmente passato e presente, Duke Ellington a Sun Ra, Jelly Roll Morton a Rahsaan Roland Kirk, con sempre intelligenti accenni a polka e musica per cartoons, tango e klezmer, rhythm and blues, rock e nuove tendenze talvolta addirittura in senso "dance."

Jazz Passengers
Still Life with Trouble
Thirsty Ear
2017
Valutazione: * * * *

Con o senza ospite aggiunto (questa volta, fra profumi di blues in ogni dove e il grande Bill Ware al vibrafono, c'è addirittura il grande nome di Marc Ribot che adorna una splendida "Wake Up, Again!") i Jazz Passengers di Roy Nathanson e Curtis Fowkles colpiscono ancora con questo davvero notevole Still Life with Trouble uscito per Thirsty Ear.

Ironici, energetici, espansivi, certe volte persino "spaziali" con tanta voglia di cantare (e bene) che molti non hanno, provocano e trascinano in senso davvero popolare, rompendo con un'idea seriosa di territori una volta sacri sui quali sembrava un delitto scherzare. Rispetto alla proposta del Microscopic Septet sopra citata, i Passengers sembrerebbero meno analitici in favore di tematiche più ridanciane e clownesche. Ma, pur se le proposte possano sicuramente risultare affini, le sottili differenze non sono da poco.

Qui a guidare la rumba c'è innanzitutto un'immensa voglia di divertimento sia interna al gruppo che da comunicare all'ascoltatore. Una prima scelta a supporto dell'affermazione è quella dell'uso della voce, spesso asservita a ritmiche cadenzate o walking, un bordone di tessiture e colori che spesso ricorda da molto vicino le invenzioni delle anarchie zappiane. In questa altra parte di celebrazione delle filosofie newyorkesi, oltre che con i già citati Nathanson, Fowlkes e Ware, la festa si fa grande con nomi del calibro di Brad Jones, Sam Bardfeld, EJ Rodriguez e della new entry Ben Perowsky assolutamente a proprio agio entro il novero di movimenti ritmici che ben conosce. Anche questi signori, come i "Micros" sono sulla scena da oltre trent'anni e non smettono di farsi etichettare quale una vera e propria "music machine" di polifonica goduria.

Una band che è un distillato di rara eleganza, capace di omaggiare Zorn e Kirk, viaggiando fra ipotesi klezmer e approcci ritmici tipicamente afro creando una sorta di ideale trait d'union proprio con le filosofie sonore dei Microscopic, sebbene—rispetto a questi ultimi—le aperture verso il regno del rhythm & blues sono decisamente più pronunciate, strizzando l'occhio ad un pubblico più vasto affascinandolo e attraendolo poi in vortici propriamente jazzistici (per capirici: ascoltate "Where's Lonely Junior"). Papanosh

Papanosh Chicken in a Bottle
Enja Records / Yellowbird
2017
Valutazione: * * * *

Della stessa tumultuosa famiglia fanno parte anche i francesi Papanosh, vale a dire una delle più energetiche e interessanti formazioni della scena d'oltralpe di questi ultimi anni. Come nel precedente Oh Yeah Ho!, il vibrante quintetto originario di Rouen "destruttura l'immaginario mingusiano e dolphiano." L'intelligente etichettatura di un giornalista francese fornisce una seria connotazione al suono di questo splendido collettivo guidato dal sax di Raphael Quenehen e dalla tromba di Quentin Ghomari .

Il nuovo lavoro Chicken in a Bottle è un raffinato laboratorio di melodia attraversato da uragani ritmici, capace di far passare davanti alla mente implosioni degli standard di New Orleans, tradizionali folk dances e alcuni anni storici della Blue Note, con una la forza propulsiva di un interplay ormai assodato e applaudito che—per ipotesi creativa—piacerebbe sicuramente al Robert Wyatt di passaggio.

Anche questo è un lavoro da porre necessariamente in parallelo con i due precedenti. La sostanziale differenza è un certo gusto estraniante sicuramente europeo che, ai Papanosh, dona la "cifra" per uscire dai confini nazionali con la testa molto alta. E se questa è la "new face" delle nuove generazioni francesi, un "evviva" è da lanciare chiaro e forte.

Elenco dei brani e musicisti

Been Up So Long It Looks Like Down to Me: The Micros Play the Blues

Brani: Cat Toys; Blues Cubistico; Dark Blue; Don't Mind If I Do; Migraine Blues (for Wendlyn Alter); PJ in the 60s; When It's Getting Dark; Simple-Minded Blues; After You, Joel; Angry Birds; Quizzical; Silent Night; I've Got a Right to Cry.

Musicisti: Phillip Johnston: sassofono (soprano); Don Davis: sassofono (contralto); Michael Hashim: sassofono (tenore); Dave Sewelson: sassofono (baritono); Joel Forrester: pianoforte; David Hofstra: contrabbasso; Richard Dworkin: batteria.

Still Life with Trouble

Brani: Paris; Everybody Plays the Fool; Trouble; Gleis, spoor, binario; Wake Up, Again!; Where's Lonely Junior; We're All Jews; Friends; Spring Flowers.

Musicisti: Roy Nathanson: sassofono, voce; Curtis Fowlkes: trombone, voce; Bill Ware: vibrafono, Fender Rhodes, voce; Brad Jones: contrabbasso, voce; Ben Perowsky: batteria; E.J. Rodriguez: batteria, percussioni, voce; Sam Bardfeld: violino. Ospite speciale: Marc Ribot: chitarra. Chicken in a Bottle

Brani: A Chicken in a Bottle; Monsieur Shadows; Bierbeek; Hermanos; Moquette; Plain Gold Ring; El Toro; 160 Bpm; Pour Andre.

Musicisti: Raphaël Quenehen: sassofono (contralto e tenore); Quentin Ghomari: tromba, tromba a coulisse; Sébastien Palis: pianoforte, organo; Thibault Cellier: contrabbasso; Jérémie Piazza—batteria, percussioni.

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