DouBt: Mercy, Pity, Peace & Love

Si rafforza la componente che mutua la propria energia dal rock duro e puro. La scelta dell'unica cover, quella "Purple Haze" che il 17 marzo del 1967 lanciò nel firmamento musicale la stella di Jimi Hendrix, conferma abbondantemente questa deriva, ma sarebbe bastato un ascolto attento per non avere dubbi in proposito. Si rafforza altresì la componente che prende spunto dal lavoro pionieristico del Tony Williams Lifetime. Ma questo avviene senza perdere un briciolo di originalità, anzi proponendosi come una delle possibili linee di evoluzione per quelle intuizioni della fine degli anni sessanta che tanto hanno portato alla musica contemporanea. La rilettura decisamente originale di "Purple Haze" è molto indicativa in proposito e non mancano altri spunti che portano acqua a queste riflessioni.

I tre musicisti marciano come treni sui rispettivi binari, affiancandosi e scambiandosi i ruoli, senza mai scontrarsi. Ascoltando la loro musica si ha come l'impressione che tutto sia molto semplice e basilare: i tre musicisti si chiudono in studio, si piazzano alle loro postazioni strumentali e schiacciano il pulsante rosso con su scritto 'Rec.' E a quel punto parte l'ordalia ritmica. Probabilmente non è proprio così, ma di certo la musica che ci propongono ha questa energica immediatezza che trascende i confini, che apre nuovi territori, fa scaturire nuovi profumi. Lo sguardo è decisamente rivolto in avanti, a caccia del futuro.

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