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Martin Brandlmayr
ByMartin Brandlmayr è uno dei nomi "trendy" dell'attuale scena sperimentale ai confini fra rock, elettronica e improvvisazione.
È membro fondatore e principale mente compositiva dei Radian, trio stanziato a Vienna emerso alla fine degli anni '90 con un suono scarno, elettronico e basato su una pulsazione ritmica minimale e matematica, influenzato tanto dal post-rock strumentale quanto dall'Intelligent Dance Music dell'epoca, e giunto all'attenzione internazionale col secondo album Rec.extern del 2002, prodotto da John McEntire dei Tortoise e uscito per la Thrill Jockey.
Brandlmayr è attivo anche in altre formazioni post-rock e nel 2004 è entrato a far parte dei Polwechsel, nome iconico della musica d'avanguardia di Vienna degli ultimi vent'anni, che si muove ai confini fra improvvisazione acustica ed elettroacustica e musica contemporanea. Da questo trampolino Brandlmayr si è lanciato in collaborazioni prestigiose coi nomi di spicco del panorama internazionale, da John Tilbury a Chad Taylor a Otomo Yoshihide.
La performance in solo all'Area Sismica poteva riportare alla mente i primi Radian: suono scarno e secco, svuotato di ogni elemento al di fuori di quello ritmico o di chiazze di sonorità elettroniche o campionate. Ma a differenza di questo, stavolta Brandlmayr si è concesso una pulsazione ritmica meno glaciale, rigida e meccanica, e più morbida e "umana".
Lo stile di Brandmayr, sia coi Radian che in solo, è poco interessato alla costruzione di un fraseggio, quanto piuttosto alla costruzione di una struttura e alla creazione di un suono. Il fraseggio, nella misura in cui è rivolto alla costruzione dei ritmi, mira deliberatamente a scarnificare e a svuotare le figure ritmiche, di per sé semplici, in modo da scomporle e insinuare i vuoti nella figura che, così spezzata, da quadrata e regolare diventa frammentata. La tendenza è appunto a disaggregare, a scomporre; i pattern ritmici tendono a sgranarsi nelle loro componenti, nei singoli colpi di bacchetta sulle pelli, sui legni, o fruscii di spazzole.
I momenti ritmici però erano alternati a momenti più materici o atmosferici, in cui il suono rimaneva l'unica componente. In questo Brandlmayr si è servito dell'effetto ottenuto appunto dal rarefare i colpi sulla batteria, di altre percussioni, del vibrafono - quest'ultimo in particolare molto efficace nel creare ambientazioni più sospese ed eteree -, di effetti elettronici e campioni, sempre orientati verso l'aspro e il freddo, ma anche con aperture più spaziali e atmosferiche.
Lo stile di Brandlmayr è sempre calcolato, anche nelle episodiche esplosioni dinamiche che interrompono un fluire che è comunque quasi sempre misurato nei toni.
In definitiva una performance che non si è distanziata molto dalle sonorità tipiche dei Radian, portate alla loro dimensione fondamentale, anche se con uno sviluppo un po' più libero e meno rigidamente incardinato. D'altronde il ritmo è l'asse portante del suono Radian, per cui quello di Brandmayr è l'elemento caratterizzante nel suono del gruppo e mantiene il suo senso anche da solo. La nota negativa è che la formula musicale di Brandlmayr non è forse abbastanza diversificata da reggere un'intera performance in solo senza momenti di caduta d'interesse.
Foto di Claudio Casanova.
Ulteriori immagini tratte da questo concerto sono disponibili nella galleria ad esso dedicato.
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