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Mark Guiliana: a natural progression of research

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Esponenente di punta della nuova generazione di batteristi/leader, Mark Guiliana sta per pubblicare il nuovo album del suo quartetto acustico, Jersey (Motema Music) da noi recensito in anteprima, che vede la presenza del pianista Fabian Almazan al posto di Shai Maestro. Una tappa del suo lungo tour estivo era il Jazz Festival di Malta di fine luglio dove l'abbiamo intervistato.

All About Jazz: Iniziamo dal quartetto. Il progetto è nato tre anni fa. Perchè hai voluto proporre una band interamente acustica?

Mark Guiliana: Anche se i miei precedenti dischi da leader avevano un'ambientazione elettronica io sono stato sempre coinvolto, da sideman, in situazioni acustiche. Ho sentito fosse giunto il momento giusto per dare il mio contributo e accettare la sfida di comporre per questo contesto. È solo un cambiamento di prospettiva perchè sia la musica acustica che quella elettronica hanno identico valore ai miei occhi e m'ispirano in misura eguale. Ho pensato fosse giunta l'ora di proporre qualcosa di personale.

AAJ: Dopo Family First -The Alternate Takes hai registrato un nuovo album?

MG: Si. In settembre esce il nostro nuovo album con nuove composizioni. S'intitola Jersey ed è un'ampliamento della formazione su un repertorio che non abbiamo suonato molto dall'incisione di Family First. Prima di quel disco non abbiamo effettuato alcun tour e in questo nuovo progetto ho scritto della musica che proviamo da allora. Shai Maestro suonava il pianoforte nel primo disco ma era troppo impegnato per venire in tour, così Fabian Almazan ha preso il suo posto. Fabian suona anche nel nuovo disco, che documenta il nuovo corso della band e il suo naturale sviluppo.

AAJ: Nella band l'interplay è davvero intenso e c'è un forte feeling tra te, Jason Rigby e Chris Morrissey ...

MG: Siamo amici stretti da molti anni e abbiamo suonato assieme in un'ampia varietà di contesti...

AAJ: Vi siete conosciuti da studenti?

MG: Non da così tanto tempo. Ci siamo conosciuti poco dopo a New York. Per me le relazioni personali sono molto importanti e sono convinto che sono vincenti in musica, possono migliorare la musica.

AAJ: Vedo dei riferimenti a John Coltrane in questo quartetto. È un'impressione sbagliata?

MG: No, no. In un certo senso è vero. Coltrane è uno dei nostri eroi e come sappiamo preferiva la formula strumentale con sax tenore, pianoforte, contrabbasso e batteria. Sono molti ad aver usato quest'organico ed io quando pensavo al progetto volevo mettermi proprio nell'ambientazione più comune del jazz. Quando si opera nel campo della musica elettronica è relativamente facile suonare qualcosa di diverso, mostrando suoni e configurazioni originali. Per me la sfida consiste nel realizzare qualcosa di personale nel tipo d'organico più comune.

AAJ: Un'opinione che condivido ti considera tra i batteristi che hanno rinnovato il ruolo della batteria jazz, trovando una sintesi tra la tradizione, il cosiddetto stile drum 'n' bass e l'elettronica. È un percorso progettato o s'è sviluppato in un processo naturale?

MG: Il mio intento è permettere a tutte le mie principali influenze di coesistere in modo organico. Così prendo ispirazione da molti aspetti diversi e penso che i risultati migliori vengano quando si liberano naturalmente specifiche influenze, o si giunge a incorporarle quando si presentano assieme, fino a farle emergere in modo naturale.

AAJ: Puoi spiegare brevemente il tuo modo di concepire la batteria?

MG: Io insisto davvero sui fondamenti. Quali sono le mie respondabilità ogni volta che suono? La cosa più importante è essere al servizio della musica nel supporto agli altri musicisti, cercando di ispirarli e imprimere un buon feeling alla musica. Quello che amo davvero sono i concetti basilari. È questo che mi guida quando suono e solo in seguito capita che inizi a pensare alle mie idee, ad un personale approccio o cose del genere. Non mi consento di pensare in quel modo finchè gli aspetti fondamentali non siano ben presenti e non operi un bel feeling nel gruppo. Credo che talvolta sia dannoso iniziare a introdurre idee personali. Io voglio essere sempre al servizio della musica, cercando di continuare nella logica dal basso verso l'alto.

AAJ: Ti esercitavi molto quand'eri ragazzo?

MG: Ho iniziato a suonare quando avevo 15 anni e mi esercitavo molto ma devo dire che la cosa più importante è suonare molto con gli altri. Con l'esercizio puoi diventare un buon batterista ma suonando con gli altri puoi essere un musicista migliore. Ed è quello che volevo essere, un musicista non solo un batterista. Io ho sempre appreso di più suonando assieme agli altri. Così è stato sempre il contesto o una situazione concreta che mi ha mostrato su cosa lavorare. È un continuo andare avanti e indietro.

AAJ: Quali sono i batteristi della tua generazione che apprezzi di più ?

MG: Mi piacciono molto Eric Harland, Marcus Gilmore, Dan Weiss, Nate Wood, Zach Danziger, Nate Smith... ma potrei continuare a lungo. Ci sono tanti straordinari musicisti oggi e cerco sempre di ascoltarli per trovare ispirazione.

AAJ: E per quanto riguarda i gruppi attuali?

MG: Difficile a dirsi. Un paio di settimane fa eravamo al North Sea Jazz Festival e ho ascoltato la band di Corey Kendrick, davvero fantastica. Mi piacciono molto Avishai Cohen, parlo del trombettista, e la sua band. Ma ne apprezzo tantissime... piuttosto voglio citare i ragazzi che sono oggi con me, tutti compositori e leader di propri gruppi. Jason Rigby ha una grande band e sta pubblicando un nuovo album. Lo stesso dicasi per Fabian e Chris.

AAJ.: Parlami del Mark Guiliana compositore. Quali sono le cose che ti ispirano?

MG: In questo progetto considero importante fornire regole musicali ad ogni differente personalità. Amo molto il modo in cui suonano, in cui improvvisano, ed è importante per me lasciar loro spazio per improvvisare. Quindi cerco sempre di ampliare l'equilibrio tra i contenuti del song, prevedendo un groove che consenta loro di introdurre contenuti personali. Per quanto riguarda la scrittura non credo di avere un metodo. Generalmente mi siedo al pianoforte e cerco ispirazione finchè le idee non emergono in modo naturale.

AAJ: Il tuo cognome sembra essere italiano anche se la scrittura lascia perplessi. Hai origini italiane?

MG: Come dice mio papà, andiamo indietro di alcune generazioni. Non sappiamo esattamente perchè ma pensiamo che ad un certo momento, venendo negli Stati Uniti, il cognome sia stato riscritto così.

AAJ: Joe Bergamini ha scritto l'introduzione del tuo libro "Exploring Your Creativity on the Drum Set." È bello che ti sia ricordato del tuo primo insegnante...

MG: Oh si, lui è la ragione per cui suono. Quando ho iniziato a prendere lezioni di batteria non avevo aspettative. Non sapevo neppure se mi sarebbe piaciuto. Una delle principali ragioni per cui ho continuato è stato il suo entusiasmo... Bergamini è stato un grande insegnante e mi ha aiutato a scoprire il mio amore per la musica. C'è poi un'altra cosa importante: ha rappresentato per me la prova concreta di poter vivere di musica. Avrei potuto ascoltare, tanto per dire, John Coltrane e dire: "Lui l'ha fatto, posso farlo anch'io" ma non possedevo alcuna connessione personale con Coltrane... ma vedere Joe che aveva dieci anni più di me e viveva nelle stessa città mi ha facilitato. Così ho detto: "Se lui lo ha fatto, forse posso farlo anch'io."

AAJ: Nell'introduzione dello stesso libro scrivi: Spero che questo volume ti aiuti non solo a conoscere meglio il tuo strumento ma anche a imparare di più su te stesso. Credo sia un magnifico consiglio per un giovane batterista. Vuoi aggiungere qualcosa?

MG: Penso di aver appreso in qualche modo più da me stesso tramite la musica che in altre occasioni. Mi sento più sicuro alla batteria che in altre situazioni. Per esempio sul palco, quando suoniamo, mi sento molto più sicuro rispetto a quando parlo al pubblico. Si, creare musica dà molta gioia e voglio sperare che altre persone possano arrivarci, qualunque sia il metodo. La musica è per me questo e spero possa esserlo anche per gli altri.

AAJ: Oltre la lunga collaborazione con Avishai Cohen, quali sono state le partnership per te più interessanti?

MG: Ho appreso molto suonando con Brad Mehldau, specialmente nel duo. Prima che lo incontrassi era già tra i musicisti che preferivo e siamo diventati amici. Suonare con lui è elettrizzante ma farlo nel contesto del duo è davvero intimo... con molti luoghi da esplorare. Per me è sempre qualcosa di elevato in quanto Mehldau è uno dei massimi improvvisatori e suonare con lui è davvero fantastico.

AAJ: Alcune persone potrebbero trovare eretiche queste tue parole: È un errore sostenere che Tony Williams sia un batterista migliore di Dave Grohl.

MG: Entrambi hanno avuto un forte impatto in me. Quindi "per me" (sottolinea questo con enfasi N.d.R.) hanno lo stesso valore. Dave Grohl è stato uno dei primi batteristi che ho visto suonare quando iniziavo e mi ha ispirato molto. Lo stesso Dave Grohl direbbe che Tony è un batterista migliore ma "per me," per la mia esperienza, essi hanno avuto lo stesso impatto.

AAJ: Come passi il tempo quando non sei impegnato a suonare?

MG: Con la mia famiglia. Purtroppo passo molto tempo lontano da casa ma per fortuna Gretchen (Parlato N.d.R.) è molto comprensiva. Mio figlio è ancora molto piccolo ma inizia a comprendere un po' la situazione... comunque per me la parola casa significa famiglia, assolutamente.

AAJ: È questo che significa il titolo Family First?

MG: Si naturalmente. Il significato di Jersey il titolo del prossimo album, si lega invece al luogo dove sono nato, alle mie origini.

Foto: Deneka Peniston

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