Il giovane pianista di Minneapolis Bryan Nichols inanella in questo lavoro solitario dieci brani per lo più di sua composizione (fanno eccezione "Lonesome Tremolo Blues" e "Lullaby for Sharks") affidandosi a un periodare corretto quanto scarsamente inventivo, sostanzialmente incapace di dire una qualche parola in grado di attrarre l'ascoltatore al di là di una gradevolezza di fondo, peraltro neanche troppo accentuata, il che, in sé, non è certo un difetto (semmai il contrario).
Le progressioni pianistiche di Nichols procedono nel segno di una sostanziale parsimonia di mezzi, un tono quasi dimesso, non esente da chiare reminiscenze classicheggianti ("Very Low Impact," per esempio, sembra estratto da un quaderno di appunti di Satie...). Non per questo mancano gli episodi più vivi, tipo il già citato "Lonesome Tremolo Blues," o anche "Act Natural," di felice plasticità complessiva, ma il risultato finale, pur elegante e calibrato (forse fin troppo), risulta alla fin fine un po' asettico, generico, creativamente esile.
Lo aspettiamo a una prova in grado di dirci qualcosa di più sulla sua personalità più autentica.
Track Listing
Unringing a Bell; Lonesome Tremolo Blues; Fractures; We Build and Destroy; Lake View; Act Natural; Very Low Impact; Lullaby for Sharks; We Live Here; Finders.
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Ecumenico ma (abbastanza) esclusivo, non sopporta la musica – e l’arte in generale – di routine, rassicurante e dozzinale, preferendo, se proprio deve, il brutto all’inutile. Un ideale spaccato dei suoi amori musicali (che non si limitano al jazz; e più o